Al via l’Archivio Concetto Pozzati. Un dialogo con Maura Pozzati figlia dell’artista
Nato a gennaio 2020, l’Archivio dedicato a Concetto Pozzati ha come fine la raccolta, lo studio e la valorizzazione delle opere dell’artista. Dal 15 maggio l’Archivio è fruibile online, e dei progetti futuri ci parla Maura, figlia di Concetto Pozzati
È nato l’Archivio Concetto Pozzati, su iniziativa dei figli dell’artista scomparso nel 2017 Maura e Jacopo Pozzati, con un comitato scientifico composto da Laura Cheurbini, Gianfranco Maraniello e Giovanni Iovane. Una squadra che potrà consentire un’adeguata valorizzazione di un maestro della storia dell’arte italiana del Novecento. Ne abbiamo parlato con la figlia Maura, docente di Storia e metodologia della critica d’arte all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
A gennaio è nato l’Archivio Pozzati, grazie all’impegno tuo e di Jacopo Pozzati, tuo fratello. Quali le finalità specifiche? Avete già progetti in agenda?
L’archivio è nato a gennaio durante Arte Fiera quando era in corso a Bologna, tra i main project di Art City, Inventario Pozzati, un omaggio della città a Concetto Pozzati, fatto di spettacoli, proiezioni, incontri realizzati nei luoghi a lui cari, come il MAMbo – dove ora c’è anche il Fondo Pozzati, la sua biblioteca personale donata da me e Jacopo dopo la sua morte –, la Cineteca e il suo studio privato, aperto apposta per l’occasione con una performance teatrale che raccontava anche lo studioso, lo scrittore, il critico d’arte e non solo l’artista. Per preparare quel progetto, curato da Elena Di Gioia e Angela Malfitano, ho trascorso mesi e mesi in studio a cercare tra i faldoni di mio padre e sono venuti fuori documenti straordinari, che ci hanno spinto a creare i vari comitati, andare dal notaio e fondare l’Archivio. Per fare questo abbiamo chiesto la collaborazione di Laura Cherubini, Gianfranco Maraniello e Giovanni Iovane, che fanno parte del comitato scientifico, e di estimatori del lavoro di Concetto che ci aiuteranno come comitato direttivo a promuovere la sua arte, i suoi scritti e il suo pensiero.
La scoppio della pandemia non ha permesso di presentare l’Archivio in occasione di miart…
L’Archivio si sarebbe dovuto presentare il 15 aprile a miart, con un incontro all’Accademia di Brera dedicato a papà e una mostra personale presso Carnelutti law firm, all’interno del circuito Vip. Si è tutto fermato causa emergenza Covid-19, ma noi abbiamo pensato che fosse giusto mettere il sito online proprio durante questo periodo di chiusura forzata, per dare un segnale di fiducia, perché l’arte va avanti con determinazione e passione. Il sito è a disposizione di tutti dallo scorso 15 maggio.
L’idea dell’Archivio era già nei progetti di tuo padre? Il maestro aveva già predisposto e pubblicato i primi tomi di un catalogo generale, edito da Maretti…
Papà si era posto il problema del catalogo generale del suo lavoro e aveva deciso di farlo con l’editore Maretti, con il quale ha pubblicato cinque tomi del Catalogo Generale, che consideriamo assolutamente validi ed esaustivi. Per quanto riguarda invece l’archivio storico, non credo si fosse posto il problema di digitalizzarlo e di mettere in ordine con un criterio scientifico le tante lettere, manoscritti, progetti, convegni, lezioni, ritagli di giornali, inseriti fino a scoppiare in vecchi raccoglitori impolverati. Abbiamo scoperto solo dopo la sua morte quanto abbia scritto e quanto continuasse a scrivere sulla propria arte e su quella degli altri, fino a poco prima di entrare in ospedale per l’ultima e fatale operazione chirurgica. È questo l’aspetto che più mi affascina dell’archivio, la parte più critica, quella legata alla parola. Papà non amava la tecnologia, non usava il computer o la macchina fotografica digitale, a malapena era capace di mandare messaggi sul cellulare e le mail le dettava alla sua assistente, quando era presente in studio. Non aveva materiale biografico o bibliografico in inglese e per questo abbiamo fatto tradurre tutto e costruito un sito consultabile anche in inglese. È stato molto lungo anche il lavoro di mettere ordine tra le tante opere che ci ha lasciato, che vanno dalla fine degli anni ’50 all’ultimo ciclo inedito Vulvare datato 2015-2016.
Immagino che l’archivio di un artista così attivo nel dibattito culturale nazionale sin dai primi anni Sessanta sia molto denso di materiali preziosi: corrispondenza, fotografie, manoscritti… Quali sono i fondi più significativi rintracciati in quello che è stato il suo studio? Potrebbe anticiparci qualche curiosità?
L’archivio storico conservato nello studio è una miniera di informazioni sull’arte italiana degli anni ’60 e ’70, anche se il materiale continua ovviamente fino quasi ai giorni nostri. Sono soprattutto le lettere degli amici artisti, alcuni dei quali chiamava “fratello” come Rodolfo Aricò o Claudio Cintoli, ad aprire il cuore; mai avrei pensato che papà avesse avuto una corrispondenza fittissima di lettere – scritte tutte a mano o dattiloscritte – con Emilio Vedova, per non parlare delle tante lettere disegnate e trasformate in collage di Giosetta Fioroni. Questo materiale è commovente, spesso mi sono messa a piangere dall’emozione leggendolo. Molto ricco è anche lo scambio epistolare con i critici più importanti di quegli anni: Argan, Ballo, Menna, Crispolti, Calvesi; tanto affetto e stima nello scambio di pensieri sulla critica, sull’insegnamento, sulle mostre con Alberto Boatto, il suo teorico preferito, tanto da chiamarlo ad insegnare ad Urbino nel 1968 quando papà era direttore dell’Accademia. Poi c’è tutta la parte “militante” del Pozzati arrabbiato, contestatore, punto di riferimento per ogni rivolta: tanto materiale sulle Biennali e un faldone intero dedicato al convegno sull’autonomia critica dell’artista, un convegno internazionale di due giorni tenuto a Bologna nel 1979 in risposta a quello di Montecatini, di cui non furono mai pubblicati gli atti.
Contestualmente l’Archivio Pozzati si sta impegnando anche per riposizionare il lavoro del maestro sul mercato?
Certamente. L’archivio Concetto Pozzati non serve solo a raccogliere la documentazione sull’attività dell’artista e a tutelarne l’opera, promuovendo la conoscenza e il pensiero critico, ma anche a realizzare mostre collettive e personali in Italia e all’estero, sia presso istituzioni pubbliche che private. Ora, come eredi, ci attende un compito molto delicato, che è quello di decidere cosa fare e cosa no, quale proposta accettare e quale rifiutare, come promuovere il lavoro di papà all’estero e come riposizionarlo sul mercato, perché se è vero che i quadri degli anni ’60 e ’70 non si trovano facilmente in giro e sono stati difesi molto bene da papà in vita e dalla Galleria de’ Foscherari, è vero anche che Concetto Pozzati paga il prezzo di avere lavorato con Telemarket per parecchi anni, e quindi molti suoi lavori degli anni 2001-2007 si trovano all’asta a prezzi ridicoli, perché sono quelli di chi ha acquistato nelle televendite. Un lavoro oculato e paziente, che possiamo fare con tutta calma, dato che per fortuna io e Jacopo siamo proprietari di opere storiche bellissime e dei tre cicli inediti dell’ultimo periodo, che non sono mai stati esposti.
Quali sono stati i temi dell’ultima ricerca di tuo padre?
Mio padre ha sempre lavorato per cicli, perché aveva bisogno di andare fino in fondo alle sue ossessioni. L’ultimo ciclo che ha dipinto nel 2015-2016 si intitola Vulvare, ed è dedicato alla vagina: ricordo ancora quando mi chiamò al telefono per dirmi che stava dipingendo delle vulve, ridendo sotto i baffi, e mi invitata a vedere i suoi quadri in studio. Io lo presi in giro, dicendo che non avrebbe venduto un quadro e che tutti avrebbero pensato al vecchio Pozzati diventato erotomane. Invece i suoi lavori sono tutt’altro, un inno alla natura, una poesia interiore dedicata alla vagina-frutto. Anche il suo ultimo scritto è dedicato a questo ciclo: “Vulva, vulv’are, complesso narrativo, organo genitale esterno della donna. Vagina che, nel “volgare”, si dice “fica” se non “figa”, “gnocca”, “passera”, “mona”, “berta”. L’aristocratico “fiore di carne” e “Origine del mondo” – Courbet – sono dedicati alla vulvocrazia.
Vulvocrazia è la burocrazia (femminismo) della vulva dove incontra il contrario: fallocrazia (maschilismo).
Il dio Eros, dio dell’amore, libido, istinto, impulso, pulsione erotica.
Eros come erosione se non corrodimento.
Il guardone (guardare è possedere), vedeva viveva con la sua pupilla spalancata e intima. Il pittore se non guarda più immagina “vulvando”, sogna pur con la pupilla spalancata perché ha paura che il sogno svanisca addormentandosi”.
Bello, come sono belli tutti gli scritti di papà.
Raccontaci degli scritti: su cosa vertono? Ci sono anche testi inediti? Saranno pubblicati in una raccolta?
Gli scritti di mio padre seguono il suo percorso artistico, fin dall’inizio, perché per lui era una intima necessità usare anche la parola per scavare nel profondo le ragioni del suo fare. Molto spesso li utilizzava come testi introduttivi per le sue mostre (e per questa ragione nel sito sono consultabili i cataloghi delle esposizioni degli anni Settanta introvabili, pieni zeppi dei suoi scritti); altre volte li usava come appunti per i cicli pittorici o per le sue conferenze. Nel 2016 è stato pubblicato il libro Concetto Pozzati. Il tempo va d’intorno con le force edito da Maretti, l’ultima pubblicazione curata da papà, dove è presentata una selezione di scritti dal 1956 al 2014, corredata dai suoi disegni, che è strumento indispensabile per chi abbia voglia di entrare nell’universo di Concetto Pozzati.
Ci sono anche testi inediti? Saranno pubblicati in una raccolta?
Di inediti ne abbiamo tanti, numerosi block notes, taccuini, pensieri sparsi, ci vorrà del tempo per mettere ordine a questo materiale e per digitalizzarlo, ma questo è il valore di un archivio, quello di essere organismo vivo e continuare ad alimentarsi e a rinnovarsi nel tempo.
– Lorenzo Madaro
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