Yuri Kuper – Sfumato
Mostra “Sfumato” di Yuri Kuper curata dalla critica d’arte Inna Khegay.
Comunicato stampa
Yuri Kuper, artista di origini russe, tra le personalità più eclettiche della scena contemporanea internazionale, ha scelto Firenze per rivelare un traguardo personale, gli ottant’anni che finirà in Luglio, e un traguardo delle cose, degli object trouvé del quotidiano, da sempre suo principale repertorio ora vissuti, interpretati, alla luce di una nuova libertà creativa.
S’intitola Sfumato la mostra curata dalla gallerista e critica d’arte Inna Khegay che inaugurerà presso la Sala delle Esposizioni all’Accademia delle Arti del Disegno il prossimo 6 marzo, promossa dalla stessa Accademia insieme con l’Associazione Amici del Museo Ermitage (Italia) e la Regents Art Foundation e sostenuta dall’Ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede, dall’Accademia russa di Belle Arti di San Pietroburgo e dalla Fondazione russa per la cultura.
Oltre cinquanta opere, provenienti da collezioni private e dalla Galleria Patrick Cramer di Ginevra, per raccontare il linguaggio metamorfico dell’arte, per cui è possibile liberare la magia di qualcosa che non ne possiede dall’origine. Un pennello, un tubo, un vaso da fiori, nelle mani “artigiane” di Kuper gli oggetti, così ogni esperienza, arriva a sincretizzare presente e passato, estetica e funzione, per un risultato finale di grande impatto ipnotico.
“La personalità artistica di Yuri Kuper attraverso questa mostra a lui dedicata – sottolinea Cristina Acidini, presidente dell’Accademia - si conferma tra le più interessanti dello scenario internazionale, per quel suo continuo lavoro di mediazione fra i movimenti creativi della sua formazione e della sua maturità, da un lato, e la sua originalità filosofica prima ancora che tecnica dall’altro”. “Da artista che ha visto il mondo – prosegue – e in esso vive pianamente, Kuper ha forgiato un linguaggio universale che parla a tutti, con potenza arcaica e insieme fascino contemporaneo”.
Difficile resistere alla tentazione di spiegare la complessa parabola dei nostri tempi, i mutamenti globali che hanno investito l’umanità, perciò il maestro fruga nelle tasche del quotidiano e ne eviscera simboli – testi sacri e luoghi di culto in primis - materiali, speranze, ricordi, volti, li mette al riparo dalla banalizzazione e dall’impoverimento di significato. Con magistrale capacità di composizione e l’utilizzo di tecniche miste, tra cui acrilico e collage, li traspone su tela o carta, ma anche su litografie rifinite a mano come la serie dedicata al Lago dei Cigni. Delle Metamorfosi, lo spettacolo diretto dal premio Oscar Nikita Michalkov, ispirato ai racconti di Chekhov e Bunin e di cui Kuper cura le scenografie tra il 2016 e il 2019, potremo invece osservare la raffinatezza delle riproduzioni su carta con innesti di foto e collage.
Proprio al regista russo, cui l’artista è legato da una lunga e profonda amicizia, la mostra riserva la parte finale del percorso: una videoinstallazione proietterà un breve filmato tratto dalla mise en scene di Metamorfosi, un tema ricorrente nelle opere di Michalkov e nella produzione pittorica di Yuri Kuper. Su tutti i lavori esposti, il velo plastico della rarefazione, quell’effetto di “sfumato” che Kuper mutua dai grandi artisti del passato e a cui torna con lo sguardo in una mostra evento nella città d’arte per antonomasia. Fino al 29 marzo.
Yuri Kuper
Nato nel 1940 a Mosca, in Russia, ha continuato a studiare all'Accademia d'arte di Mosca dal 1957 al 1963 prima di emigrare in Israele, stabilendosi infine a Londra nel 1972. Kuper ha esposto con la Serge Sorokko Gallery di San Francisco, la Kournikova Gallery di Mosca e la Galerie Patrice Trigano di Parigi, tra gli altri. Vive e lavora tra Normandia, Francia, New York, New York e Mosca, Russia. Grafico, pittore, scultore, scenografo teatrale e per il cinema, autore di progetti architettonici, scrittore. Yuri Kuper è “cittadino del mondo”: cosmopolita per stile di vita, grazie alla propria arte rivela al mondo il codice culturale dell'identità russa. Negli ultimi anni, raggiunta la pienezza artistica e umana, è tornato a Mosca, la sua patria, “la città dei tubi di scolo”.