La Biennale di Lione slitta al 2022. Intervista alla direttrice Isabella Bertolotti

Prevista per il 2021, la XVI edizione è rinviata a settembre 2022 per continuare a garantire la qualità che l’ha fatta diventare una delle più autorevoli biennali d’arte del mondo.

A causa dell’emergenza sanitaria in corso, anche la Biennale di Lione ha deciso di rinviare di un anno la sua 16a edizione. Diversamente da quanto annunciato a marzo, la rassegna creata nel 1991 da Thierry Raspail in collaborazione con Thierry Prat e consolidatasi come una delle più grandi manifestazioni di arte contemporanea a livello internazionale non festeggerà più il trentennale nel 2021, ma slitterà fino al settembre 2022. “L’attuale contesto globale di sanità pubblica sta notevolmente rallentando il contatto diretto con gli artisti”, si legge nella nota stampa, “lo sviluppo di potenziali residenze e produzioni, attività con gli stakeholder e l’interazione tra progetti artistici e mondo imprenditoriale, tutti elementi che aiutano garantire la qualità della Biennale”. Una decisione presa in accordo con i nuovi curatori Sam Bardaouil e Till Fellrath, selezionati da Isabella Bertolotti, dal 2019 nuovo direttore artistico della Biennale dopo le dimissioni dello “storico” co-fondatore Raspail. Ne abbiamo parlato con lei…

Uma promessa (A promise), 2018. Exposition Mitomotim au Galpão Videobrasil / Associação Cultural Videobrasil © Photo : Pedro Napolitano Prata

Uma promessa (A promise), 2018. Exposition Mitomotim au Galpão Videobrasil / Associação Cultural Videobrasil © Photo : Pedro Napolitano Prata

Qual è la sua idea di Biennale?
Una biennale non è semplicemente una mostra, e questo è l’intero problema. Di recente, diverse voci hanno puntato il dito contro i “grandi eventi” e le “grandi macchine”. Ma queste accuse sono sbagliate. Dobbiamo porci le domande giuste. Qual è la differenza tra una grande mostra e una biennale? Come viene concepita una biennale e perché il terreno su cui è sviluppata è così importante? Per dettagliare la mia tesi, vorrei prima evocare l’immagine di un iceberg.

Ovvero?
Ciò che scopri all’apertura “ufficiale” di una biennale è solo la parte visibile del tutto; la parte sommersa è il fondamento indispensabile, costituito da un lungo periodo che comprende varie fasi ma anche vari strati. Con ciò intendo dire che una biennale deve soddisfare una grande varietà di pubblico di ogni provenienza, ma deve anche includere “partecipanti” di ogni tipo (artisti, aziende, comunità senza scopo di lucro, ecc.). Deve coinvolgere il maggior numero possibile di persone e parlare a tutti, a livello locale e internazionale.

In cosa si differenzia da una grande mostra?
In una “mostra” di arte contemporanea, ci sono ovviamente fasi di preparazione imprescindibili: ideazione del progetto, ricerca, incontro con gli artisti e produzione, ma anche fase di ottenimento dai prestiti, spedizione, preparazione di attività di sensibilizzazione e catalogo ecc. – tutto ciò che il pubblico non percepisce necessariamente (ma che non è l’oggetto della mostra). Il rinvio di una mostra è ancora una questione complessa quando i prestiti sono in corso, ma ci sono pochi altri impatti. La Biennale di Lione, invece, non è semplicemente una mostra ma un evento più strutturato. È incorporato non solo in una geografia più ampia, ma anche in una complessa realtà sociale, economica e politica; e, soprattutto, si estende su una lunga scala temporale.

A proposito di rinvii, cosa l’ha convinta a posticipare di un anno la Biennale, quando erano state già annunciate le date del 2021, quindi con tutto il tempo disponibile per organizzarsi secondo le misure anti-Covid19?
La Biennale ha sviluppato negli anni una sezione che si chiama Veduta che prevede l’elaborazione di progetti con il settore non profit, la creazione di residenze all’interno delle aziende, l’utilizzo di scuole di produzione, il sostegno all’inclusione sociale. Tutte cose che desideravo rafforzare ulteriormente per la prossima edizione e che richiedevano un lungo calendario.

Come valuta l’edizione 2019 che si è trovata a dirigere per la prima volta, dopo le dimissioni del direttore artistico “storico” Thierry Raspail?
Per l’edizione 2019, ho deliberatamente attinto da ciò che Thierry Raspail aveva costruito in quasi 30 anni e dal progetto iniziato da Jean de Loisy (attuale direttore École nationale supérieure des beaux-arts N.d.R.), che ha coinvolto più ampiamente il settore delle industrie. La nostra scelta di progetti all’interno e intorno alla Biennale è stata quindi guidata dal desiderio di filiere corte, una prospettiva ecologica e un forte impegno degli artisti con il pubblico.

Infection, 2017. Fondazione Prada, Milan, Courtesy Fondazione Prada. © Pamela Rosenkranz, Photo : Delfino Sisto Legnani et Marco Cappelletti

Infection, 2017. Fondazione Prada, Milan, Courtesy Fondazione Prada. © Pamela Rosenkranz, Photo : Delfino Sisto Legnani et Marco Cappelletti

Ci può fare qualche esempio?
Nel 2019, oltre alle mostre presso la Fagor Factory e il Mac, la Biennale di Lione ha organizzato otto mostre associate; una mostra dedicata ai giovani artisti; 15 progetti realizzati con residenti nell’area metropolitana; più di 40 progetti realizzati con aziende industriali di tutta la regione; e un programma di lezioni frontali, conversazioni e altri eventi. Per la biennale del 2019, ho incontrato molti interlocutori del settore culturale ma anche di altri campi, e questa trasversalità conferisce grande ricchezza al progetto.

Posticipando la Biennale al 2022 diventate di fatto una Triennale. È il vostro obiettivo per il futuro?
Una Triennale non è ciò che siamo. Sebbene il tempo biennale sia serrato, data la portata delle nostre ambizioni, ci consente di tenere traccia molto ravvicinata di tutto ciò che sta succedendo e di offrire a più artisti, curatori, ecc. una possibilità. Inoltre – e questo non è un dettaglio minore – la stessa squadra gestisce la Biennale di danza e la Biennale di arte contemporanea in anni alterni (secondo il modello di Venezia). Sarebbe stato quindi molto difficile programmare due biennali contemporaneamente o scegliere un tempo triennale.

Claudia Giraud

http://www.labiennaledelyon.com/ 

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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