Dopo i lupi di Ruowang, le mani di Quinn. Gli Uffizi scivolano sull’arte contemporanea
Ancora non ci siamo: dopo l’installazione con i lupi di Liu Ruowang, la città di Firenze presenta al Giardino di Boboli l’installazione di Lorenzo Quinn donata a Pietrasanta. Ma un curatore no?
Una volta è un errore, la seconda è una scelta… Sicuramente non è una estate facile, questa del 2020 post Covid-19, per le città d’arte italiane: pochi turisti stranieri e tanti italiani che scelgono mete fresche e poco cittadine. Certamente però il direttore degli Uffizi di Firenze, Eike Schmidt, ha trovato diversi modi per far parlare stampa e grande pubblico di sé e dell’istituzione che dirige. A volte anche con mosse furbe, come la ormai arcinota foto a Chiara Ferragni dinanzi alla Venere di Botticelli. Ma quando si tratta di arte contemporanea, siamo lontani da uno standard accettabile.
ARTE CONTEMPORANEA A FIRENZE: I LUPI DI LIU RUOWANG
Lo scorso luglio 2020 i fiorentini vedevano i lupi di Liu Ruowang– installazione proveniente da Piazza Plebiscito a Napoli – comparire in Piazza Pitti e Piazza Santissima Annunziata a Firenze, in un’operazione congiunta tra i due comuni e gestita da Uffizi, Comune e dal gallerista Matteo Lorenzelli. Immancabile lo scatto che vedeva il direttore e i sindaci Nardella e De Magistris divertiti come bambini a cavalcioni sulle sculture. Come se fosse questo il modo di presentare un progetto d’arte presentato come qualcosa di profondo valore sociale. Un’iniziativa che aveva fatto riflettere gli operatori culturali e anche il nostro giornale sulla lunga e articolata storia d’amore tra Firenze e l’arte contemporanea, con un palmares di interventi realizzati da artisti del calibro di Jeff Koons, Urs Fisher, Ai Weiwei e, recentemente, Tomàs Saraceno e che al momento ospita ad esempio al Museo Novecento una antologica dedicata ad Allan Kaprow. Se il livello era quello di ospitare i più grandi artisti del mondo, cosa c’entrava il modesto Liu Ruowang?
ARTE CONTEMPORANEA A FIRENZE: LORENZO QUINN
Dopo Liu Ruowang però si va perfino oltre e oggi tocca a Lorenzo Quinn. Ve lo ricordate? Quello delle Manone sulla città, per citare un titolo del nostro giornale di qualche tempo fa quando in un articolo spiegavamo perché era totalmente inadatto alla Biennale di Venezia. Rampollo dell’attore Anthony Quinn, Lorenzo sarà dal 4 agosto protagonista, con le sue immancabili mani bianche, che stavolta reggono un ulivo in segno di offerta e di pace (una metafora sofisticata), al Giardino di Boboli. L’opera Give è un dono alla città di Pietrasanta, in mostra a Firenze. Ancora una volta una partnership tra città sotto l’egida dell’arte contemporanea. Padrino dell’operazione? Eike Schmidt.
MA UN CURATORE NO?
Ora è comprensibile e sacrosanto che un Museo come gli Uffizi (non è né il primo né l’ultimo nel mondo, si veda ad esempio il caso del Metropolitan di New York) senta il bisogno di rinnovare quotidianamente il proprio programma intersecando la magnifica offerta della collezione tradizionale con l’arte contemporanea, ma è questo il modo di procedere? Non sarebbe meglio strutturare la cosa e affidare l’incarico di una programmazione organica e scientifica ad un curatore competente in grado di attirare all’istituzione una rosa di artisti degna di uno dei musei più importanti del mondo e di una delle città più importanti del mondo? Anche nel rispetto della storia recente che ha visto Firenze negli scorsi anni diventare per il contemporaneo una delle piazze più vivaci in Italia (curioso peraltro come i polemisti di professione, pronti a far barricate per un prestito di un quadro, non intervengano mai quando si tratta di condannare iniziative di cattivo gusto mentre si armano di fucile ed elmetto quando c’è da infangare qualche realizzazione firmata da artisti di valore mondiale. Ogni riferimento a Tomaso Montanari è puramente non casuale). Insomma delle due l’una: o Eike Schmidt odia l’arte contemporanea e per sottolinearlo ne ospita solo esempi mediocri (ma così facendo squalifica il museo che dirige inanellando danni di immagine), oppure Eike Schmidt ama l’arte contemporanea e vuole incorporarla sempre di più nel museo, ma allora ha bisogno dell’aiuto di uno specialista per non perseverare negli errori e negli orrori.
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