Misure fiscali per le arti visive: una proposta
Franco Broccardi sintetizza la proposta fiscale messa a punto per il settore delle arti visive, fanalino di coda nelle manovre di rilancio e sostegno da parte del Governo.
Alberto Fiz, sulle colonne di Artribune, ha sintetizzato in un articolo il libro dei desideri dell’arte contemporanea, grande esclusa (alla pari degli artisti visivi) dalle politiche post-COVID messe in campo dal governo.
Il settore paga certamente anni di dinamiche opache e risulta difficile potersi presentare con il cappello in mano di fronte alla politica dopo aver preferito perseguire interessi personali piuttosto che strade virtuose e trasparenti oltre che condivise. D’altro canto servirà porre maggiormente l’accento sul valore culturale che il sistema è in grado di generare e che effettivamente deve tornare a proporre. Serve una rivoluzione culturale che riporti fiducia verso un campo che rimane una risorsa importante e di cui non sfruttiamo le potenzialità rimanendo ostaggi di noi stessi. Servono norme e regole che da un lato rilancino la competitività interna e internazionale del mercato delle gallerie d’arte italiane ma che al contempo sgombrino il campo dalle scuse per l’irregolarità vissuta come istinto di sopravvivenza. Un pacchetto di norme/modifiche/innovazioni che hanno senso solo se considerate complessivamente e come un impulso per un mercato nuovo e non, da un lato, come una facile scorciatoia fiscale e finanziaria e, dall’altro, come fonte eventuale di gettito per lo Stato a prescindere dallo stato di salute del settore. Una manovra che deve da un lato semplificare e dall’altro dare certezza, fortificare, rendere più profittevole e di conseguenza più moderno, efficiente e sano.
Non si cada nell’errore, ad esempio, di pensare che la tassazione sulle cessioni tra privati di cui scriviamo nelle proposte che abbiamo avanzato possa essere una misura applicabile tout court ma ha senso ed efficacia se e solo se considerata come un tassello di un progetto complessivo di espansione del mercato dell’arte. Così come l’estensione dell’Art Bonus non può essere un beneficio a senso unico ma legata e operazioni destinate alla pubblica fruizione o comunque a un beneficio sociale. Diversamente, anzi, l’applicazione di manovre sporadiche e slegate si dimostrerebbe miope e controproducente e porterebbe come naturale conseguenza l’ulteriore depressione del mercato con un incalcolabile danno per gli operatori e un danno erariale che risulterebbe evidente.
Al contrario manovre espansive, come dimostrato dagli esempi di altri Stati, risulterebbero certamente favorevoli in un’ottica di consapevole vantaggio.
UN PERCORSO PER LE ARTI VISIVE
Abbiamo da tempo immaginato un percorso, dapprima costruito con l’Ufficio normativo dell’Agenzia delle Entrate e poi messo a disposizione della Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT. Un percorso che abbraccia diverse problematiche e varie fasi della filiera dell’arte.
Sinteticamente:
- Rendere imponibili le cessioni di opere d’arte tra privati ma con un meccanismo che distingua la speculazione dal collezionismo puntando a colpire la prima e a garantire chi vende opere per necessità o, soprattutto, secondo le normali logiche dettate dalla passione per l’arte
- Estendere le agevolazioni dell’Art Bonus all’acquisto di opere di artisti contemporanei al fine di sostenere quella fascia di artisti non protetti dalle grandi lobby del mercato, agevolando così gli acquisti e di conseguenza artisti e gallerie
- Applicare la medesima aliquota agevolata del 10% alle operazioni del primo mercato e quindi sia sulle fatture emesse dall’artista all’intermediario che su quella emessa dall’intermediario all’acquirente
- Uniformare l’IVA sulle importazioni a quella applicata nei Paesi concorrenti al fine di creare un mercato delle importazioni al momento stagnante
- Ipotizzare una sorta di voluntary disclosure per l’emersione fiscale di tali opere significherebbe regolarizzare le posizioni degli operatori e gli scambi futuri oltre che la creazione di una cultura della legalità
- Riequilibrare il mercato uniformando le norme applicate alle gallerie con quelle in vigore per le case d’asta.
Non si tratta di un elenco esaustivo e scolpito nella pietra ma in parte coincide con l’elenco-Fiz. Un buon segno, almeno in teoria. In pratica, invece, sappiamo bene come il comparto delle arti visive non sia nell’agenda del Ministro e ne capiamo le ragioni anche se, a ben vedere, tutto questo risulta poco lungimirante. Al di là di tutto sarebbe il caso di rivedere le logiche di un settore che potrebbe davvero portare lustro e cassa allo Stato, un settore che deve mostrare la volontà di trasparenza e che, d’altro canto, può offrire un insostituibile lavoro culturale unito a una indubbia valenza economica.
‒ Franco Broccardi
https://www.bbs-lombard.com/2020/05/13/11901/
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