Il futuro delle gallerie d’arte: parlano Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani della P420
Come sarà il futuro delle gallerie d’arte contemporanea? L’emergenza Coronavirus mette il settore a dura prova. La parola ai galleristi. Intervista ad Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani della P420 di Bologna
L’emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova il settore dell’arte. Spazi chiusi, fiere rimandate a data da destinarsi, mercato che deve immaginare nuovi scenari: queste sono solo alcune delle sfide che in questi giorni difficili stanno affrontando le gallerie, tra i motori economici del sistema. Come vivere questo difficile presente? Lo abbiamo chiesto ad una serie di galleristi in questa collezione di interviste. Dopo Valentina Bonomo ci rispondono, virtualmente, da Bologna Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani della P420.
Naturalmente questo è un momento estremamente difficile a livello umano e sociale, ma concentrandoci esclusivamente sugli aspetti professionali, quali sono attualmente i rischi e le preoccupazioni per una attività imprenditoriale come quella di una galleria?
Una galleria va in crisi insieme a tutte le altre attività nel momento in cui una nazione intera si blocca e con essa la sua economia. Non è altrettanto vero, ahimè, che una galleria si riprenda nel momento in cui le attività dovessero ripartire e le serrande rialzarsi. Perché? Il collezionismo di arte contemporanea, e di conseguenza la vendita di un’opera d’arte ha una dinamica molto complessa, fatta di stabilità, fragili equilibri e di un tessuto di determinati stati d’animo in generale poco compatibili con i sentimenti ovunque diffusi e radicati in questo periodo di grande shock collettivo. Il mondo ricomincerà di sicuro a vivere e a riscoprire passo dopo passo le piccole grandi cose che facevano bella la nostra vita, ma la nostra più grande preoccupazione oggi è quando. Quando questo complesso meccanismo potrà dirsi recuperato e avrà rimesso in moto i suoi ingranaggi?
Come se ne può uscire? Di che tipo di aiuti avete o avrete bisogno?
Devo ammettere che le misure di cui la nostra, come le altre, gallerie hanno potuto usufruire – la cassa integrazione in deroga, la sospensione dei mutui e il parziale, almeno per ora, rinvio di certi versamenti fiscali – sono state un aiuto concreto e indispensabile. Il problema potrebbe essere lo sfasamento temporale tra la fine di queste misure e la ripresa del mercato dell’arte. Speriamo che nella stanza dei bottoni siano illuminati quanto basta per tenerne conto. Come se ne può uscire? In ogni modo purché se ne esca, ogni giorno che passa così aumenta il numero delle imprese che non potranno riaprire.
State lavorando ugualmente con la vendita a distanza?
Abbiamo diversi canali online attivi, dal sito web ai social, da Artsy alla partecipazione alle viewing room delle fiere che da reali sono dovute diventare virtuali, ma sappiamo benissimo che attualmente la potenzialità di vendita di opere d’arte on line è solo una piccolissima frazione di ciò che si può ottenere con un contatto live.
Che tipo di iniziative, anche culturali, state portando avanti per il vostro pubblico e con che obiettivi?
Tutti hanno più tempo, quindi anche per guardare, informarsi, leggere. Abbiamo allora pensato di attivare un’iniziativa sui nostri canali social per far vedere una serie di video d’artista prodotti, negli anni, dagli artisti con cui lavoriamo. Spesso non si guardano i video perché non c’è tempo, tutto deve correre veloce. Ora è diverso.
È un aspetto inedito nel vostro lavoro o utilizzavate questi strumenti anche prima dell’emergenza?
A parte la partecipazione alle viewing room delle fiere on line (per esempio parteciperemo a quella di Frieze New York a partire dal prossimo 6 Maggio) che per noi è una novità, tutti gli altri canali erano già attivi anche da prima.
L’intera stagione fieristica del primo semestre di quest’anno è saltata, con probabili ripercussioni anche sulla seconda parte dell’anno: pensate che le viewing room e le manifestazioni virtuali possano essere un buon compromesso?
Per fortuna non è saltata proprio tutta. Abbiamo avuto la fortuna di partecipare regolarmente ad Artefiera, Arco Madrid e Armory New York, poi il mondo ha chiuso praticamente il giorno dopo. Certo che tutta la stagione aprile/giugno è saltata – penso – senza possibilità di appello e questo è un grave danno per le gallerie che puntano molto sulle presentazioni fieristiche. Purtroppo si sta rannuvolando anche il periodo settembre/novembre riguardo al quale cominciano ad esserci forti dubbi sulla possibilità di svolgere manifestazioni internazionali con una certa normalità. Se anche queste fiere dovessero venire cancellate, penso che tante gallerie sarebbero colpite a una certa profondità. Riguardo le viewing room, come dicevo, aspettiamo la nostra prima esperienza virtuale a Frieze New York prima di azzardare giudizi…
Come cambierà a vostro parere il sistema dell’arte in seguito a questa emergenza? Quali strategie secondo voi si possono attivare per fare fronte comune?
Nel lungo termine non penso ci saranno cambiamenti significativi. Il sistema dell’arte aveva delle caratteristiche che evidentemente erano necessarie nell’accezione filosofica del termine, ovvero che evidentemente non avrebbero potuto essere diverse da quelle che sono. Nel medio periodo, quindi da qui a un anno potrebbe prevalere una dimensione più locale del sistema dell’arte, data la diffidenza con cui tutti noi viaggeremo e parteciperemo a eventi geograficamente lontani. Bene, sarà forse l’occasione di riscoprirci ancora più italiani.
E in che modo i settori pubblico e privato possono lavorare insieme?
Se questa fosse l’occasione affinché le istituzioni italiane si rivolgessero in maniera più massiccia alla proposta artistica italiana e le gallerie e i privati riscoprissero l’importanza dell’istituzione italiana, allora forse alla fine di tutto questo potremo anche trovarci qualcosa di positivo.
–Santa Nastro
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