Apre a Napoli un nuovo museo sotterraneo dedicato all’acqua nella Basilica di Pietrasanta
Permetterà di visitare le due grandi cisterne sotterranee raccontandone la storia. Un progetto in collaborazione con il museo archeologico, l’osservatorio astronomico e tante altre importanti realtà locali.
Conoscere Napoli a partire dal suo substrato: è l’intento del Polo Culturale della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, sito Unesco della città, che racchiude una stratificazione di circa 2000 anni di storia partenopea. La Basilica, infatti, risale al V secolo dopo Cristo: fu fatta edificare sui resti del tempio di Diana e di una domus romana nel 525 dal Vescovo Pomponio e oggi è tra le quattro più antiche di Napoli e la più alta, con una cupola di 55 metri. Accanto al Lapis Museum già funzionante, che si occupa della valorizzazione e della promozione di cripta, ipogeo e cunicoli sottostanti, è in preparazione un nuovo percorso legato all’importanza dell’acqua, che dovrebbe essere ultimato per ottobre 2020: si chiamerà Museo sotterraneo dell’acqua e nascerà sotto il segno della collaborazione di musei e enti locali: Abc (Acqua bene comune, società del Comune di Napoli che gestisce il servizio idrico), il MANN (Museo archeologico nazionale di Napoli), l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, l’Osservatorio Vesuviano e Pietrasanta Onlus, che ha investito 1.500.000 euro nel progetto di riqualificazione. “Abbiamo bisogno di fare un museo dell’acqua perché il tema deve essere compreso molto bene, soprattutto dalle nuove generazioni”, sono le parole del commissario Abc Sergio D’Angelo, riportare da Il Mattino. “L’acqua è una risorsa straordinaria, ha una storia che deve essere raccontata e documentata. E si preserva meglio come bene comunque se si può spiegare in tutta la sua bellezza”.
IL MUSEO DELL’ACQUA DELLA BASILICA DI PIETRASANTA A NAPOLI
L’attrazione principale del nuovo progetto saranno le due grandi cisterne, una della capacità di 150 metri cubi e l’altra, la più ampia, larga 10 metri, lunga oltre 20, profonda più di cinque e con una capacità di 400 metri cubi di acqua, chiamata la Piscina del Principe poiché sorge esattamente sotto il palazzo del principe Gaetano Filangieri d’Arianello. Non mancherà l’apparato multimediale e interattivo, con pannelli, infografiche e installazioni per spiegare la storia dell’acquedotto, ruscelli a vista, una illuminazione suggestiva, giochi di luce e suoni che emergono dall’acqua. Si potranno visitare anche le gallerie di tufo, che servirono per proteggere la popolazione dai raid aerei durante la Seconda Guerra Mondiale; nel 2021, invece, avverrà la collaborazione tra Pietrasanta e l’Osservatorio Astronomico per realizzare la prima “galleria astronomica del sottosuolo” attraverso le cavità sotterranee, con passeggiate virtuali nello spazio. Il museo sarà accessibile a tutti grazie a un ascensore interamente in vetro finanziato da Regione Campania, che condurrà a -35 metri sotto la Basilica. Il progetto è firmato dall’architetto Maria Rosaria Salzano, che per un decennio ha si è occupata di far coincidere gli interventi strutturali con le autorizzazioni della Soprintendenza.
IL MUSEO DELL’ACQUA A NAPOLI: LE PAROLE DEL IL PRESIDENTE
“Non si può pensare di conoscere Napoli ‘di sopra’ se non se ne conosce la parte sotterranea”, ci dice Lello Iovine, Presidente di Pietrasanta Onlus, raggiunto da Artribune. E prosegue, spiegandoci il modello di sostenibilità che sta dietro a questo grande complesso culturale, lo stesso che potrebbe essere applicato a gran parte del patrimonio italiano. “Pietrasanta è sostenuta da privati cittadini che con capitali propri hanno messo in piedi una fabbrica della cultura. Un progetto di investimento totalmente privato. La grande sfida è quella di dimostrare che l’investimento nei beni culturali è produttivo e non è accessibile solo ai mecenati, ma a chiunque sia interessato a dar vita a un modello sostenibile e anche replicabile altrove. Ce n’è bisogno soprattutto in una città come Napoli, con tanti monumenti abbandonati. Investire in cultura non vuol dire realizzare profitti ma valori, che siano identitari, economici, di memoria collettiva… vuol dire creare posti di lavoro, indotto e flussi di visitatori. Bisognerebbe riscrivere le regole di tra pubblico e privato: il primo deve investire il secondo di un rapporto di fiducia e lasciarlo lavorare, mentre il privato deve sapersi muovere con talento nel perimetro delle regole prestabilite. È quello che stiamo facendo noi, che all’interno di questo spazio produciamo eventi, convegni, mostre, facciamo marketing ma manteniamo un ottimo rapporto con la Soprintendenza, che ci ha autorizzato a strutturare ed espandere questo luogo culturale di origini antichissime”.
– Giulia Ronchi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati