Cantieri di restauro e sopralluoghi virtuali: ipotesi per il futuro
Una sperimentazione effettuata nell’ambito della cantieristica di restauro nella Fase 2 del lockdown potrebbe divenire un utile strumento nel futuro. Portando lo smart working anche in un mondo fisico e concreto come quello del restauro. Il racconto della restauratrice Silvia Conti e di Fiona Colucci, architetto, funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bergamo e Brescia.
Un’esperienza di smart working messa a punto per snellire le procedure di gestione dei cantieri di restauro sottoposti a vincolo di tutela. Grazie alla disponibilità della funzionaria competente, con la quale è nata l’idea di questo articolo, abbiamo sperimentato l’utilizzo della più ovvia e diffusa tecnologia per smart working, una video chat invece del classico sopralluogo. Un video-sopralluogo potremmo definirlo. I non addetti ai lavori potrebbero trovare assolutamente ovvio, quasi banale questa sperimentazione. Ma quando si tratta di regolamenti ministeriali, vincoli di tutela e Soprintendenze nulla è ovvio. Basti pensare che passare dagli invii di progetti da “raccomandata AR” a PEC è stata una svolta epocale.
Tornando alla nostra sperimentazione dobbiamo pensare a quando è avvenuto lo sblocco dei cantieri di restauro a seguito della modifica del DPCM con specifico inserimento della categoria del restauro. Uno degli scogli che la cantieristica del restauro poteva e può tutt’ora incontrare è l’impossibilità dei funzionari delle Soprintendenze di effettuare i sopralluoghi di rito. Un dettaglio burocratico che può significare il rallentamento dei lavori se non il blocco completo. Infatti i sopralluoghi dei funzionari hanno, oltre alla funzione di controllo durante l’esecuzione dei lavori di un progetto approvato, l’ulteriore fine di dirimere dubbi ed effettuare scelte d’intervento per gli eventuali nuovi dettagli tecnici emersi durante le fasi di lavorazione. A quel punto, senza il parere o la scelta del funzionario per questo o quel particolare tecnico, come ad esempio conservare o rimuovere una testimonianza storica ma non artistica, il cantiere rischia il fermo.
Così abbiamo pensato di mostrare in diretta video alla funzionaria il cantiere, i dettagli, i punti di dubbio, le scelte che già avevamo proposto via mail ma che necessitavano di una verifica dal vivo e così via. Certo, l’esperienza video non potrà mai uguagliare l’oggetto di restauro analizzato dal vivo, ma dare qualche informazione che vada oltre il potere comunicativo delle immagini fotografiche, sì.
PAROLA ALLA FUNZIONARIA FIONA COLUCCI
Ecco il punto di vista della funzionaria che ha accettato di avvicinarsi a questa modalità di sopralluogo virtuale.
“La videoconferenza è strumento ormai molto utilizzato in diversi contesti. Personalmente mi sono sempre fatta scoraggiare dalle iniziali difficoltà tecniche, seppur minime, e dall’abitudine a incontrare le persone de visu. La strana e necessaria condizione di isolamento del lockdown ha portato il dipendente pubblico a lavorare da casa, tra videolezioni dei figli, tempi di attesa della panificazione e l’ansia di rispondere rapidamente a tutte le istanze e le richieste di enti e privati, al fine di non essere un motivo di rallentamento o di difficoltà in una situazione già complessa. Ha obbligato inoltre all’utilizzo della videoconferenza, mezzo già diffuso, ma ora indispensabile. Continuo a preferire, ove possibile, le email e il ‘vecchio’ telefono, anche per motivi di rapidità, ma riunioni con assembramenti virtuali sono senz’altro molto utili e, quando si potrà tornare a incontrare il pubblico nel salone della Soprintendenza, forse si potranno abbreviare i tempi di attesa e spostamenti più o meno lunghi, risolvendo virtualmente alcuni dei confronti richiesti e dedicando più tempo e presenza alle questioni maggiormente complesse. Dalla videoconferenza il passaggio al ‘videosopralluogo’ è stato quasi naturale. In effetti, trovo sia molto utile: consente di rispondere immediatamente alle esigenze del cantiere in attesa delle valutazioni su aspetti di natura diversa e ottimizza i tempi di lavoro del funzionario, evitando spostamenti e complicate operazioni di incastri tra mete differenti e distanti tra loro. I limiti del videosopralluogo, dal punto di vista del funzionario, sono la necessità di avere fiducia in chi ti porta in giro per il cantiere, che potrebbe scegliere cosa farti vedere e cosa no, e l’opportunità di una conoscenza pregressa del contesto in cui ci si muove virtualmente. Le decisioni da prendere, poi, devono essere relativamente semplici e, nel caso di un progetto complesso, il sopralluogo in presenza non è sostituibile. Mancano poi gli odori, la polvere del cantiere, la percezione delle superfici a calce o dei legni vecchi, il contesto urbano o naturale in cui il manufatto è inserito, la percezione dello spazio architettonico. E poi mancano i confronti e le conversazioni con i diversi attori in gioco, che spaziano dal dettaglio a temi differenti e consentono di imparare qualcosa in più in ogni esperienza vissuta in situ. In effetti, manca tutta la parte più bella del nostro mestiere, quella che non riguarda scartoffie e protocolli, una delle poche che forse è rimasta simile al lavoro dei vecchi ‘ispettori’”.
PRO E CONTRO DEI SOPRALLUOGHI VIRTUALI
Dal punto di vista di chi, come noi restauratori, vive l’esperienza del cantiere del bene tutelato ogni giorno, si tratta di un esperimento che forse meriterebbe di essere ampliato e adottato nella metodica costante dei cantieri sottoposti a vincolo di tutela. Infatti anche in tempi di mobilità “normale” i sopralluoghi dei funzionari non sono cosa facile e tanto meno frequente. Le Soprintendenze sono spesso sotto organico e prive di fondi, i funzionari hanno zone enormi, difficili da raggiungere. A ciò si aggiungano i tempi degli spostamenti che, secondo i regolamenti, sarebbero da eseguirsi rigorosamente con mezzi pubblici. Cosa che rende fattibili i sopralluoghi in città ma molto complessi nella moltitudine di comuni ricchi di beni culturali delle immense provincie italiane.
Certamente la questione pone vari aspetti e punti di vista e potrebbe anche suscitare opinioni contrastanti. Non stupirebbe infatti che qualcuno possa ritenere “comoda” una lontananza della Soprintendenza, così da poter giustificare con maggiore agilità scelte non propriamente in linea con la legislazione di tutela o la presenza di personale non qualificato nei cantieri. Dal punto di vista dei restauratori, l’idea di costruire un intervento di restauro realmente condiviso con il funzionario è un miraggio e far sì che il fine comune di tutela del patrimonio storico divenga univoco un sogno.
Questa modalità potrebbe infine avere possibilità di ampliamento e sviluppo in varie direzioni tutte da indagare e ideare.
‒ Silvia Conti e Fiona Colucci
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