Matteo Attruia – Lotto
Matteo Attruia agisce nel solco dell’ossimoro, nella speculazione ontologica che si riveste di un’aurea sorprendentemente tranchant, attraverso cui la riflessione sul reale diviene parola, immagine, luce, ombra e traccia di istanze celate, anche dalla sua introversione.
Comunicato stampa
Nel gioco serio dell’arte la funzione del rapporto tra significato e significante delinea l’immagine del pensiero, il privilegio della designazione tangibile di quanto è legato a processi identificabili come la sintesi ideale della differenza o dell’uguaglianza ma anche del caos primigenio delle idee.
Matteo Attruia agisce nel solco dell’ossimoro, nella speculazione ontologica che si riveste di un’aurea sorprendentemente tranchant, attraverso cui la riflessione sul reale diviene parola, immagine, luce, ombra e traccia di istanze celate, anche dalla sua introversione. Leggere ed interpretare la sua ricerca, le sue opere, significa tradurre il non detto, quanto sosta ‘tra le righe’ invisibili di una tessitura che mostra all’osservatore un rebus, sarcasticamente provocatore, ironicamente reale, la cui valenza comunicativa, tuttavia, è in grado di insinuarsi nell’alveo di un coinvolgimento metaforico ex ante ed ex post l’atto epifanico.
LOTTO è il progetto che Matteo Attruia propone nell’originale osservatorio per l’arte contemporanea di Fourteen ArTellaro, nell’ambito della rassegna curata da Gino D’Ugo, l’emblematica OSARE PERDERE. Ecco, dunque, che l’artista dà avvio ad una prima diarchia legata al linguaggio: in quel simbolico titolo, LOTTO, v’è da scorgere un plurimo livello di riflessione. Il percorso da compiere, però, lo faremo a ritroso, poiché osare è il fil rouge di una trama ben più ampia, tale da abbracciare il lavoro e la ricerca dell’Attruia.
LOTTO si innesta in ciò che l’artista definisce “l’illusione temporale del desiderio di vincita” e sarà reso palpabile da un itinerario così determinato: durante i giorni della mostra, Matteo Attruia giocherà più volte a settimana al Superenalotto, scansionerà su carta semplice la schedina e la invierà in seguito a Fourteen. Tale scansione diverrà poi una stampa da plotter e sarà esposta ciclicamente, sostituendo o sovrapponendo la precedente, in una sorta di effetto domino in cui il ruolo della cancellazione e della ripetizione darà origine ad una inattesa quanto straniante speculazione, labile come la carta straccia: caos causale e casuale si rincorreranno in una vera lotta od elogio all’imperscrutabilità della scommessa come sdrammatizzazione della retorica stessa intrinseca al lottare.
LOTTO è certamente il gioco contraddistinto dalla fortuna, in cui coincidono, per brevissimi ed adrenalinici istanti, l’attesa, l’illusione della vittoria, il fallimento della perdita, il ripensamento di luoghi comuni come la “fortuna del vincere” che, al contrario, è solo probabilità e, come asserisce l’Attruia, “la fortuna sarebbe vincere senza giocare”. Di nuovo si inerpica lungo il sentiero dell’antitesi e nella pacatezza delle sue parole emerge la forza del suo pensiero, lucido ed ironico. In tale messaggio visivo ed intellettuale, un valore attoriale precipuo spetta ai numeri, elemento iconico, emblema caro alla ricerca dell’artista che, nello spazio di Fourteen, ‘vetrina chiusa dell’arte’, si traduce in una sorta di reliquia laicamente sacra custodita in un luogo inaccessibile se non ai sensi, alla percezione ed all’illusione emozionale.
LOTTO, però, significa anche Lottare, ciò che l’umanità, da sempre, ha assurto a proprio modus vivendi ed in cui costruisce la propria esistenza, il proprio rapporto con il quotidiano; così LOTTO, il gioco, in un confronto tra le due verità, si converte in qualcosa di altero, mutando in opera d’arte performativa, distinta in tre momenti: il primo, quello in cui Attruia tenta la sorte giocando, il secondo quello della metamorfosi della prima azione in oggetto ed elemento di nuova identità ed il terzo, in cui l’artista affida addirittura a terzi l’ultima costruzione performativa ed espositiva.
Dunque, per cosa lottiamo? Matteo Attruia cosa vuole dirci? Lui, inizierà a giocare e lo farà per un anno, conserverà tutte le schedine, come un apparato effimero dei casi della vita, delle coincidenze utopiche e, giocando con l’arte, oserà perdere e, lottando, vincerà. O forse no?
Azzurra Immediato