Leoncillo Leonardi, un artista da ricordare
Un focus sulla partecipazione di Leoncillo Leonardi alle mostre americane “Handicrafts as a Fine Art in Italy” e “Italy at work”. Sullo sfondo del panorama artistico al di là e al di qua dell’oceano negli Anni Cinquanta.
Riscoperto in questi ultimi anni dal collezionismo e dal mercato internazionale, Leoncillo Leonardi (Spoleto, 1915 – Roma, 1968) è stato uno dei più grandi artisti contemporanei del nostro Paese. Morto troppo presto, all’età di 53 anni, è stato scultore, disegnatore, poeta e, soprattutto, ceramista. Fervente antifascista, comunista e partigiano, Leoncillo ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale e tutte le lacerazioni del suo tempo. Ha attraversato, nel corso della sua breve vita, profonde crisi ideologiche che hanno progressivamente condotto la sua ricerca, inizialmente legata all’esperienza della scuola romana, verso un linguaggio Informale, che ha caratterizzato la sua produzione dopo l’allontanamento dall’ambiente comunista nel 1956.
A partire dalla fine degli Anni Trenta, il lavoro di Leoncillo fu in parte orientato dalle importanti e proficue relazioni intessute con altri grandi artisti, designer, critici e letterati del Novecento, tra i quali Renato Marino Mazzacurati, Renato Guttuso, Gio Ponti, Roberto Longhi, Carlo Ludovico Ragghianti e Max Ascoli. Proprio il critico toscano e l’antifascista ebreo esule negli Stati Uniti furono particolarmente importanti per la produzione del ceramista spoletino della fine degli Anni Quaranta, e per il suo coinvolgimento in alcune mostre collettive americane sull’arte e l’artigianato artistico italiano. Parliamo di Handicrafts as a Fine Art in Italy e di Italy at work. Her Renaissance in Design today (1950-53), le quali hanno più di un punto in comune in termini di organizzazione e intenti. Per l’esposizione del 1947 troviamo, infatti, coinvolti Max Ascoli, Carlo Ludovico Ragghianti e Ramy Alexander, braccio destro di Ascoli, deputato a curare i rapporti con gli artisti e gli artigiani presso la filiale romana della Commissione Assistenza Distribuzione Materiali Artigianato (Cadma), fondata nel 1945 a seguito di un incontro tra Max Ascoli e Carlo Ludovico Ragghianti. Nella rassegna del 1950-53, vediamo invece implicati, oltre ai curatori americani, Ascoli e, di nuovo, Ramy Alexander, nel ruolo di vicepresidente della Compagnia Nazionale Artigiana (che aveva rilevato Cadma) e di selezionatore degli artisti e degli oggetti da esporre. Sotto il profilo delle “politiche culturali” avviate nell’immediato secondo dopoguerra, ambedue le rassegne intesero presentare i prodotti italiani negli Stati Uniti per stimolare l’interesse dei consumatori, rinsaldare le relazioni commerciali e aiutare le economie dei Paesi, con chiari obiettivi di visibilità internazionale. Sotto il profilo puramente artistico, invece, i curatori e gli organizzatori vollero contribuire a definire il senso di una “nuova modernità”, cercando di coniugare tradizione e innovazione, e fondendo insieme arte, artigianato, architettura e design.
HANDICRAFTS AS A FINE ART IN ITALY (1947)
Handicrafts as a Fine Art in Italy fu inaugurata il 2 dicembre 1947 presso la House of Italian Handicraft (HIH), spazio studiato dall’architetto Gustavo Pulitzer Finali, situato sulla 49° Strada a New York, nel cuore di Manhattan. Per l’evento newyorkese, a dispetto di quanto pubblicato nel catalogo dell’esposizione (un libricino di poche pagine la cui genesi fu davvero travagliata), Leoncillo realizzò appositamente degli oggetti di arte applicata, da presentare all’estero a possibili acquirenti americani. I documenti conservati nell’archivio storico della Fondazione Ragghianti di Lucca, in particolare alcuni elenchi relativi agli artisti coinvolti, le opere prodotte e le spese effettuate per l’organizzazione dell’evento, ci aiutano a ricostruire le circostanze del coinvolgimento dell’artista, cui furono inizialmente commissionate “due ceramiche e incorniciatura di camini”, quindi “l’ideazione e l’esecuzione dei seguenti oggetti in maiolica: 1 camino, 1 fontana con sculture, 4 vasi scolpiti, 1 servizio da pesce, 1 fontanella d’angolo”, che egli avrebbe dovuto produrre in collaborazione con Renato Marino Mazzacurati. Certamente, Leoncillo spedì in America un “camino” e un “Busto-base per tavolo”, che egli probabilmente eseguì da solo, come ricordano un articolo del New York Times del 1947 e un contributo del 1948 dell’architetto e designer Gio Ponti, suo grande estimatore, per la rivista Domus. Fu proprio il direttore del celebre periodico dedicato all’architettura e al design a pubblicare una preziosa fotografia del frontale di camino realizzato per l’Handicraft a New York, oggi denominato Camino dei Gatti e conservato in una abitazione privata a Spoleto. Del Busto-base per tavolo prodotto per Cadma, invece, non abbiamo notizie certe, ma possiamo averne un’idea dal Piede di tavolo con medusa realizzato dall’artista nel 1946, di cui conosciamo due elementi, contiguo alle Canefore del 1949.
ITALY AT WORK. HER RENAISSANCE IN DESIGN TODAY (1950-53)
Italy at work. Her Renaissance in Design today, inaugurata al Brooklyn Museum di New York il 29 novembre 1950, fu itinerante per ben tre anni sul territorio americano. Alla rassegna Leoncillo partecipò, oltre che con l’amico Gio Ponti e Lucio Fontana, con i “romani” Afro, Galassi e Consagra, con i quali era stato a contatto nella “fucina” di Villa Giulia e per la mostra americana del 1947. Anche in questo caso non abbiamo carteggi o documenti chiarificatori delle circostanze che condussero alla sua selezione, ma si deve rilevare la presenza, nel comitato, di Ramy Alexander, nella veste di Presidente della Compagnia Nazionale Artigiana, creata nel 1948 grazie all’intervento di Max Ascoli, con i quali l’artista aveva già collaborato in occasione della mostra del 1947. Per Italy at work alcuni artisti realizzarono personalmente i pezzi esposti, mentre altri ne affidarono l’esecuzione alle manifatture italiane attive negli Anni Quaranta: Leoncillo in particolare figura come designer e producer. Stando al catalogo della mostra e all’articolo su Domus del 1950 che inneggia all’esposizione come una “grande occasione” per il nostro Paese, calcando la retorica messa in atto poco tempo prima in occasione della mostra del 1947, Leoncillo inviò in America, oltre a un piccolo vaso pubblicato da Ponti, una particolare versione della Dattilografa, ceramica policroma smaltata che affronta un tema di natura “sociale” sviluppato soprattutto a partire dal 1947, insieme con altre figure, centraliniste, giornalai, muratori e minatori. È possibile che l’opera abbia circolato per diverso tempo in America, poiché sul recto della scheda a essa relativa, redatta dal personale del Brooklyn Museum in occasione della manifestazione, è riportato a matita un riferimento al consolato italiano di New Orleans, dove la Dattilografa potrebbe essere giunta anche solo per il breve periodo di una mostra temporanea. In ogni caso, è verosimile credere che la statuetta sia poi tornata in Italia, e una fotografia dell’allestimento della mostra all’Art Insitute di Chicago (15 marzo-13 maggio 1951) potrebbe convincerci che si tratti della stessa versione oggi conservata nella collezione privata di Simona Marchini, un tempo appartenuta ad Alvaro Marchini, ma delle quale gli eredi, purtroppo, ignorano la provenienza.
‒ Serena Di Giovanni
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