Gli scatti del World Press Photo 2020 al Palazzo delle Esposizioni di Roma
Fino al 2 agosto 2020 il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospiterà la mostra dedicata agli scatti finalisti del World Press Photo 2020. Un colpo d’occhio sulla società di oggi, da una parte all’altra del mondo.
Ha inaugurato pochi giorni fa e terminerà il 2 agosto, con una proroga di due settimane, la World Press Photo Exhibition 2020, che si tiene per il secondo anno consecutivo al Palazzo delle Esposizioni a Roma; doveva iniziare il 25 aprile scorso, ma a causa dell’emergenza sanitaria la mostra è stata posticipata. Oltre che dall’Azienda Speciale Palaexpo, l’esposizione del concorso fotogiornalistico World Press Photo 2020 è curata dal reporter Francesco Zizola (vincitore dell’edizione 1997) per 10b Photography.
Nelle splendide fotografie esposte ci sono davvero tutti i principali temi del nostro mondo alla deriva, che forse avevamo temporaneamente messo in un angolo durante i mesi della quarantena, ma che tornano prepotentemente alla ribalta grazie a volti, paesaggi, animali, oggetti, interpretati con la forza contemporanea del servizio fotografico. Le tante guerre, le ribellioni, la natura che soffre, gli animali feticci o in via di estinzione, lo sport come riscatto, i muri fra i popoli, gli estremismi politici, la lotta della cultura LGBTQ, le donne che piangono i loro uomini e proteggono i figli, e ancora le donne che piangono a causa dei loro uomini e per i figli: questo e tanto altro viene raccontato in 139 fotografie provenienti dagli angoli più inaspettati del pianeta, in bianco e nero o con colori che parlano più di tanti discorsi. E, al termine del percorso, si arriva alla mostra nella mostra: dieci foto-cult vincitrici delle passate edizioni del premio. Tutte appaiono di drammatica attualità: i carrarmati e lo studente di Piazza Tienanmen nella famosa immagine di Charlie Cole del 1989, i bambini che fuggono dopo il lancio delle bombe al napalm del 1972 (foto di Nick Ut per Associated Press), la diciottenne afgana sfigurata per aver abbandonato la casa di suo marito (immortalata da Jodi Bieber, vincitrice nel 2010). E una fotografia meno nota, forse lasciata indietro perché parla di qualcosa che ci sembrava ormai superato: è stata scattata nel 1957 dal fotografo statunitense dell’AP Douglas Martin, e ritrae Dorothy Counts-Scoggins, una delle prime studentesse di colore che entra a scuola subito dopo la fine della segregazione razziale, mentre viene derisa dai suoi compagni bianchi.
I FOTOGRAFI FINALISTI DEL WORLD PRESS PHOTO 2020
Vincitore della categoria World Press Photo of the Year 2020 è il reporter giapponese Yasuyoshi Chiba per l’agenzia France-Presse, con l’immagine dal titolo Straight Voice: il 19 giugno 2019 nella capitale Khartum, un gruppo di giovani sudanesi protestano per ottenere un governo democratico, recitando poesie e slogan illuminati dalla sola luce dei telefoni, durante un black-out proclamato dalle autorità. Il presidente della giuria Lekgetho Makola ha spiegato così le motivazioni del premio: “Soprattutto in un tempo in cui c’è molta violenza e molti conflitti, è importante un’immagine che possa ispirare le persone. E qui vediamo questo giovane che non sta sparando, non lancia sassi, ma recita una poesia. Esprime un senso profondo di speranza“.
Il premio World Press Photo Story of the Year è stato assegnato al fotografo francese Romain Laurendeau con Kho, The Genesis of Revolt. Kho, nel colloquiale arabo nordafricano, significa fratello. Il reportage racconta il disagio della gioventù algerina (70 per cento di disoccupati nella popolazione under 30) che, sfidando le autorità, ha spinto il resto della popolazione a unirsi alla propria azione, dando vita al più grande movimento di protesta dell’Algeria degli ultimi decenni.
Sono sei i fotografi italiani selezionati nelle varie categorie del concorso: Fabio Bucciarelli, Luca Locatelli, Alessio Mamo (classificatosi secondo nella categoria General News, foto singola), Nicolò Filippo Rosso, Lorenzo Tugnoli e Daniele Volpe. Fabio Bucciarelli, che durante il 2019 ha documentato le manifestazioni in Cile contro le ingiustizie sociali causate dalle privatizzazioni e dal neo-liberismo, racconta: “Il concorso dell’ultimo World Press Photo risale a dicembre del 2019. Tutto era diverso; io stesso, in questi mesi, ho documentato per il ‘New York Times’ le conseguenze del Covid a Bergamo. Adesso, però, è fondamentale riaprire gli occhi sul resto del mondo”, conclude il reporter.
Con il biglietto d’ingresso per World Press Photo Exhibition 2020 è possibile visitare anche la mostra di Jim Dine, aperta fino al 26 luglio.
‒ Letizia Riccio
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