I “disegni brutti” di Francesco Lauretta
Quelli di Francesco Lauretta sono disegni su carta 20x20 centimetri, nati come reazione alle esternazioni di sociologhi, filosofi, opinionisti e pure artisti, pronti a mettersi a nudo, a esibire il proprio narcisismo in ogni genere di post, video, interviste o tweet rassicuranti a suon di #andratuttobene.
Al pastiche delle dichiarazioni ottimiste sul ritorno al futuro della pandemia Francesco Lauretta (Ispica, 1964) reagisce disegnando di getto ‒ in un tempo compreso fra i 3 e i 5 minuti ‒ senza possibilità di correggere o ritoccare o abbellire. Inizia con uno “scarabocchio” dedicato a Tiziano Vecellio, e procede giorno dopo giorno per trenta giorni, poi accelera in maniera poco programmata.
Attualmente Lauretta ha disegnato una cinquantina di questi ritratti: ma già da qualche giorno qualcuno ha cominciato a notarli, sino a spingerlo a prendere coscienza di avere iniziato un lavoro importante. E forse è davvero il “brutto” che si manifesta in ogni disegno a renderlo speciale. Lauretta li ritiene una testimonianza gradevole, colorata e spontanea, ma allo stesso tempo li definisce una “campana a morto”: rintocchi ‒ uno dopo l’altro ‒ della memoria di un giorno funesto.
PAROLA A FRANCESCO LAURETTA
A proposito l’artista ha dichiarato: “Li ho iniziati una settimana prima del passaggio alla Fase 2, quando ancora tutto sembrava bloccato. Disegni nati ‒ tra una pausa e l’altra della pandemia ‒mentre lavoravo su altri miei quadri, con lo scarto del colore rimasto deposto sulla tavolozza, realizzando occasionalmente ritratti di artisti che si presentano alla mia attenzione per una svista sul web, o perché in quel momento uno di loro attraversa la mia memoria.
Con un gesto svagato ne ho inseguito le fattezze, utilizzando pennellate veloci, pennellate che sono come segnali, segni, che spero di risolvere in un modo ‘brutto’ o, meglio, ‘antigrazioso’.
La cosiddetta Fase 1 e poi quella 2 e poi … ha spogliato i nervi miei, ma credo anche di molti altri, e mi ha reso reattivo. Così si è formato un racconto, un improbabile abbraccio con artisti di ogni epoca, amati o semplicemente odiati.
Me lo sono dato come un impegno destinato a durare sinché durerà il virus. Con la speranza che quel senso frustrante di voler fare tutto bene possa disintegrarsi e dissolversi nell’ultimo disegno, che coinciderà con il ripristino della vita, di nuovo, tornata come prima…”.
‒ Aldo Premoli
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