A Milano sgomberano Macao. Troppe pressioni da parte del proprietario dell’immobile. Salvatore Ligresti si riprende la torre Galfa. E ora che faranno i Lavoratori dell’Arte?
Lo sgombero era nell’aria. Una debacle annunciata, potremmo dire. Lo si leggeva, a chiare lettere, nell’appello lanciato nei giorni scorsi e firmato da una valanga di cittadini e di intellettuali; e lo si leggeva ancor più nettamente in quella diffida diffusa ieri e rivolta alla prefettura, alla questura e al comune di Milano, in cui […]
Lo sgombero era nell’aria. Una debacle annunciata, potremmo dire. Lo si leggeva, a chiare lettere, nell’appello lanciato nei giorni scorsi e firmato da una valanga di cittadini e di intellettuali; e lo si leggeva ancor più nettamente in quella diffida diffusa ieri e rivolta alla prefettura, alla questura e al comune di Milano, in cui l’intervento delle forze dell’ordine si riteneva “lesivo delle prerogative legali e costituzionali”. Insomma, per il gigante Macao, la torre dell’arte inaugurata il cinque maggio nel centro di Milano, grazie al gesto di protesta e autoaffermazione di un folto gruppo di occupanti, la fine pareva essere dietro l’angolo.
Una fine che è stata scritta, mestamente, proprio stamattina, intorno alle 6.30. Un’irruzione silenziosa, nella quiete di una Milano addormentata, in cui ancora risuonava l’eco dei giorni entusiasti appena trascorsi, in mezzo a un fiume travolgente di euforia creativa e di spirito rivendicativo condiviso con la città. Macao era la torre di tutti, una immensa calamita di 32 piani, che aveva attirato su di sé l’attenzione e l’affetto dell’Italia tutta, degli artisti, del pubblico, della stampa, dei lavoratori dell’arte che in queste ore, in questi mesi, da un capo all’altro dello stivale continuano a tracciare un percorso politico difficile, dai contorni a volte sfumati, ma comunque importantissimo.
La polizia, a Macao, è arrivata presto. Mentre gli occupanti dormivano. Erano in tanti, troppi per opporre resistenza. Hanno circondato l’edificio e hanno invitato i Macao workers a togliere il disturbo. E loro, gentilmente, sono usciti fuori. La torre circondata, l’avventura terminata.
In queste ore il popolo dell’arte e della cultura sta arrivando in via Galvani per dare solidarietà, per testimoniare il proprio affetto, per dire no a questa presa di posizione da parte delle istituzioni. Tra loro c’è anche Dario Fo, tra i principali supporter del movimento. Pare che sia là a fare pressing, al telefono con l’assessore Stefano Boeri per cercare di fermare lo sgombero, per provare a trovare una soluzione.
Ma le istituzioni, in effetti, si erano già espresse a riguardo, con una certa chiarezza. Queste le parole del Sindaco Pisapia, intervistato ieri sulla questione: “L’occupazione di un edificio privato è un tema che non riguarda il comune di Milano”. Ed eccolo il nodo della questione. La torre Galfa, abbandonata da 15 anni, appartiene al Gruppo Ligresti, che acquistatala nel 2006, intenderebbe recuperarla e affittarla per uso uffici. E sarebbero stati proprio loro, i proprietari, a fare forti pressioni sugli organi competenti per ottenere lo sgombero. La posizione di Pisapia è chiara: chi vuole proporre idee e progetti al Comune di Milano lo faccia, ma seguendo le regole e partecipando a dei bandi. E riguardo allo specifico caso di Macao, la faccenda è di ordine pubblico e ogni decisione “spetta a organi istituzionali dello Stato diversi dal Comune”. Il Sindaco, novello Ponzio Pilato, preferì non farsi carico della spinosa faccenda.
Ma non tutti i rappresentanti delle istituzioni hanno scelto la via dell’indifferenza o, peggio, dell’ostruzionismo. C’è anche qualcuno che ha alzato una voce coraggiosamente solidale, come nel caso di Alberto Lucarelli, Assessore ai Beni Comuni del comune di Napoli, nonché Professore ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico alla Università Federico II e Componente della Commissione Rodotà per la riforma del regime civilistico della proprietà pubblica e per la difesa dei beni comuni. Dall’illustre e competente pulpito arrivano, puntualissime, delle parole di supporto in difesa di Macao e degli altri spazi culturali attualmente presidiati in Italia: “I casi del Teatro Valle, del Garibaldi, di Macao ci impongono di ritornare ad interrogarsi sull’annosa distinzione tra legalità e legittimità (…) In sostanza vi sono occupazioni di proprietà pubbliche o private che oggettivamente sono illegali, in quanto in contrasto con le norme a difesa della proprietà, ma che tuttavia in alcuni casi trovano una loro legittimità attraverso forme di dissenso e di azione politica, in particolare nei momenti di crisi della rappresentanza e di negazione dei diritti sociali. Talvolta la violenza legale delle regole può determinare l’insorgere di comportamenti illegali che tuttavia trovano la loro legittimità nel quadro politico, sociale ed economico, e nel recupero di una funzione sociale degli spazi“.
Parole importanti – più o meno condivisibili – che comunque provano a suggerire una strada, una chiave di lettura diversa, un’interpretazione meno rigida e più responsabile dei codici di legge.
Intanto, che ne sarà di Macao? Dato quasi per scontato che Ligresti non tornerà sui suoi passi, rinunciando al palazzo, l’ipotesi che circola è quella di una seconda occupazione, uno spostamento verso un altro spazio – stavolta pubblico – da presidiare e ribattezzare come Macao bis. Perché infondo, come in molti stanno adesso scrivendo su facebook e twitter, la polizia ha sgomberato la torre Galfa, ma la Torre Galfa non è Macao. Macao sono le centinaia di persone che lo hanno pensato, voluto, sostenuto. E che oggi sono là, per strada, riunite in assemblea, per continuare a prendersi cura non tanto di un bene materiale, ma di un bene intellettuale, etico, sociale. Macao cerca casa? Forse. E a giudicare dal fermento di questi giorni e dalla solidarietà che arriva da ogni dove, come un fiume in piena, questo non è certo un the end.
– Helga Marsala
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