Il futuro delle gallerie d’arte: da Londra e Napoli parla Thomas Dane
Come sarà il futuro delle gallerie d’arte contemporanea? L’emergenza coronavirus mette il settore a dura prova. La parola ai galleristi. Quarto appuntamento con Thomas Dane
Mentre tutta l’Italia si interroga su alcuni punti sibillini delle dichiarazioni relative al prossimo DPCM del 4 maggio, il mondo dell’arte si chiede se il provvedimento del 18 maggio interesserà solo Musei o anche gallerie d’arte. Molti gli spazi che hanno attivato una serie di iniziative online o che hanno amplificato e potenziato il portato dei propri canali web e social. E ovviamente che stanno riflettendo sul proprio futuro e sulle urgenze del mercato. Le prime impressioni c’erano arrivate da Alfonso Artiaco, Galleria Continua, Monitor, Mazzoleni, Poggiali, Massimo Minini, in un articolo apripista di questo dibattito. Poi avevamo interrogato Valentina Bonomo da Roma, i titolari della P420 di Bologna e Franco Noero. Oggi incontriamo Thomas Dane, che segue il tutto sul doppio scenario britannico e italiano, dalla galleria di Londra e dalla succursale aperta a Napoli nel 2018.
Naturalmente questo è un momento estremamente difficile a livello umano e sociale, ma concentrandoci esclusivamente sugli aspetti professionali, quali sono attualmente i rischi e le preoccupazioni per una attività imprenditoriale come quella di una galleria?
I nostri rischi e preoccupazioni sono gli stessi di qualsiasi altro business al mondo, di qualsiasi dimensione, sia a breve che lungo termine: gestire il flusso di cassa, attuare una previsione dei prossimi mesi, prepararci per l’autunno. Inoltre, chiudere le porte della galleria mette immediatamente una distanza tra noi e il pubblico: questo significa che dobbiamo fare affidamento su altre soluzioni per tenerci in contatto con i nostri artisti e clienti.
Come se ne può uscire? Di che tipo di aiuti avete o avrete bisogno?
La cosa fondamentale su cui le gallerie possono fare affidamento in momenti come questi sono le relazioni – con i nostri artisti, clienti e colleghi. Questa è la spina dorsale di tutto il settore e, quando tutto il resto cadrà, è la sola cosa che continuerà a resistere.
State lavorando ugualmente con la vendita a distanza?
In una certa misura sì. Non è centrale nella nostra maniera di lavorare, ma è importante essere in grado di mantenere la comunicazione con artisti e clienti. Siamo impegnati a confrontarci con loro per tenerli informati e aggiornati su cosa sta accadendo negli studi degli artisti. La “vendita a distanza” può essere certamente uno strumento efficiente nelle circostanze in cui siamo, ma non può diventare una strategia di vendita, perché richiede una fortissima fiducia reciproca e, ritornando a quanto si diceva prima, una solida relazione.
Che tipo di iniziative, anche culturali, state portando avanti per il vostro pubblico e con che obiettivi?
Abbiamo una serie di contenuti diversificati e stiamo espandendo il nostro sito web e i canali social per tenere le persone in contatto e anche per creare engagement con diversi livelli di pubblico. Stiamo rivisitando le mostre del passato, ponendo in evidenzia profili e interviste. Siamo inoltre connessi con i contenuti che altre organizzazioni stanno producendo con i nostri artisti. L’idea però è di non bombardare il pubblico con i contenuti online.
È un aspetto inedito nel tuo lavoro o utilizzavi questi strumenti anche prima dell’emergenza?
Abbiamo sempre usato questi canali nella nostra attività, ma dobbiamo essere in grado di amplificarne l’impatto in questo periodo. Non siamo al momento in grado di presentare i lavori, ma possiamo rendere disponibili documenti, testi critici, discussioni e informazioni prodotti intorno alle opere per contestualizzarle appieno.
L’intera stagione fieristica del primo semestre di quest’anno è saltata, con probabili ripercussioni anche sulla seconda parte dell’anno: pensi che le viewing room e le manifestazioni virtuali possano essere un buon compromesso?
Siamo chiari. Nulla può rimpiazzare o sostituire l’esperienza diretta di camminare nel mezzo di una mostra o di guardare un’opera d’arte. Non vogliamo portare avanti uno spazio virtuale o di vendita al dettaglio online. Le viewing rooms online possono e certamente lo fanno, rimpiazzare gli onnipresenti pdf o jpg che sono diventati negli scorsi 10 anni gli strumenti di utilizzo comune. Ma è improbabile che gli artisti concepiranno le loro opere per essere ottimizzate ed esperite su queste piattaforme, pertanto non potranno mai essere il modo migliore di vedere le opere.
Come cambierà a tuo parere il sistema dell’arte in seguito a questa emergenza? Quali strategie secondo te si possono attivare per fare fronte comune?
A breve e medio termine pensiamo che ci sarà maggiore concentrazione sulla sfera locale sia nella visita che nel sostegno a musei, gallerie e fiere d’arte. Ci sarà bisogno di tempo per recuperare e riflettere durante il quale argomenti, quali ad esempio l’impatto ecologico del mondo dell’arte, saranno affrontati in maniera più attiva. Ad esempio il dibattito sul mondo di migliorare la spedizione delle opere, che era già in corso, probabilmente subirà una accelerazione.
E in che modo i settori pubblico e privato possono lavorare insieme?
C’è già una forte simbiosi tra pubblico e privato che si basa su una stretta relazione tra le diverse parti dell’ecosistema. Ora più che mai dobbiamo lavorare insieme e sostenerci a vicenda.
– Santa Nastro
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