Tre mostre (e un’anteprima) da non perdere a Roma
Quattro mostre da vedere nella Capitale, ospiti di altrettante gallerie, che riemergono dal lockdown con proposte da tenere d’occhio.
Il mondo della cultura riparte a pieno regime dopo il lungo stop imposto dall’emergenza Coronavirus. Non solo i musei pubblici, ma anche le gallerie private sono pronte ad accogliere i visitatori con proposte che vanno dagli artisti affermati a quelli emergenti. Ne abbiamo selezionate quattro.
‒ Niccolò Lucarelli
STANLEY WHITNEY – GAGOSIAN
In attesa della mostra di settembre, un’anteprima di tre opere di Stanley Whitney (Philadelphia, 1946), tutte prodotte in paesino nei pressi di Parma, dal quale prendono il nome: la Bertacca Series è declinata secondo le note colorate del free jazz e gli stilemi dell’Espressionismo astratto. La cifra classica della griglia colorata, arricchita di cadenze di colore, ritmo e nuove prospettive spaziali, ha portato Whitney a essere uno dei maestri indiscussi dell’astrattismo contemporaneo.
METAFORAMORFOSES – DOROTHY CIRCUS GALLERY
Metaforamorfoses: un gioco di parole portoghese che unisce la metafora e la metamorfosi. E il ciclo pittorico di Rafael Silveira (Paranaguà, 1978) riflette sul potere che le trasformazioni hanno di modificare non soltanto gli aspetti esteriori della vita, ma anche e soprattutto quelli legati all’interiorità. Il realismo magico della letteratura sudamericana caro a García Márquez e Coelho, si lega a una pluralità di richiami artistici, da Hieronymus Bosch a Salvador Dalí e persino Philip Guston; piante, animali, corpi umani, elementi naturali s’incontrano e si fondono dando vita a bizzarre creature che sono altrettanti simboli di un animo umano sospeso fra la memoria e l’idea della vita come gioco, scontro, lacerazione. Una mostra ironica e inquietante insieme, in cui la natura è specchio dell’imprevedibilità delle vicende della vita, e nel suo metaforico incastrarsi nel corpo umano costruisce estetiche fughe nella fantasia.
LOVERS AFTER LIFE – GALLERIA RICHTER FINE ART
Doppia personale nel segno dell’affettività metabolizzata dall’io interiore, del potere dell’immaginazione nel far vivere realmente situazioni altrimenti inafferrabili nel momento in cui si verificano. Alla base del ragionamento c’è la noesi, ovvero l’atto d’intelletto platonico che, attraverso l’anima, permette di raggiungere le idee. Katarina Janeckova e Jay Miriam trasportano sulla tela l’Iperuranio, sporcandone però la perfezione con le tinte della nostra caotica contemporaneità.
Janeckova amplifica la relazione affettiva unendo il punto di vista umano a quello animale, in opere neo-espressioniste dove i corpi sembrano danzare immersi in scenari surreali. Leggende medievali, bestiari, fantasie freudiane danno vita a sensazioni più intense della realtà stessa. Miriam evoca la solitudine e l’autoerotismo come celebrazione della morte, richiamando le atmosfere delle poesie di Anne Sexton. Quell’amore irraggiungibile in vita e con gli altri si rafforza da soli e dopo la morte.
Una mostra che è una riflessione artistica sul post-romanticismo degli Anni Settanta-Novanta, fra istanze femministe e culto del neodecadentismo.
RESILIENZA – GALLERIA LA NICA
Nove artisti, italiani e stranieri, si interrogano sull’esperienza della quarantena, che limitandoli nei contatti e nei movimenti ha causato loro anche l’impossibilità di lavorare con i materiali usuali. In questi mesi sono dunque nate opere nuove, ispirate dall’emergenza della situazione; i risultati di quella volontà di resistere, di adattarsi alle circostanze, di essere appunto resilienti, vengono adesso messi a confronto in questa interessante collettiva dai molteplici linguaggi, che va dalla pittura astratta di Gianna Parisse ai pastelli dal sapore antico di Veronica Azzinari, dai ritratti manipolati di Flavio Orlando alla scultura tecnologica di Jacopo Truffa (stampa 3D in filo di mais). L’arte di per sé implica sempre il mettersi in gioco, in questi ultimi mesi ha richiesto uno sforzo ulteriore, e sono nate opere sperimentali, talvolta spiazzanti, ma da cui scaturisce sempre una potente forza comunicativa. Una mostra dai differenti linguaggi che racconta la vitalità dell’arte.
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