Rientrando a Parigi dall’Italia la sensazione immediata è una sola: i francesi non hanno ancora ben compreso la gravità dell’emergenza coronavirus. Nel momento in cui si sta scrivendo la Francia ha già attuato, nel giro della scorsa settimana, severe forme di restrizione, compresa la chiusura di tutti gli istituti d’istruzione, i luoghi di cultura, i bar, i ristoranti e i negozi. In pratica, tutto quello che non può essere considerato di pubblica utilità è stato chiuso, ma di fatto la gente è tutta per strada, nei parchi, nelle piazze e sui trasporti pubblici. Si contano con le dita di una mano le persone con la mascherina e sono ancora meno quelli a rispettare le norme di distanza di sicurezza. Difficile a credersi visto che i francesi, almeno da una settimana, sono a conoscenza attraverso i media della situazione drammatica italiana, un Paese limitrofo. In questo contesto, il settore culturale sembra proprio essere quello finora più colpito, insieme a quello dell’istruzione. Per decreto del Primo Ministro, Édouard Philippe, da venerdì 13 marzo, sono infatti vietati tutti gli assembramenti di più di cento persone. Notizia confortante dopo aver assistito di recente al raduno dei Puffi, circa 3500 persone riunitesi in Bretagna, e ai festeggiamenti dei 2000 tifosi del Paris Saint-Germain per la vittoria contro il Dortmund. Il problema è che, dunque, chiudono i principali musei parigini, dal Louvre al Centre Pompidou, dal Musée d’Orsay alla Tour Eiffel, passando per la Fondation Cartier e la Reggia di Versailles, ma le persone restano ammassate sui trasporti pubblici e nei supermercati. Chiuse o rinviate, quindi, anche le grandi mostre, come quella consacrata a Christian Louboutin al Palais de la Porte Dorée e quella del Centre Pompidou, Christo e Jeanne-Claude. Paris!, preludio all’“impacchettamento” di settembre dell’Arc de Triomphe.
MOSTRE E MUSEI CHIUSI
Rinviate anche le aperture delle mostre consacrate a James Tissot al Musée d’Orsay e a Giorgio de Chirico presso l’Orangerie. In un primo momento si era deciso che potesse restare aperto, a dispetto di tutti gli altri, l’insieme dei monumenti nazionali, un centinaio di siti, tra cui, a Parigi, il Museo Marmottan-Monet, con l’esposizione in corso Cézanne e i maestri. Rêve d’Italie e il Museo Jacquemart-André, che ha aperto, proprio il 13 marzo, la mostra Turner, voyager en couleur. Philippe Bélaval, presidente del centro dei monumenti nazionali, aveva infatti dichiarato che sarebbe stato rispettato il numero massimo dei cento visitatori presenti nei singoli siti. Tuttavia, vista la difficoltà dei francesi nel capire la gravità della situazione, e per evitare ulteriori contraddizioni, anche i musei nazionali alla fine hanno chiuso i battenti. Regna, infatti, una certa confusione, trapelata anche dal discorso tenuto dal Presidente Emmanuel Macron, lo scorso 12 marzo, in cui si affermava a chiare lettere che la situazione sanitaria era allarmante per poi consentire comunque lo svolgimento delle elezioni municipali del 15 marzo. Elezioni che comunque hanno ottenuto il record storico per il numero di astenuti, sollevando un mare di polemiche. E a ragion veduta, dato che nello stesso giorno la Francia, in pieno stadio 3 dell’emergenza, ha visto salire il numero di contagiati a 5.400. Insomma, il Presidente Macron ha chiesto contemporaneamente ai suoi connazionali di restare a casa e di andare a votare. E nel vedere le strade affollate di Parigi, l’impressione è stata quella che i parigini si siano astenuti da entrambe le richieste e che si siano semplicemente limitati ad approfittare della bella giornata primaverile.
GLI EVENTI ANNULLATI
Tornando all’ambito culturale, manca, come prevedibile, una data relativa alla riapertura dell’insieme dei siti culturali, la chiusura resterà valida, infatti, fino a nuovo ordine. A tal proposito, La Philharmonie de Paris, uno dei più importanti complessi culturali della capitale, annuncia sul suo sito internet che riprenderà le sue attività non prima del 7 aprile, preannunciando, quindi, almeno tre settimane di chiusura totale. Stessa sorte anche per i teatri, i cinema e le biblioteche, chiusi definitivamente dal 16 marzo; l’Opéra de Paris aveva già annunciato, con qualche giorno di anticipo, la sospensione, fino al prossimo 15 aprile, di ogni evento e spettacolo. Annullate anche tutte le più importanti manifestazioni culturali che dovevano svolgersi tra marzo e aprile, come il Paris Manga e Sci-Fi Show, il Salone del Libro, il Salone Mondiale del Turismo e l’Art Shopping 2020. Rinviati, invece, tra fine maggio e giugno, il Drawing Now Paris 2020, il Salone del disegno contemporaneo e l’Art Paris. Seguendo le sorti del suo ministro, Franck Riester, uno dei primi esponenti di governo a essersi ammalato di Coronavirus, il settore culturale francese è stato già duramente colpito dall’emergenza, mettendo in ginocchio soprattutto i lavoratori precari, impiegati a migliaia nei servizi di accoglienza al pubblico, molto spesso con contratti a prestazione, giornalieri o settimanali, e che sicuramente non potranno beneficiare delle prime misure di tutela economica messe in piedi dal governo.
INCERTEZZA E CONFUSIONE
In questo clima di incertezza e confusione, a complicare ulteriormente le cose, oltre che i contagi, è stata l’ennesima manifestazione dei gilets jaunes, che, in barba al decreto, erano a centinaia nelle strade di Parigi lo scorso 14 marzo. Una situazione, questa, che anche per il settore dello spettacolo e dei beni culturali avrà ripercussioni enormi. Solamente dallo scorso febbraio, infatti, si stava tirando un sospiro di sollievo dopo i danni e i disagi legati allo sciopero generale dei trasporti pubblici, che, per un paio di mesi, aveva reso quasi impossibile spostarsi all’interno delle città francesi, con annullamenti di spettacoli, manifestazioni e mostre e con un calo enorme di pubblico. La Francia, dopo gli attentati terroristici del 2015, le manifestazioni dei gilets jaunes iniziate un anno e mezzo fa e lo sciopero dei trasporti pubblici degli ultimi due mesi vive ancora un altro momento nero per il settore della cultura. Tuttavia, ripensando ai sacrifici sostenuti dai cittadini italiani per contenere il contagio, qui nella capitale francese si respira, al momento, ancora troppa superficialità e senza poterne comprendere il motivo. Insomma, ci si aspettava un atteggiamento diverso, di chi sa che un uragano sta per abbattersi e si fa trovare preparato. E invece ha prevalso, per ora, il classico edonismo alla francese, di chi vuole approfittare ogni secondo della vita. Ecco perché, a momenti, si attende la nuova comunicazione del Presidente Macron che preannuncerà misure di confinamento restrittivo più severe, del tutto simili a quelle italiane. Nel frattempo, come in tempo di guerra, il gruppo del lusso francese, LVHM, presieduto da Bernard Arnault, ha annunciato che convertirà le sue fabbriche e i suoi laboratori di profumi, delle marche Christian Dior, Guerlain e Givenchy, per produrre gel idroalcolico da distribuire gratuitamente agli ospedali francesi. E non siamo che all’inizio.
‒ Arianna Piccolo
**AGGIORNAMENTO**
Nella serata del 16 marzo, in un solenne discorso alla nazione, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato senza mezzi termini: “Siamo in guerra“. E ha adottato misure anti-contagio molto simili a quelle in vigore dall’11 marzo in Italia, ovvero un lockdown attivo su tutto il territorio francese e della durata di 15 giorni, rinviando al contempo ogni riforma (in primis quella pensionistica) che teneva impegnati Parlamento e piazze su opposte posizioni. Un appello all'”unità nazionale” durante la quale dare la massima priorità alla lotta contro il Covid-19. [Redazione]
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