“Il pittore dipinge immagini, non scrive la storia”, disse un giorno Rabinadranath Tagore (Calcutta, 1861-1941). Anni dopo, il poliedrico artista decise di prendere il pennello in mano e la storia indiana, quella dell’arte almeno, cambiò eccome.
Vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1913, Tagore si dedica alla pittura a partire dagli Anni Trenta. Un repertorio di acquerelli, pastelli e inchiostri che spaziano tra soggetti e tematiche varie. Buona dose del suo ultimo raccolto (The Last Harvest è il titolo della mostra) è oggi a Roma, parte di un programma di eventi organizzati dal Governo dell’India per celebrare il 150esimo anniversario della nascita del poeta.
Per Tagore, che i segni delineati siano parole o figure poco importa. Nei dipinti l’artista traspone il pensiero già espresso in versi. L’abbandono del piano materiale verso una più elevata consapevolezza spirituale non è mai completo. L’amore, mistico quanto carnale, permea la totale vita dell’uomo, permettendo la fusione tra divino e terreno. Difficile dunque dire se le sinuose figure femminili rappresentate siano donne o dee. Spesso i volti ritratti sono solo ombre d’inchiostro, dove la fisionomia si perde senza però intaccare un’aura che trascende la corporeità di un foglio di carta. Altrove, l’uomo lascia il posto a un bestiario a tratti fantasioso, fissato in immagini semi-oniriche.
Specie nei paesaggi, i colori cupi, distesi uniformemente, acquistano luminosità su sfondi dalle tonalità più accese. L’arbitrarietà di questi, unitamente alle agili linee che definiscono i contorni decisi, rimandano inevitabilmente all’Espressionismo europeo con cui Tagore era venuto a contatto durante un lungo viaggio nel Vecchio Continente. Qui, come anche in Russia e negli Stati Uniti, la sua pittura riscontrerà il successo negatogli all’esordio in patria.
Devoto alle tradizioni della sua terra, ma eversivo innovatore, Rabindranath Tagore non è stato sempre capito. Rispetto allo stile pittorico allora in voga che, in linea con le mire indipendentistiche del Paese, esprimeva le qualità dell’India contro il materialismo occidentale, nell’opera di Tagore i temi della dottrina orientale si mescolano con le suggestioni della cultura dell’ovest.
L’auspicio di riconciliare l’umano con l’universale supera ogni limite storico, politico ed etnico. È questa la rivoluzione di Tagore, precorritrice in fondo dell’attuale processo di transculturalizzazione che caratterizza l’andamento dell’arte indiana contemporanea.
Stella Kasian
Roma // fino al 27 maggio 2012
Rabindranath Tagore – The Last Harvest
GNAM – GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA
Via delle Belle Arti 131
06 32298221
[email protected]
www.gnam.beniculturali.it
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