Dai muri delle città alle mura domestiche: quando Banksy gioca in casa
Che cosa succede quando la Street Art si sposta dalla strada all’ambiente domestico, soprattutto in un momento difficile come quello del lockdown? L’ultima opera di Banksy potrebbe racchiudere le risposte.
La nuova opera postata da Banksy negli ultimi giorni ‒ l’istantanea del bagno di un interno domestico, invaso da topi in fuga ‒ evoca un ambiente familiare nel quale si confondono l’idea di casa e di esterno, di vita e quotidianità. In una corroborante fuga (dall’interno verso l’interno o in cerca dell’esterno?), un grumo di topi schizza nel bagno personale di Banksy, il cui valore qualcuno stima in 5 milioni di sterline.
La piccola tana sotto il lavello rivela il luogo di fuoriuscita: il bagno di casa propria, un ambiente riconoscibile e strutturalmente funzionale, è gettito di caos e mette alla prova chi osserva questo grappolo di topi disperso tra servizi igienici e oggettistica di vita quotidiana. Nove topi che potrebbero evocare una fuga bucolica, stemperata dal disgusto che generalmente si prova per la specie animale in questione.
Inutile dire che uno dei più dei celebri rats di Banksy come quello di Melrose Avenue a Los Angeles si sia trasferito dalle strade di Bristol o di Los Angeles nelle nostre abitazioni in lockdown.
Nell’attuale quarantena l’ambiente domestico diviene icona e connotazione spaziale-architettonica della decomposizione, del disorientamento. Un disordine ambientale che investe paradossalmente i domicili coatti dell’umanità in quarantena. Interno ed esterno si confondono: fuga verso l’esterno o fuga verso l’interno per scongiurare il nemico invisibile?
I rats ciondolano deliberatamente tra portasapone, water, specchio, carta igienica e dentifricio: un affronto alle regole del buongusto e del buoncostume, un affronto alle regole del lockdown.
DAI MURALES AI MURI DEL BAGNO
Lo stile di Banksy, inconfondibile e attraente, gioca in casa senza mutilare il bisogno angoscioso di evadere che permane in questi giorni nell’animo comune. Qui però Banksy non ci ha dato murales, qui la gente non può osservare ‘a cielo aperto’, venire, camminare, scattare foto a ‘occhio nudo’. La luce scura di un interno non ha nulla a che fare con il sole che ‘spacca’ gli edifici, che cala sulla città, sulle facciate dei negozi, sulle pareti dei palazzi.
Lo scorso San Valentino Banksy ha dipinto una bambina sul muro a Marsh Lane, una via del quartiere di Barton Hill: con un lancio di fionda la ragazzina colpisce un mazzo di rose rosse, un’esplosione di sangue generata dalle rose, prima che esplodesse l’epidemia da COVID-19. Cupido fatto a pezzi da una fionda o piuttosto un cuore infranto da cui sgorga sangue, non sopravvissuto al malessere comune. Il passaggio dalle mura esterne di Bristol agli interni delle nostre case è breve. Banksy ci conduce da un’implosione di rose ai rats in fuga, entrando e uscendo (e viceversa) dalle mura urbane e dalle mura domestiche. Da un’incursione urbana a un’incursione domestica, lasciandoci, come facevano i pittori astratti, davanti a un rebus di segni che concedono allo spettatore diverse vie d’accesso e, attraverso la distanza, diverse vie di lettura.
DAL PUBBLICO AL PRIVATO
L’immagine ambientale che ciascuno di noi prelevava dalla propria città acquisisce ora un proprio ordine esterno eppure concluso, metafisico, come significazione dei protocolli di comportamento che per distopia isolano gli spazi pubblici, mentre il privato si rende pubblico nella Rete, esattamente come il bagno privato di Banksy.
L’immagine ambientale, come risultato della reciproca relazione tra l’osservatore e il suo ambiente, è ora l’immagine privata, in cui ciascuno seleziona, organizza e compone la propria vita con criterio di adattabilità, a dispetto, in una dolorosa contrazione, dell’interrogativo che Banksy si poneva sul perché le persone fossero così entusiaste di rendere pubblici i dettagli della loro vita privata, dimenticando che l’invisibilità è un super potere.
‒ Daniela Cardone
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