Mettere in dubbio l’identità: la mostra di Anna Raimondo a Roma
AlbumArte, Roma – fino al 29 febbraio 2020. Anna Raimondo escogita un linguaggio collettivo per offrire un'occasione di confronto e dialogo attorno a temi come l’identità e il senso di comunità.
Senza mai esporsi troppo, pur spogliandosi dell’enorme fardello del giudizio, Anna Raimondo (Napoli, 1981) affronta tematiche diverse che confluiscono in alcuni punti chiave: mobilità, appartenenza, identità. “Un percorso eterogeneo che però ha un filo conduttore abbastanza invisibile ma coerente: mettere in dubbio l’identità e la necessità di definirsi se questa definizione possa far emergere la necessità di prevaricare altre definizioni o altre identità. Il dubbio diventa in questo modo un campo di possibilità, uno spazio di accoglienza delle differenze”, ci racconta Marco Trulli, il curatore della mostra. L’artista, abituata a relazionarsi con diverse comunità multietniche, utilizza un approccio sempre corale per non imporre mai un personale punto di vista, facendo così emergere il pensiero della collettività.
UN FINTO PARTITO ELETTORALE
L’opera che dà il titolo alla mostra – Fronte Nazionale Naso Partenopeo – è stata pensata per diventare una performance pubblica. Per ora sono state esposte solo alcune parti di un più ampio progetto che simula l’attività di propaganda di un ipotetico partito elettorale, con tanto di manifesti e volantini. “Realizzare delle bonifiche per uno sviluppo sostenibile del territorio nel Sud Italia, che ne valorizzi la bellezza” e “Introdurre e realizzare una legge sulla trans-lesbo-omofobia che riconosca e punisca le violenze fatte a persone non binarie” sono solo alcuni degli otto punti del programma del partito, riunito sotto al caratteristico naso di stampo partenopeo.
TRA SUONI E IMMAGINI
Le altre opere che compongono l’esposizione, costituite dai principali linguaggi che caratterizzano il lavoro dell’artista (audio, immagini, video e performance), affrontano tematiche come la diversità culturale e i diritti delle donne e delle comunità LGBT. La serie di foto identikit Nada que declarar mostra il corpo nudo dell’artista con un megafono al pube che, se da una parte (amplificandone i suoni) rappresenta il silenzio come strumento di rivoluzione e di riappropriazione del proprio corpo, dall’altra allude a una forma fallica.
Nel dubbio, invece, mostra l’artista mentre indossa amuleti portafortuna appartenenti a culture diverse, prima singolarmente poi insieme, facendoli coesistere sul proprio corpo. Derrière la mer restituisce, infine, l’idea del mare attraverso uno spartito composto da testi estratti dalla Bibbia e dal Corano che si legano all’idea di mare come presente universale. L’operazione diventa uno strumento di indagine collettiva tradotta in un prodotto audio, cantato da un baritono e da un soprano, che dialoga con una stanza immersa in una luce blu.
‒ Donatella Giordano
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