Venezia 77: Padrenostro, il film di Claudio Noce sulla paura della morte
Da un fatto privato che riguarda il regista Claudio Noce, un film sulla paura della morte. Padrenostro, in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, arriva in sala il 24 settembre con Vision Distribution.
A mio padre e alla mia famiglia. Con questa dedica si conclude il film di Claudio Noce in concorso a Venezia77. Padrenostro è un film che ci riporta alla primavera del 1976, in una Roma, in un’Italia, preda del terrorismo. In questo contesto si svolge una storia familiare. Protagonista è un bambino biondo dagli occhi azzurri che assiste a un attentato sotto casa in cui è coinvolto il padre. La paura che deriva da quella vicenda coinvolge tutti gli altri componenti, ma lui in primis e per sempre. Dolore, incomprensione, silenzio, sono spezzati nella quotidianità del piccolo Valerio dall’arrivo improvviso di un ragazzo poco più grande, Christian. Trasandato, senza dimora, figlio del vento. Un ragazzo che in buona parte del film sembra essere irreale, come appartenere a un sogno. Christian però è un incontro reale che va oltre gli schieramenti, oltre le divisioni, oltre il giusto e sbagliato. Un incontro che sa di appartenenza e complicità inconscia. Padrenostro, che arriva in sala dal 24 settembre con Vision Distribution, è un film personale dalla doppia valenza: da un lato c’è il rapporto indissolubile che lega padre e figlio, dall’altro l’amicizia come luogo neutrale dell’anima.
DA UNA STORIA VERA
Chi è Claudio Noce? Non è solo un regista eccellente, forse anche un po’ visionario. È anche Valerio, il bambino protagonista di Padrenostro. Il film nasce dalla sua storia personale, come fosse una sorta di scommessa con se stesso nel raccontare qualcosa di se che da vicino o lontano, e in forme diverse, tocca tutti. Pierfrancesco Favino interpreta il padre di Valerio, il Prefetto Alfonso Le Rose, originario di Riace. E i luoghi della Calabria, dell’adolescenza di questi, hanno un ruolo importante nella vicenda. La casa paterna è il rifugio, dove provare a ritrovare la pace, la serenità, l’intimità familiare dopo il tragico evento. Ma è anche la tradizione, dove la paura non esiste e il calore umano mette la quiete sopra ogni cosa. Dietro questa storia così personale c’è il terrorismo rosso dell’Italia degli anni ‘70. Con precisione, c’è la storia del vicequestore Alfonso Noce e dell’attentato che lo riguarda. È il 14 dicembre 1976, quando i Nuclei Armati Proletari decidono di uccidere il vicequestore responsabile della sezione antiterrorismo di Lazio e Abruzzo. L’attentato provoca il ferimento alle gambe di Noce, l’uccisione di uno dei due poliziotti della scorta, Prisco Palumbo, e di un terrorista, Martino Zichitella, colpito per errore. Una volta rintracciati, i membri del Nap ebbero due condanne all’ergastolo. L’attentato nel film di Claudio Noce è però solo l’antefatto.
L’ARMA DELL’INNOCENZA
Il centro del film riguarda l’incontro tra Valerio e Christian. Due ragazzi che si trovano in un momento difficile e che attraverso il gioco, la scoperta, trovano l’uno nell’altro unione ma anche un po’ di invidia. Il rapporto tra i due è avvolto da un’aura particolare, quasi magica quasi misteriosa. Da quella primavera del 1976 le loro vite cambieranno per sempre ma l’innocenza e la purezza della loro età sarà una salvezza, seppur con una cicatrice profonda nell’anima. Padrenostro è storia, è famiglia, è amicizia, è dolore, è paura, è gioia. Padrenostro è anche poesia. In una scena molto bella, il piccolo Valerio afferra la cinepresa come fosse una pistola e “spara” filmando un momento di allegria tra amici di famiglia, un momento di festa successivo al ritorno del padre a casa. Un omaggio che Claudio Noce fa al cinema, alla sua storia e alla propria sensibilità da regista?
–Margherita Bordino
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