Decreto Cura Italia. L’analisi del nostro economista
L'economista Stefano Monti ha analizzato per noi il decreto economico varato dal Governo. Una manovra forse troppo ottimistica, ma che ha qualche pregio.
In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sono molte le fonti che hanno già pubblicato il testo del cosiddetto Decreto Cura Italia. In misura preliminare, quindi, è possibile avanzare qualche riflessione sul decreto e sulle misure che può avere sulla cultura e sui settori culturale e creativo del nostro Paese, che è tuttavia necessariamente temporanea e che potrà essere convalidata soltanto nel momento della sua pubblicazione.
UN DECRETO OTTIMISTA
A una prima analisi, la logica che regola questo decreto è una logica “ottimista”, che mira a ottenere due risultati: la mitigazione degli effetti dell’emergenza Coronavirus e una sorta di rateizzazione temporale dei danni che ugualmente il sistema economico e, nello specifico, il settore culturale dovrà in qualche modo assorbire.
Al riguardo, l’impressione è che il Governo, per alcuni settori, abbia deciso di varare un decreto che consenta da un lato di andare a incidere su elementi strutturali, dall’altro di guadagnare tempo per poter porre in essere misure economiche più focalizzate.
L’ottimismo sta proprio in questo: al momento, le previsioni che sono emerse fanno slittare nel tempo una parte degli impatti negativi della crisi, e questa logica è motivabile soltanto se chi ha definito le operazioni è fermamente convinto che il settore economico, al termine della crisi, avrà un forte impeto e una forte vitalità.
LA FILIERA CULTURALE IN ITALIA
Prima di procedere, è necessario chiarire alcuni elementi strutturali relativi alla filiera culturale del nostro Paese. Dal punto di vista prettamente economico-organizzativo, infatti, il pur complesso mondo culturale non si discosta dalle altre attività economiche.
Così come per il resto dell’economia, infatti, il settore culturale si compone di una sfera pubblica e di una sfera privata. Concentrandoci sul settore privato, che è il settore maggiormente colpito e che pertanto merita una maggiore attenzione, dal punto di vista strutturale esso si compone principalmente di società, di persone e/o di capitale, di “dipendenti”, siano essi stabili o contrattualizzati in altre forme e di lavoratori autonomi.
Questi ultimi, in particolare, rappresentano forse una delle leve più forti del nostro sistema culturale: a seguito delle introduzioni degli ultimi anni, e a fronte del cuneo fiscale che grava sulle imprese, la scelta di adottare il regime agevolato già previsto all’inizio di quest’anno ha notevolmente modificato la struttura di questo comparto, con l’emergere di tantissimi professionisti che collaborano, in qualità di autonomi, con una o più imprese.
A loro, il decreto riserva un contributo economico, forfettario, che è auspicabile venga seguito da altre misure, nel caso in cui il perdurare delle condizioni dovesse superare il limite convenzionale del 3 aprile.
LE MISURE ADOTTATE PER LE IMPRESE
Con riferimento alle società, il nostro sistema culturale, fatta eccezione per la grandi imprese, ad esempio i grandi editori, le società televisive e via dicendo, è costituito per la quasi totalità da micro e piccole imprese, con meno di cinque dipendenti. Per queste ultime ci sono misure che riguardano differenti sfere dell’attività aziendale: la sfera fiscale, le dinamiche di accesso al credito, il rapporto con i dipendenti e la sfera dei contributi.
Sul rapporto con i dipendenti, la misura più rilevante è l’estensione dei criteri di ammissibilità al regime di Cassa Integrazione in Deroga, che il decreto prevede possa essere esteso anche alle imprese con meno di cinque dipendenti. Data la composizione del tessuto produttivo, questa previsione riguarda quindi la quasi totalità delle industrie culturali e creative. Ciò significa che, per i dipendenti delle imprese che saranno ammesse a questo regime, lo Stato, attraverso gli enti previdenziali, potrà provvedere al versamento di un’indennità economica parametrata sullo stipendio.
Per quanto riguarda gli adempimenti fiscali, lo slittamento di tutti i pagamenti (previdenziali e IVA), più che una manovra economica di aiuto, tende a eliminare la beffa oltre il danno. L’infausta coincidenza delle scadenze tributarie ed erariali con il periodo di lockdown avrebbe potuto generare più che un semplice dissapore nei confronti del Governo centrale. Al riguardo sarà però necessario, probabilmente, prevedere slittamenti successivi, perché la grande maggioranza delle imprese del settore culturale ha una struttura economico-finanziaria altamente dipendente dal flusso di cassa, vale a dire che necessita di incassare per poter pagare e, venendo meno questo fattore, i pagamenti potrebbero rappresentare un problema non di second’ordine.
Per favorire anche questo aspetto, è stato esteso e potenziato il Fondo di Garanzia per le PMI, che può rappresentare uno strumento che accompagni temporalmente le PMI fino alla fine della crisi, ma che di certo non può (e nemmeno deve) sopperire a ingenti mancati ricavi.
Anche nel caso di imprese che dipendono sostanzialmente dall’attività di vendita di biglietti (stiamo parlando principalmente di teatri, cinema e concerti), il decreto prevede una misura che serve soltanto a far slittare temporalmente i mancati ricavi: riconoscendo ai possessori dei biglietti un voucher spendibile per altre attività, le condizioni di ripristino possibili sono due: o si avrà la possibilità di organizzare l’evento in programma, o tali voucher si tradurranno in mancati ricavi su altri eventi. Soprattutto, questo aspetto si fonda sull’ipotesi, al momento ancora inverosimile, che per queste attività, finita l’emergenza, le condizioni di mercato saranno le stesse e che le persone si riverseranno, ad esempio, negli stadi per partecipare a un concerto.
I FONDI DI EMERGENZA
Grande attenzione dovrà essere posta alle modalità attuative con le quali verrà istituito il fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo e ulteriori disposizioni urgenti per sostenere il settore della cultura, e soprattutto al suo funzionamento.
Allo stesso modo, sul versante delle erogazioni e dei contratti tra pubblico e privato, bisognerà comprendere le modalità attraverso le quali verranno gestiti i menzionati anticipi del Fondo Sviluppo e Coesione e dei Patti per lo Sviluppo, che potranno contenere misure corrispondenti, per le imprese attive nel settore culturale e creativo, a opportunità di tipo economico. Analogamente, sarà necessario monitorare come le Regioni e le Province Autonome utilizzeranno la quota libera dell’avanzo di amministrazione, il cui uso pare venga autorizzato in deroga – ma anche su questo punto abbiamo ancora poche informazioni.
OCCORRE AGIRE A LIVELLO SISTEMICO
In conclusione, ciò che va riconosciuto a questo decreto è la comprensione di dover agire su due piani: l’emergenza ma soprattutto il livello sistemico di debolezza del nostro sistema produttivo. Se a questo decreto, che rappresenta una parziale risposta al profilo emergenziale, seguiranno ulteriori misure, volte a definire strategie di consolidamento della nostra struttura produttiva, potremo affermare che, dopo anni di navigazione a vista, finalmente è possibile intravedere un disegno strategico di fondo.
Se ciò non accadrà, tuttavia, il nostro sistema economico – per le debolezze sistemiche che presenta – e il nostro sistema culturale e creativo in particolare ne usciranno sicuramente molto colpiti, con ricadute economiche e culturali assai significative.
‒ Stefano Monti
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