L’urlo del Tacheles per Macao. Corrispondenze e complicità, da Berlino a Milano. E una lettera durissima indirizzata al Sindaco Pisapia. La politica e gli spazi culturali indipendenti: una guerra fredda?
«Mi piacerebbe partecipassero, e li invito, a un bando pubblico. E che vinca il migliore”. Parole di Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano, rivolte agli occupanti del grattacielo Galfa, ormai passato alla storia come Macao. Pisapia che ha solidarizzato, ha supportato, poi ha tentennato e infine ha sgomberato. Promettendo, però, di offrire uno degli spazi dell’ex Ansaldo, in zona […]
«Mi piacerebbe partecipassero, e li invito, a un bando pubblico. E che vinca il migliore”. Parole di Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano, rivolte agli occupanti del grattacielo Galfa, ormai passato alla storia come Macao. Pisapia che ha solidarizzato, ha supportato, poi ha tentennato e infine ha sgomberato. Promettendo, però, di offrire uno degli spazi dell’ex Ansaldo, in zona Tortona. A fronte di regolare partecipazione a un bando, chiaramente. Freddina la reazione degli occupanti, che continuano a ribadire che la questione non è lo spazio in sé, ma il progetto politico che non si deve arrestare.
E in soccorso, tra le molte voci giunte dalla società civile e dal mondo della cultura, arriva anche quella di Barbara Fragogna, curatrice del Kunsthaus Tacheles di Berlino. Anche quello uno spazio simbolo, un luogo con una ventennale storia di produzione artistica (prima oggetto di una occupazione, poi gestito tramite un regolare affitto simbolico), oggi al centro di una controversa vicenda: la proprietaria HSH Nordbank avrebbe ottenuto lo sfratto degli eccentrici inquilini, decisa a demolire l’immobile per costruire al suo posto un hotel deluxe. Una vicenda che ricorda, in qualche modo, quella della Torre Galfa, rivendicata – nonostante il lungo abbandono – dal legittimo proprietario, il costruttore Salvatore Ligresti.
E sulla questione “bando” interviene proprio oggi Fragogna, con una lettera aperta indirizzata al primo Cittadino milanese e al mondo della politica in genere. Ecco come commenta la frase di Pisapia: “Questa affermazione, tra le altre, dimostra la totale mancanza del senso della realtà. Chiunque abbia o abbia avuto a che fare con l’amministrazione della cultura italiana conosce perfettamente le regole per cui la probabilità, le cause, i legami d’amicizia se non di parentela, l’appartenenza a questa o a quella fazione, l’incontro in chat o l’ammiccamento su twitter dettino le leggi dell’assegnazione, solitamente a breve termine per i bene accompagnati, solitamente a molto lungo termine per chi non accompagnato ma con abbastanza costanza da perseguitare la causa, dei pochi (ma in realtà molti) fantomatici spazi pubblici”.
Non le manda certo a dire, la curatrice del Tacheles, che aggiunge: “Non siamo di fronte a dei bambini capricciosi che sbattono i piedi per il terzo lecca-lecca di fila. Siamo di fronte a donne e uomini che non sopportano più il peso dell’ignoranza, della pochezza mentale, dell’autoreferenzialità dei propri governanti […] Mi chiedo seriamente come pensate di arginare questo ormai costante riflusso cerebrale con la repressione”.
E va avanti, con una pioggia di lamentazioni condotte sul filo di lama, accusando governanti, notabili e baroni di non comprendere lo spirito della protesta e di non avere in alcun conto sensibilità e istanze dei cittadini. Uno sfogo che travolge l’intera classe politica e tutto il mainstream, anche a suon di “minacce”: “L’inabilità alla lungimiranza potrebbe compromettere seriamente le vostre poltrone e i vostri inopportunamente piazzati colletti bianchi. Che queste suonino come delle minacce non è un dubbio. Sono delle minacce. Sono dei chiari avvertimenti. Sono dei moniti. E’ chiaro che la rivoluzione intellettuale sia già cominciata…”
E prima di inoltrare agli illustri destinatari della missiva i suoi cordiali saluti, la Fragogna riserva loro un’enfatica chiosa, dagli accenti bolscevichi: “Non ci sediamo più nei salotti per declamare i nostri assunti a poche orecchie condiscendenti, scendiamo in piazza, occupiamo palazzi, urliamo il nostro nome, parliamo chiaro e si, sappiamo essere divulgativi, conosciamo la psicologia, SIAMO MOLTO BEN EDUCATI”. Lettere cubitali, per urlare sul foglio quel proprio essere combattenti perbene, schierati contro il perbenismo dei potenti.
Troppa enfasi? Slancio rivoluzionario molto zelante e poco concreto? O davvero un grido di dolore, che dà la misura di una temperatura diffusa, piena di significato?
– Helga Marsala
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