Lettere dal fronte domestico durante il Coronavirus. Parla Domitilla Dardi
Clara Tosi Pamphili invita gli intellettuali “in isolamento” a scrivere una lettera in questi giorni difficili dovuti all’emergenza Coronavirus. Uno spazio di condivisione di idee, pensieri e speranze
In questi giorni difficili, nei quali tutta l’Italia è bloccata, i musei sono chiusi, i luoghi di ritrovo scomparsi, a causa dell’emergenza Coronavirus, l’isolamento fisico necessario a proteggerci è indispensabile ma non deve limitare le nostre relazioni emotive, ancora più importanti per sostenerci l’un l’altro. Per dare un segno della nostra volontà di stare insieme abbiamo chiesto a tanti intellettuali di scrivere una lettera che dica cosa si sta facendo, che libro si sta leggendo o rileggendo, che racconti le difficoltà, le scoperte e le riscoperte. Abbiamo chiesto loro una visione e una idea per una vita futura. Dopo le lettere scritte dal caporedattore di Marie Claire Antonio Mancinelli e dalla giornalista e critica d’arte Alessandra Mammì, a raccontarci la sua “quarantena” adesso è Domitilla Dardi, Design Curator del MAXXI di Roma. Ma aspettiamo tante altre lettere dal fronte domestico (Clara Tosi Pamphili).
Cara Clara,
Ti mando una fotografia del mio studio. In realtà è una delle mie due scrivanie (la mia preferita), quella che di solito uso per leggere e sfogliare i libri, mentre quella sotto la finestra è dove tengo il computer. È una dimostrazione del mio “perfetto disordine”, ma è piena di elementi per me rassicuranti: la piccola Thonet che mi regalò il mio papà, un disegno degli esordi della mia mamma (con una cornice fatiscente che si è rotta), una collezione di temperini di legno che ci contendevamo con le mie sorelle, qualche disegno delle mie figlie, lettere che mi hanno cambiato e segnato la vita. Incastrato nella base dello scrittoio c’è anche uno skateboard che regalai a mio marito per i suoi 50 anni: chissà quando potremo riusarlo all’aperto! Comunque, lo studio è sempre un posto magico per me, il ritratto dell’intimità stessa: cosa c’è di più personale di perdersi nei propri pensieri e astrarsi da tutto il resto? Io l’ho sempre fatto, lavoro spessissimo da casa e quindi, in questo senso, la “nuova” condizione per me non è nuova affatto. Ho sempre visto gli studiosi lavorare da soli.
LAVORARE DA CASA
L’immagine più potente per me è quella di come lavorava Argan. A 20 anni, dopo la maturità, dovevo scegliere se iscrivermi a Storia dell’Arte ed ebbi una delle prime grandi fortune che mi sono capitate nella vita: incontrarlo e avere con lui un confronto. Ovviamente, più che un confronto, fu un monologo (suo); io ero troppo intimidita per controbattere. Però rimasi rapita da quella stanza piccola, con una scrivania ancora più piccola, ma estremamente ordinata. Povera (e uso questo termine pensando a certi curatori che oggi si combattono a suon di parcelle la loro fiera delle vanità). L’unico caos era la quadreria di opere che aveva messo davanti alla scrivania, contro il muro, quasi al posto di una finestra. Erano tutti disegni di grandi autori che gli avevano tributato un pensiero, un omaggio. Storie di relazioni vere, incontri, dibattiti, scontri! Non so perché ti sto raccontando tutto questo, ma in questi giorni mi è capitato di ripensarci, a quello studio con la scrivania contro il muro, come una cella monastica, con la grande apertura della sua mente.
ESORCIZZARE LA PAURA
Mi hai chiesto cosa faccio in questi giorni: nulla che io non faccia abitualmente, lavoro nel mio studio come sempre. L’unica differenza reale è che ho meno interruzioni, non devo scappare a qualche appuntamento/riunione in giro. Il MAXXI mi ha chiesto di realizzare da qui una serie di piccoli video. Lo abbiamo chiamato “un oggetto al giorno…” che è un modo per esorcizzare la paura e tenere una specie di diario oggettuale. Ogni oggetto è legato a un autore che è stato presente nella storia del museo in questi 10 anni di attività. Poi sto recuperando qualche arretrato di lettura e studio. E ovviamente scrivendo qualche articolo e un paio di saggi per cataloghi che mi sono stati richiesti.
IL LAVORO SOLITARIO DELL’INTELLETTUALE
Sono una privilegiata: il pensiero, la concentrazione, la riflessione sono sempre stati lavori solitari e quindi questa condizione non solo non mi spaventa, ma al contrario mi è del tutto congeniale. Anche se ora in sottofondo sento mio marito che parla in inglese per le sue call, mia figlia grande che fa esercizi di pallavolo contro il muro e la piccola che canta. Sono il “dolce rumore della vita”, come diceva il grande Sandro Penna, giusto? Siamo fortunati, non stiamo male, non stiamo in ospedale e tutto questo potrebbe essere un’occasione straordinaria, lo penso davvero. Tanto che la mia più grande paura è che alla prima ripresa ci dimenticheremo tutto: il tempo, il silenzio, l’idea che alcune cose non ci servono, la possibilità di non esistere consumando, ma di vivere pensando. Mi manca l’abbracciare la mia mamma, ma per il resto vorrei che la logica del giardinetto personale, questa occasione ce la facesse rivedere.
Ti abbraccio,
Domitilla
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