Love Stories: il sondaggio amoroso di Francesco Vezzoli sull’Instagram di Fondazione Prada
Ci vuole un po’ d’amore in questi tempi così difficili. Nasce il progetto Love Stories di Francesco Vezzoli, dall’11 maggio sull’account Instagram di Fondazione Prada.
Gli ideali della controcultura degli anni ’60 si sono trasformati nella cultura tecnologica della Silicon Valley, ispirando la nascita dei moderni social networks. Oggigiorno quei venti di libertà sono messi in discussione dalla creazione di algoritmi matematici e dall’intelligenza artificiale. Instagram, curiosamente nato dopo un viaggio in Italia di Systrom(uno dei due ideatori), armato di una fotocamera Holga, si appresta a respirare nuovi venti di libertà artistica ed amore, a 10 anni dalla sua creazione. Francesco Vezzoli (1971, Brescia), propone dunque “Love Stories”, un sondaggio sui sentimenti, un’avventura di 24 ore, ospitata sul profilo Instagram di Fondazione Prada, che sfrutta l’interattività del medium ed è caratterizzata dalla cifra stilistica, che ha contraddistinto le sue opere negli anni, in perfetta sintonia con l’anima ludica del mezzo. In questa intervista l’artista, Francesco Vezzoli, ci parla del progetto.
Come nasce “Love Stories”?
Love Stories è un tentativo, spero comunque di successo, di utilizzare Instagram per fare un piccolo sondaggio sui sentimenti. Chiediamo al pubblico di interagire, non utilizziamo il canale come una televisione per bambini, ci mettiamo in gioco su un livello molto più complesso, che implica una presa di coscienza da parte di chi guarda, di questi pensieri che, non soltanto io, ma anche qualche altro artista potrebbe elaborare o che qualunque altra Istituzione potrebbe presentare. È un tentativo molto sperimentale, soprattutto per la Fondazione Prada, che è estremamente sofisticata nelle sue operazioni. È una sfida, anche divertente: abbiamo fatto lo sforzo immenso di rattrappire, condensare, tutte queste informazioni e narrative in flash di 10 secondi, con una storia che pone una domanda ed implica una risposta. Mi piace pensare, che i risultati raccolti, costituiranno l’opera d’arte. E ci stupiranno, spero.
Una “decostruzione e ricostruzione” del linguaggio di Instagram.
La digitalizzazione ha radicalmente cambiato il nostro modo di fruire le cose, così come quello di incontrarci, forse anche di fare l’amore, e sicuramente di comprare i vestiti, perché non si provano più nei camerini ma si guardano sullo schermo. Se parliamo di “approccio digitale” dobbiamo considerare, che stiamo usando un mezzo nuovo, quindi dobbiamo fare un’opera d’arte usando il medium.
Cioè?
Non si può pensare, come fanno tutti gli altri musei, che il modo di fare comunicazione digitale sia quello di postare sul rispettivo profilo Instagram foto della propria mostra di Donald Judd, della quale poi non ce ne frega niente, siamo molto contenti che Il curatore del MOMA li abbia resi “Inst”, come dicono loro in modo molto sofisticato, però visti i tempi vorremmo qualcosa di più. Se avessero chiesto al pubblico, ad esempio, vi piace di più l’opera gialla o quella rossa? Io avrei commentato, non mi sarei più staccato dal loro profilo, per la curiosità di leggere gli altri commenti e di capire perché le persone avevano risposto in un modo o nell’altro. Quindi, ti risparmio la citazione di Marshall McLuhan: “il medium è il messaggio”, ma se vogliamo utilizzare uno strumento digitale, in un certo senso più frivolo, escludendo Facebook che da spazio alla dialettica, così come Twitter alla dialettica rattrappita, Instagram è sicuramente il medium inventato anche per il divertimento.
Citando una tua affermazione: “non prendetevela con Instagram, (…) cercate di essere meno snob, cercate di capire cosa affascina le persone e capire i nuovi linguaggi, questo è essere parte della cultura, questo è essere intellettuali”È ciò che hai cercato di fare con Love Stories?
Si tratta di capire la contemporaneità, altrimenti si rischia un approccio di tipo intellettuale, che, perdonami il termine, è un po’ masturbatorio. Va bene in un momento storico in cui c’è spazio, come a dire: “Ho passato due ore a sistemare le piume sul cappello”. È una frase che fa sorridere. Pronunciare: “Ah come sei Divina!”, va bene nella sua frivolezza, ma se fuori il mondo va a rotoli, forse è un modo per sfuggire al problema. Quindi sarà bello, se qualcuno si sentirà stimolato, se arriveranno dei commenti. Sarà curioso osservare, come presumiamo che alcuni personaggi siano figure iconiche, mentre per alcune generazioni non le sono. E qui si va oltre il discorso artistico, si entra in un dibattito sociale e politico. Se cambiano le simbologie, cambiano anche le regole della comunicazione e della politica nel senso più alto del termine. Pertanto, l’aspetto della lettura dei dati, come si direbbe in gergo, sarà una componente importante di quest’opera.
Entriamo nello specifico…
Questo farà sorridere, guardo L’eredità alla sera e mi fisso, quando domandano, ad esempio, Togliatti e Nilde Iotti vissero more uxorio nel 1956, 1972 o 1998? E c’è quello, che risponde 1998. Va bene slittare di 10 o 20 anni, ma sbagliare di 50, che prospettiva storica hai! E non me la prendo con quel poveretto, ma mi accorgo, che c’è una parte di mondo, che è convinta che Palmiro Togliatti e Nilde Iotti vivessero more uxorio nel 1998, stesso anno in cui Nancy Brilli si sposava con Massimo Ghini, come la mettiamo?
Hai creato un cortocircuito mentale, uno straniamento dell’osservatore.
Diciamo che il senso di straniamento in senso passivo è molto frequente, ad esempio nel sesso, quando vedi uno che posta la foto di un culo, con scritto “mi manca Ipanema” e fuori c’è la pandemia, tu resti confuso. Qui si tratta di uno straniamento attivo. Come ti raccontavo prima, si tratta di narrative condensate, mentre solitamente viene presentato allo spettatore in questione qualcosa di molto più semplificato. Vedremo quale sarà la reazione, io non voglio ripetermi, ma penso, per l’appunto, che la reazione sarà la vera opera d’arte. Come vedere, che alcune figure che noi diamo per scontate, riconoscibili, simboliche e chiave per la conoscenza della storia del nostro tempo, forse pubblicate in quella sede, per questo pubblico che dovrà poi rappresentare i futuri elettori, i futuri professori, magari non rappresentano nulla. Pertanto l’aspetto della lettura dei dati, come si direbbe in gergo, sarà una componente importante di quest’opera.
Come hai scelto l’abbinamento musicale?
Il progetto si chiama “Love Stories” ed è una genealogia della coppia e del rapporto amoroso, quindi nulla si adatta maggiormente del melodramma, certo avremmo potuto utilizzare dei brani di Italo Calvino per introdurre, ma trovo che Giuseppe Verdi in questa situazione sia più confacente ed in qualche modo lo abbiamo cercato per dare una colonna sonora universale. Fortunatamente, quando nomini la Traviata o la Bohème, ad esempio, blocchi immediatamente un flusso di emozioni e pensieri. Il genere del melodramma fa parte della nostra cultura ed è una delle valenze culturali più riconosciute a livello mondiale. Non dobbiamo dimenticarci, che la piattaforma Prada è fortemente internazionale. Questa opera è stata studiata come si studia un piano Digital, pertanto la colonna sonora, insieme alla cornice dorata, per quei 15 secondi, deve riuscire a catturarti, e a portarti dentro quel mondo, in quanto l’immagine precedente e quella successiva hanno una cifra completamente diversa. E questa tipologia di musica, o questa simbologia musicale, ha una sua universalità, ti fa pensare all’amore, al sentimento, al dolore per l’amore, e quindi ci sembrava un perfetto punto di incontro tra l’elemento più universale del nostro patrimonio culturale ed il dibattito sui sentimenti. È indubbio che questa Pandemia cambierà la nostra percezione. Prima di tutto c’è la tragedia umana, poi l’aspetto sociologico, che può essere riassunto nel “siamo tutti costretti a scegliere un nostro plaster emotivo ed affettivo”.
Le Stories durano 24 ore esattamente come il tuo Museo delle 24 Ore
È vero, tra l’altro anche in quel caso si era trattato di un’opera interdisciplinare; all’epoca con Facebook, avevamo creato un sito dove la gente inviava la sua foto e si faceva il ritratto con la lacrima. Quindi, mettiamola così, si è trattato di un pre Tik-Tok dell’arte! Questa durata di 24 ore, questa rapidità, è modulata sulle tempistiche della contemporaneità. Non la giudico, la prendo come un segno dei tempi, i suoi aspetti devono essere valutati dalle persone che si occupano di neuroscienze, psicologia, sociologia, ecc. Tuttavia è evidente, che alla lunga questa modalità di ragionare, influirà sul nostro modo di percepire, e non necessariamente in senso negativo. Come sarà la lettura della storia così velocizzata? Noi possiamo fare qualcosa per cambiarla? Lo dubito! Citando Robert Zemeckis: questo è Ritorno al futuro. Alla fine tutti questi volti diventeranno come carte di un mazzo da gioco e chissà se le persone sapranno ricordare l’intensità dei cambiamenti, che quegli individui hanno apportato e così via…
– Elena Arzani
Love Stories – A Sentimental Survey
a cura di Francesco Vezzoli
Account Instagram Fondazione Prada
11 Maggio 2020
@fondazioneprada
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#VezzoliLoveStories
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