Zurich Art Weekend. Quando l’arte sfida la pandemia
Mentre sull’agenda internazionale le storiche rassegne del mondo dell’arte vengono continuamente depennate, a Zurigo si è appena conclusa la terza edizione dello Zurich Art Weekend, evento che in questo 2020 ha sfidato non solo i confini delle arti visive, ma anche, e soprattutto, quelli di uno storico momento di crisi globale. E ci è riuscito, in grande stile!
Giunta al suo terzo anno, lo Zurich Art Weekend ha potuto contare su un programma davvero eccezionale: collezionisti, curatori, artisti, e amanti dell’arte sono stati invitati a una tre giorni di iniziative. Tantissime le partecipazioni: più di cinquanta le collaborazioni tra istituzioni pubbliche, private e off-space che hanno offerto tour guidati, performance, incontri con gli artisti e tavoli di discussione in una cornice urbana in aperto dialogo con la rassegna.
Abbiamo chiesto a Caroline Runnger, General Project Manager dell’evento, quali sono state le sfide affrontate per portare a temine questa edizione speciale. “In questo particolare momento storico lo Zurich Art Weekend ha dovuto ripensare a quale fosse la sua core mission e la direzione del suo sviluppo. Quest’anno, più degli altri, abbiamo voluto rafforzare il dialogo interdisciplinare e interculturale; abbiamo ripensato allo ZAW come a una piattaforma a disposizione della collettività che potesse, attraverso diversi format, animare un dibattito creativo in maniera condivisa, inclusiva e democratica. I progetti online però non hanno voluto essere una mera replica o sostituzione della realtà, quanto piuttosto un momento parallelo e di arricchimento degli eventi on-site. La missione è rimasta fedele alla primitiva identità della ZAW, quella di rappresentare l’altissima qualità e varietà dell’offerta culturale e artistica della città di Zurigo. Quest’anno è stata un’occasione speciale, un grande banco di prova in cui riaffermare con consapevolezza identità e missioni del mondo dell’arte”.
DA ZURIGO A PECHINO
L’edizione appena conclusa dello ZAW è stata caratterizzata anche da una forte internazionalizzazione del dialogo artistico attraverso la collaborazione con la Gallery Weekend Beijing, progetto che Caroline commenta così: “La collaborazione con Pechino è iniziata nel 2019 attraverso l’organizzazione di mostre, di conferenze e viaggi culturali in entrambe le città, cosa che si sarebbe dovuta replicare anche quest’anno, ma che a causa della crisi sanitaria ha dovuto reinventarsi in differenti modalità. Dopo la nostra partecipazione a maggio agli online talk di Pechino, la cooperazione continuerà anche nei prossimi mesi attraverso il lancio di un nuovo progetto chiamato ‘Knowledge Swap’, una serie di brevi video da un minuto presentati su entrambe le piattaforme di GWBJ e ZAW. L’idea è quella di costruire uno scambio culturale e un progetto di conoscenza bilaterale delle due scene artistiche di Pechino e Zurigo, creando dei canali privilegiati”.
I TEMI DELLO ZURICH ART WEEKEND
Con una rassegna frizzante e ricca di contenuti non convenzionali, lo Zurich Art Weekend ha saputo riportare sotto i riflettori importanti temi della contemporaneità pur senza dimenticare lo speciale momento storico che stiamo vivendo. Summer of SusPence è un esperimento nato dopo il lockdown per rielaborare i significati di questa nuova era e trovare forme alternative dello stare assieme. Quarantatré artisti locali hanno sviluppato una mostra collettiva in una narrazione paratattica. Per un periodo di sette settimane, ogni tre giorni, due artisti hanno aggiunto le loro opere negli spazi espositivi della Kunsthalle in forma di performance, installazioni e presentazioni conviviali. Tutti i lavori sono rimasti esposti fino al temine dello ZAW, dando vita a un momento di condivisione sui nuovi significati di sospensione vissuti durante questo 2020.
Luma Westbau ha, invece, ospitato un ricco programma di talk, da sempre parte integrante e fondamentale della rassegna, invitando al confronto diversi attori del mondo intellettuale, scientifico, artistico e politico. Le discussioni sorte si sono trasformate in potenti strumenti di conoscenza che hanno superato i confini fisici dell’evento, dialogando con il mondo intero grazie alle dirette consultabili tutt’ora sul sito dello ZAW.
LE ISTITUZIONI ARTISTICHE
Venendo a nomi, numeri e partecipazioni, lo ZAW ha visto l’intervento di ben dieci autorevoli istituzioni artistiche della città: Cabaret Voltaire, Helmhaus, Kunsthalle Zürich, Kunsthaus Zürich, Luma Westbau, Migros Museum, Museum Haus Konstruktiv, Rietberg Museum, Shedhalle e Strauhof, hanno aperto le porte dei loro spazi espositivi a un nutrito pubblico di addetti e amanti delle arti visive. Tra le diverse proposte, spiccano i due progetti del Museum Haus Konstruktiv. I colori, i contrasti e le geometrie di The Proliferation of the Sun conquistano il pubblico dei selfie posizionando i lavori di Otto Piene sul podio delle opere più “instagrammate” della rassegna; il museo mette d’accordo critica e appassionati anche con la sua seconda proposta: Lost under the Surface accoglie i visitatori con le installazioni di luce infinita di Brigitte Kowanz nell’indefinita fluidità dei confini tra realtà e percezione.
Sicuramente in linea con l’autorità dell’istituzione è la proposta del Kunsthaus, che con grande intelligenza e un pizzico di audacia riesce a far dialogare due mostre apparentemente molto distanti tra loro. Al primo piano Smoke and Mirrors. The Roaring Twenties ripercorre le indelebili pagine della storia dell’Arte degli anni Venti in una narrazione coerente, interattiva e ricca dei grandi nomi che hanno cambiato le arti visive agli inizi del secolo scorso. Al piano terra l’artista contemporaneo Kader Attia denuncia, con la sua Remebering the Future, l’eredità culturale lasciata dal passato di un’Europa colonialista. Il geniale momento di contatto tra le due mostre avviene con una videoinstallazione dell’artista che interrompe lo scorrere tradizionale della mostra al primo piano, portando all’attenzione del pubblico parallelismi inquietanti tra i volti devastati dei reduci del primo conflitto mondiale e le maschere della tradizione africana.
E se la Kunstahaus crea un dialogo temporale tra la contemporaneità e gli Anni Venti, ecco che il Rietberg Museum mette in comunicazione una ricchissima collezione di antichità orientali e africane e inaugura per l’occasione Longing for Nature, con cui propone una lettura inedita, lunga cinque secoli, sulla tradizione cinese della pittura paesaggista.
LE GALLERIE DI ZURIGO
Ventiquattro sono le gallerie che hanno preso parte attiva alla manifestazione regalando un caleidoscopico ventaglio di proposte: Annex14, Barbara Seiler Galerie, Edition V, Fabian & Claude Walter Galerie, Galeria Kogan Amaro, Galerie Bernhard, Galerie Eva Presenhuber, Galerie Fabian Lang, Galerie Francesca Pia, Galerie Gmurzynska, Galerie Gregor Staiger, Galerie Peter Kilchmann, Galerie Philippzollinger, Galerie Gregor Staiger, Grieder Contemporary, Hauser & Wirth, Häusler Contemporary, Karma International, Lange + Pult, Lévy Gorvy With Rumbler, Lullin + Ferrari, Mai 36 Galerie, Sommer Contemporary Art e Tobias Mueller Modern Art.
A suscitare grande curiosità sono le grandi installazioni di Marcia Pastore ospitate dalla galleria Kogan Amaro. Il privilegio di poter scambiare due chiacchiere con l’artista durante il vernissage permette al pubblico presente di instaurare una connessione diretta con le opere. La scelta del titolo latino Ut machina corpus per la sua esposizione è dettata dalla volontà di arrivare a un maggior numero di persone, di trovare un archetipo linguistico che possa comunicare con potenza le sue opere, vere e proprie macchine che trasformano lo spazio espositivo in una indiscernibile esperienza architettonica.
L’artista Ugo Rondinone invade lo spazio della Galerie Eva Presenhuber con monoliti di bronzo dai colori sgargianti. Nuns + Monks ha portato il pubblico a percorrere un cammino dialettico tra il sé e il mondo naturale. Barbara Seiler Galerie crea un percorso esperienziale sul colore nero: Subject sitting in darkened room restituisce in forma narrativa i risultati di uno studio fisico, chimico e simbolico sul colore nero realizzato da quindici artisti diversi.
Tra le proposte, spuntano inconfondibili le opere di Rita Akermann ospitate da Hauser & Wirth, mentre colpiscono critica e pubblico le fotografie di Paul Mpagi Sepuya e di John Coplans presentate dalla Galleria Peter Kilchmann: nudi maschili in pose plastiche che sfidano la bidimensionalità della fotografia per entrare nella terza dimensione della scultura; giochi di sguardi e di obiettivi fotografici che affrontano e spaesano il visitatore; corpi maschili morbidi e meno giovani che rimembrano pose classiche della storia dell’arte sono le scelte non convenzionali perseguite dalla galleria.
La scena delle performance è conquistata, invece, dal direttore creativo Shayne Oliver che debutta con il suo primo progetto Anonymous Club ‒ The Glass Ceiling, presentato alla Luma Westbau. “La gentrificazione non lascia spazio fisico per l’esistenza o la residenza di idee nuove e influenti. Quindi Hood By Air e Anonymous Club saranno un luogo in cui queste idee avranno una casa“, dichiara lo stesso direttore creativo.
L’IMPORTANZA DELLA COLLABORAZIONE DURANTE LA PANDEMIA
A chiusura di questa rara parentesi artistica, lasciamo a Caroline le battute finali sulla rassegna, parole che esprimono una ritrovata fiducia nelle infinite soluzioni del mondo delle arti visive: “La speciale situazione ha sicuramente chiesto un grande spirito di adattamento e collaborazione, ma è stata l’occasione per grandi brainstorming creativi che ci hanno permesso di trovare soluzioni originali e accessibili al più ampio pubblico internazionale. Siamo orgogliosi e felici di essere riusciti a mantenere e riaffermare la vera essenza dello ZAW, che rimane lo scambio e l’incontro tra persone. Essendo stato uno dei pochissimi eventi in Europa a prendere forma fisica, la forza dello scambio interpersonale e creativo si è manifestata con un’energia ancora maggiore”.
‒ Giorgia Cestaro
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