Milano. La galleria Vistamarestudio riparte dal disegno
La mostra su due piani alla galleria milanese Vistamarestudio testimonia la volontà di ripartire assieme. Sperimentando le possibilità sconfinate che ruotano attorno al concetto di disegno.
“L’arte è trovare un sistema per cambiare: come l’uomo che ha inventato la scodella per la prima volta”, scriveva Pino Pascali nel 1967. L’anno prima aveva prodotto un omaggio al suo amico Mario Ceroli, stampando su carta un martello, lo “strumento del mestiere”, raffigurandolo attraverso una sagoma appena percettibile. Le arti 1964-2020, oltre a essere il titolo dell’opera di Pascali, diventa anche il titolo della mostra collettiva che, come un canto corale, segna il momento della ripartenza di Vistamarestudio, allestita nella sede milanese di viale Vittorio Veneto. Diciotto gli artisti in mostra, dai più giovani agli storicizzati, e un unico punto di (ri)partenza: l’uso del disegno, inteso talvolta come mezzo grafico, altre come linea oppure nucleo iniziale attorno al quale si sviluppa un’idea.
Diventa un intreccio di linee di tempera calligrafica su tavola nel lavoro di Mario Airò Onement l, oppure un segno regolare che traccia la scritta “Every Single Day” sul muro, a opera di Haim Steinbach. La linea è anche intesa in senso tridimensionale, come nella delicata installazione di Joana Escoval, Using what you have to remember what you saw, che corre lungo l’angolo della parete smussandone le asperità, quasi volteggiando nell’aria; la linea può essere tratta anche da un oggetto di uso comune, come la gruccia sospesa nell’aria assieme a una paletta per scacciare le mosche in Hanger and Fly Swatter di Tom Friedman.
Le opere, alcune parte dell’archivio della galleria da tempo, altre realizzate durante il periodo di quarantena, approcciano il disegno in senso ancora più lato al piano inferiore, dove decisiva è la commistione con la fotografia, nelle opere di Andrea Romano, Anna Franceschini e Linda Fregni Nagler, o ancora le ricerche sull’iconografia del passato e della contemporaneità nelle tavole di Bethan Huws.
– Giulia Ronchi
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