Narcisa Monni – Insieme a te non ci sto più
La Fondazione Stazione dell’Arte di Ulassai è lieta di presentare la mostra “Insieme a te non ci sto più” di Narcisa Monni nel museo dedicato a Maria Lai.
Comunicato stampa
Il distanziamento sociale tradotto con il linguaggio dell’arte: la pandemia sta influenzando il processo creativo di pittori, scultori e musicisti, e il risultato è nelle opere che oggi raccontano il periodo del cosiddetto lockdown. È questo il filo conduttore di “Insieme a te non ci sto più”, mostra inedita di Narcisa Monni, visitabile dal 13 agosto negli spazi museali della Stazione dell’Arte di Ulassai.
La rassegna, curata dal direttore Davide Mariani, con il supporto del Comune di Ulassai, della Fondazione di Sardegna e della Regione Autonoma della Sardegna, si compone di oltre quaranta opere inedite realizzate dall’artista negli ultimi mesi ed esposte per la prima volta al pubblico.
La Stazione dell’Arte, museo-laboratorio. L'emergenza sanitaria legata al COVID-19 ha imposto una riorganizzazione tanto delle modalità di fruizione dell'arte quando della programmazione del museo. In linea con quanto proposto dalle altre istituzioni nazionali e non, anche la Stazione dell'Arte vuole dare il suo contributo alla riflessione di quanto accaduto e di quanto tutt'ora sta accadendo. “La mostra di Narcisa Monni – afferma il direttore del Museo, Davide Mariani – è un fuori programma, e questo perché le opere in mostra fino a tre mesi fa non esistevano e forse non sarebbero neanche mai esistite. Abbiamo scelto di dare spazio a questa serie di opere perché crediamo fortemente che i musei abbiano il compito di intercettare le espressioni contemporanee più significative e proporle al pubblico. Siamo nel pieno di una frana e, ancora una volta, per citare Maria Lai, l'arte può suggerire una direzione, una via da seguire per la salvezza, come quel nastro celeste che legò le case alla montagna per chiederle pace”.
“Le opere di Narcisa Monni, in questi mesi, hanno vissuto in una dimensione virtuale perché diffuse sui social – prosegue Mariani – ora crediamo sia arrivato il momento di consentire ai visitatori di apprezzarle per la prima volta dal vivo in un museo e di stimolare nuovi dialoghi e nuove riflessioni su un periodo così denso di incertezze e di inquietudini”.
Dal buio del confinamento, la mostra di Monni. Dopo il progetto Cuore Mio di Marcello Maloberti, realizzato l’anno scorso in occasione del centenario della nascita dell’artista, in concomitanza con la retrospettiva Tenendo per mano il sole al MAXXI di Roma, e dopo il riallestimento della collezione permanente “Fame d’infinito”, la Stazione dell’Arte dedica ora una mostra personale alla produzione recente di Narcisa Monni, classe 1981, percorso formativo maturato all’Accademia di Belle Arti “M. Sironi” di Sassari, dove oggi insegna Pittura.
L’artista, durante i due mesi di isolamento dovuto alla pandemia, ha dato vita a una nuova serie di opere di grande intensità, che restituisce uno spaccato privato di uno dei momenti più bui della storia contemporanea, una delle tante frane che minacciano il mondo, come direbbe Maria Lai.
“Durante la quarantena – ha dichiarato di recente Monni – ero molto spaventata. Ho fatto l’unica cosa che potevo fare per non impazzire. Alla fine, ci ho preso la mano e in due mesi ho realizzato ottantacinque carte, non facevo praticamente altro. Alla fine, un’esperienza bellissima”.
Insieme a te non ci sto più. Il celebre classico della musica leggera italiana, portato al successo negli anni Settanta da Caterina Caselli, appare oggi come l’espressione emblematica tanto della condizione di isolamento forzato che miliardi di persone si sono trovate a sperimentare per la prima volta, quanto delle perdite umane che il nuovo coronavirus ha causato nel mondo.
Perdita e abbandono costituiscono la chiave interpretativa per entrare in relazione con i nuovi lavori di Narcisa Monni. L’artista propone la sua intima riflessione maturata durante la quarantena trascorsa interamente a Ittiri, nella sua casa d’infanzia. È qui che si è trasferita lo scorso marzo, in compagnia della madre e circondata dai ricordi di una vita, alcuni felici e spensierati, altri più tristi e malinconici.
In quell’ambiente domestico, così raccolto e apparentemente lontano dal caos della città, Monni ha sperimentato una dimensione espressiva inedita, un equilibrio precario ma comunque duraturo, che l’ha portata a realizzare nel complesso oltre un centinaio di nuove opere su carta che compongono la serie “In tempo di guerra”.
Il ‘diario del lockdown’. Come un soldato in trincea, l’artista, barricata in casa, ha voluto dare la sua personale visione di questo periodo, attraverso una produzione giornaliera avviata in seguito alla riscoperta di vecchie tempere “Giotto”, rimaste lì dai tempi del Liceo, e di alcune riviste di “costume e società”, altrettanto datate.
Iniziate come un divertissement e postate quotidianamente sui social, le opere ben presto hanno iniziato a prendere autonomia espressiva, dal punto di vista formale e concettuale. Le immagini pubblicate sulle pagine di famosi rotocalchi sono state selezionate e inglobate all’interno dei lavori in nome di un’operazione di appropriazione pittorica messa in atto da Monni con l’obiettivo di rendere individuale un immaginario collettivo.
“È in questo momento – osserva Davide Mariani, direttore del museo – che si compie quel passaggio di restituzione dell’opera al pubblico e di chiusura dell’atto creativo: quell’immagine rubata è ora riconsegnata modificata, nella forma e nel contenuto, e racconta una storia tra le tante di questo tempo, una storia forse immaginata ma proprio per questo indispensabile alla realtà quotidiana, alle nostre frequentazioni, alle nostre delusioni, alle nostre angosce e ai nostri dolori, perché in fondo – per citare le parole dell’artista interrogata sul reale motivo che l’ha spinta a dare vita a queste opere – ‘ognuno si salva come può’”.
Narcisa Monni (Alghero, 1981), vive e lavora a Sassari.
Dopo essersi diplomata nel 2000 in grafica pubblicitaria e fotografia presso l’Istituto d’Arte di Sassari, prosegue i suoi studi all’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, dove ottiene il diploma in Pittura e si specializza successivamente presso la Facoltà di Architettura di Alghero in Interaction Design. Attualmente è docente di Pittura e Progettazione per la Pittura presso l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari.
MOSTRE PRINCIPALI
Personali
2018 One Shot, Palazzo Ducale, Sassari; Wildface, a cura di Museo Nivola Orani, Mamoiada (NU); 2016 House for sale, Monni/Ligios, Cantine Surrau, Porto Cervo (SS); 2014 Trama familiare, MURATS Museo dell'Arte Tessile, Samugheo; 2013 Instabile, Piscinacomunale, Milano; 2012 Savage Humans, LEM, Sassari; 2006 Worter e besistz, Studio Stefania Miscetti, Roma; Forme dell’immateriale, Studio Morbiducci, Roma.
Collettive
2020 Back_Up, Museo Nivola, Orani; 2017 Stato di Grazia, Palazzo Consiglio Regionale della Sardegna, Cagliari; 2015 Ditroit, Piscinacomunale, Milano; Color Signal, Paggeriarte - Sassuolo; 2014 Deep, Circolo Quadro, Milano; 2013 Geografie della memoria, Cittadella dei Musei, Cagliari; Me, Myself and I, Marche Centro d'Arte - San Benedetto del Tronto; 2011 Lo Stato dell'Arte, Padiglione Accademie - Biennale d’Arte, Venezia; Sweet Sheet, Zelle Arte contemporanea, Palermo; 2010 A Better Tomorrow, Studio Stefania Miscetti, Roma; 2008 Nerve, Hyunnart Studio, Roma; 2007 Zebra Crossing, Facolta di Lettere e Filosofia, Sassari; 2006 II gioco è fatto, Villa Rufolo, Ravello; 2005 Riflessi, Palazzo della Corgna, Citta della Pieve.
LA STAZIONE DELL’ARTE. La Stazione dell’Arte di Ulassai, nel cuore dell’Ogliastra, in Sardegna, è un museo d’arte contemporanea dedicato a Maria Lai (1919 – 2013). Istituito nel 2006 dall’artista, attraverso una donazione di oltre centoquaranta opere al Comune di Ulassai, il museo, gestito dalla Fondazione Stazione dell’Arte, di cui Maria Lai è stata Presidente onorario a vita, custodisce la più importante e completa collezione pubblica della sua opera e organizza una programmazione espositiva legata ad alcune tematiche per lei centrali, come il rapporto fra arte, comunità e paesaggio.