Decreto Rilancio: nasce il Fondo Cultura. Intervista al direttore di Federculture Umberto Croppi
Istituito nell’ambito del Decreto Rilancio e tra le novità previste per il settore Cultura, il Fondo prevede una dotazione iniziale di 100 milioni di euro “finalizzato a promuovere investimenti in favore del patrimonio culturale”. Il direttore di Federculture Umberto Croppi ci spiega potenzialità e criticità del Fondo
A pochi giorni dall’approvazione del Decreto Rilancio, che prevede una manovra pari a 55 miliardi di euro per la ripartenza del Paese all’indomani dal lockdown causato dal Coronavirus, abbiamo intervistato Umberto Croppi, direttore di Federculture, per parlare e soprattutto farci spiegare meglio una delle principali novità previste dal Decreto per il settore culturale: il Fondo Cultura. Presentati in conferenza stampa dal Ministro per i Beni e per le Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, i “pacchetti” Cultura e Turismo del Decreto Rilancio prevedono, come vi abbiamo parlato qui, fondi e misure studiate per il rilancio dei due settori, in vista della riapertura delle attività produttive prevista per il 18 maggio. L’oggetto della nostra conversazione con Umberto Croppi, il Fondo Cultura, prevede, come si legge sul sito del MiBACT, “una dotazione iniziale di 100 milioni di euro (2020-2021), finalizzato a promuovere investimenti in favore del patrimonio culturale materiale e immateriale e aperto alla partecipazione di soggetti privati. L’istruttoria e la gestione delle operazioni vedrà coinvolta Cassa Depositi e Prestiti, mentre una quota del fondo potrà essere gestita dall’Istituto per il Credito Sportivo a garanzia di contributi in conto interessi e mutui per interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale”.L’istituzione del Fondo nasce da un’idea lanciata dal giornalista del Corriere della Sera Pierluigi Battista, sostenuta da Federculture e diventata poi una delle misure del Decreto Rilancio. “Un risultato importantissimo per le imprese culturali”, ha commentato Federculture, che però “è da perfezionare con apposite norme attuative”. Umberto Croppi ci spiega potenzialità e soprattutto criticità della nuova misura approvata dal Governo.
Il Decreto Rilancio ha visto l’istituzione del Fondo Cultura, da voi sostenuto e trasformato in un appello sottoscritto da oltre tremila persone. Quali sono i professionisti del settore che potranno fruirne?
Il Fondo Cultura – lanciato come proposta da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera,e che noi abbiamo rilanciato dandogli forma e trasformandola in una petizione che ha avuto un notevole successo di sottoscrizioni – è destinato a tutti gli operatori della cultura – aziende pubbliche e private, parapubbliche, cooperative, associazioni, singoli professionisti – che in questo momento hanno problemi di liquidità (pagare gli stipendi, l’affitto, la ricerca, la produzione). Per loro sarà possibile accedere in maniera agevolata al credito, con restituzioni a lunghissimo termine.
Il Ministero e il Governo hanno quindi risposto al vostro appello…
Il Decreto è stato accolto da noi in maniera molto positiva, c’è un problema però che speriamo sia solo di tipo “nominalistico”, che possa essere modificato poi in sede di conversione in legge e nel Decreto attuativo che dovrà poi regolare questo strumento.
Qual è il problema “nominalistico” e cosa temete possa accadere?
Circa il Fondo, nel Decreto di parla di “investimenti sul patrimonio”. Quello che abbiamo chiesto non è un fondo per gli investimenti: oggi nessuna azienda è in grado di indebitarsi per investire, ma ha bisogno di fondi per la liquidità, la possibilità per accedere al credito va data per la spesa corrente, non per gli investimenti. Nei prossimi giorni ci impegneremo affinché questo aspetto venga definito in sede di decreto attuativo. Un altro aspetto importante è legato all’urgenza: se aspettiamo i tempi della conversione in legge, potrebbero passare anche mesi, e tra qualche mese le imprese potrebbero chiudere. È necessario che i tempi siano brevi.
Quali sono, in questo momento, necessità e aspettative delle imprese culturali?
L’aspettativa naturalmente è quella di poter accedere al fondo in maniera rapida. Le altre aspettative riguardano interventi di tipo strutturale, che noi abbiamo chiesto ma in questo documento non sono stati ancora recepiti. La più evidente, e che per noi è una grossa delusione, è il mancato inserimento nell’Art Bonus. L’Art Bonus è uno strumento per incentivare le aziende a conferire denaro in forma di donazione. Ora però questa opportunità è limitata solo ad alcune categorie, come enti lirici e musicali. Ma le aziende rappresentate da Federculture per esempio –quasi tutte aziende partecipate o in house della Pubblica Amministrazione, e quindi sostanzialmente pubbliche ma con forma giuridica privatistica perché sono fondazioni o srl – non possono godere dell’Art Bonus. Perché chi fa un concerto o un festival musicale può godere dell’Art Bonus e chi organizza una mostra o un festival di letteratura no? In realtà un’estensione dell’Art Bonus c’è stata, ma rivolta solo allo spettacolo itinerante (circhi e giostre), ma chiediamo che venga estesa anche ad altre realtà.
Oltre all’estensione dell’Art Bonus, avete chiesto o chiederete nuove misure?
Tra le proposte fatte da noi, una riguarda il mondo della produzione culturale nella sua interezza: ovvero la defiscalizzazione delle spese di beni di natura culturale. Con questa misura sarebbe così possibile detrarre dalla propria dichiarazione dei redditi l’acquisto di libri, biglietti di concerti ecc. Sarebbe un importante incentivo da un lato per incoraggiare a spendere in cultura, dall’altro per aiutare chi lavora nel settore a incrementare gli incassi (in particolare le librerie). Le nostre proposte sono semplici, con costi insignificanti rispetto ai 55 miliardi complessivi dell’ultima manovra, ma i fondi diretti al settore culturale sono pari a 250 milioni, che vanno ad aiutare in gran parte i musei statali.
Qual è la situazione dei musei non statali in vista della riapertura prevista il 18 maggio?
La decisione di riaprire i musei statali il 18 maggio comporta, per tutti i musei non statali – con questo non intendo che siano “privati”, vedi MAXXI, Museo Egizio, Madre, Musei Civici di Venezia, gestiti da fondazioni a totale partecipazione pubblica – notevoli criticità. Mentre i musei statali avranno costi di gestione e di adeguamento coperti dal Ministero a prescindere se avranno meno visitatori, gli altri musei, quando apriranno, se non registreranno l’usuale flusso di visitatori, come faranno a rimanere aperti? Dove troveranno i fondi per investire nelle sanificazioni? Sono domande a cui ancora non abbiamo una risposta.
Dopo l’istituzione del Fondo, che tipo di feedback avete ricevuto da parte delle imprese?
La reazione è stata unanime, e non solo dalle nostre imprese associate, ma anche da parte di altre organizzazioni: ci aspettavamo tutti molto di più. È significativo che, in proporzione, il turismo abbia ricevuto maggiore attenzione. Il settore turistico è importantissimo per la nostra economia, ma è assolutamente complementare a quello culturale: in Italia, la cultura rappresenta la materia prima.
Quali saranno i vostri prossimi impegni?
Insieme alle altre associazioni di categoria – e questo è un aspetto importante, perché siamo riusciti a trovare un’unità di intenti e una capacità di lavoro comune che non c’era mai stata prima – lavoreremo nei prossimi giorni continuando a dare fiducia e la nostra collaborazione affinché vengano fatti alcuni aggiustamenti nel momento della conversione in legge, e soprattutto perché nei decreti attuativi vengano riprese in considerazione alcune nostre proposte.
– Desirée Maida
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