Lawrence Weiner: le parole sono opere. L’intervista
Si è svolta in questa strana estate 2020 l’azione di arte pubblica nei cieli di Ladispoli e Anzio promossa e curata dal Macro di Roma. Abbiamo intervistato l’autore Lawrence Weiner e le sue risposte sono un’opera d’arte
Nell’agosto 2020 piccoli aeroplani da turismo hanno portato le parole di Lawrence Weiner su, su nel torrido cielo del litorale laziale, da Ladispoli ad Anzio. Da un progetto editoriale del 1970 prodotto dalla galleria Sperone e realizzato dall’artista in collaborazione con Germano Celant, nasce la prima personale curata da Luca Lo Pinto nella veste di neo-direttore artistico del MACRO di Roma. L’artista ha acconsentito a una intervista esclusiva per Artribune e da geniale sperimentatore della parola, alla complessità delle domande ha replicato con poche semplici frasi. Così profonde e necessarie da restare “intoccate”. Quella che segue è l’esatta riproduzione del file di testo inviato dall’artista. Perchè le parole di Lawrence Weiner sono opere. La documentazione del progetto sarà presentata anche tramite un libro e un breve documentario di prossima uscita.
Vuole raccontarci del progetto TRACCE / TRACES, della difficoltà iniziale di dare la giusta dignità a un’arte fatta solo di parole, e di quanto sia stato importante incontrare un critico come Germano Celant che aumentasse la risonanza dei vostri progetti? In generale il dialogo con la critica è stata determinante per il suo lavoro?
THE SAME AS EVERYBODY
In diverse interviste ha dichiarato che l’arte come lei la concepisce è un processo dagli esiti sconosciuti; una volta che è traducibile in tutte le lingue, una volta che non offende nessuno, può essere riprodotta ovunque e da chiunque… e l’esito finale è sconosciuto anche all’artista stesso. Addirittura disse che se sai già come va a finire non vale nemmeno la pena di realizzare il progetto.
Quindi che la reazione del pubblico sia attraversarla, cancellarla, criticarla o personalizzarla a lei va sempre bene?E nel suo immaginario più felice, positivo e migliore, quale esito sarebbe per lei auspicabile, il finale perfetto di un lavoro?
THE PERFECT OUTCOME FOR A WORK IS TO GET IT OUT
Si è battuto sul concetto di riproducibilità del lavoro ovvero l’artista ne è proprietario teorico ma l’esecuzione è aperta a chiunque voglia riprodurla. Eppure un “Lawrence Weiner” è perfettamente riconoscibile anche senza la didascalia, quindi dove risiede la sua paternità dell’opera?
I DONT THINK ITS A QUESTION
IF THE WORK EXISTS IT EXISTS
Guardando l’installazione delle sue frasi in contesti urbani o naturali sembra proprio nella relazione testo-paesaggio la forza e l’efficacia del lavoro. È una lettura corretta?
NO
LANDSCAPE HAS NOTHING TO DO WITH IT
Le parole di TRACES sono nate nel 1970 attingendo a quale contesto linguistico? SBRECCATO SPACCATO OSTRUITO AFFRONTATO FRANTUMATO… Sono state scritte pensando a un preciso contesto oppure erano “parole in libertà”?
NO WORK OF ART IS IN FREEDOM
IT IS ALWAYS IN RELATION TO THE THINGS IT IS SAYING
Sapendo che 50 anni dopo sarebbero apparse nei cieli dell’estate italiana ne avrebbe scritte di diverse?
NO
Che margine di libertà ha qualcuno che voglia riprodurre un suo lavoro? Può cambiare ordine delle parole o colore o misura o ci sono delle regole? Quando si può considerare un tradimento all’idea originaria o addirittura definire “un falso Weiner”?
A BLOCK OF WOOD IS A BLOCK OF WOOD
È mai successo che in riproduzione di un suo progetto tutto sia andato al contrario di quanto si aspettava? O che sia stato tradito il senso…
THE MEANING OF A MATERIAL CANNOT BE BETRAYED
Lei rifiuta l’etichetta di “concettuale” per il suo lavoro eppure la sua carriera ha indicato un metodo e un pensiero che vanno al di là dei materiali impiegati e del “pezzo unico” realizzato dall’artista direttamente che lo forma, lo autentica eccetera… e anche l’obiettivo finale è ancora una volta il pensiero di chi lo comprende lo accoglie, lo ricorda e semmai lo replica. Visto che è così bravo con le parole, se non è concettuale questo processo come lo chiamerebbe?
GRAMMATICAL
L’importanza che lei affida alla dignità dei materiali scelti e utilizzati da un artista e alla relazione tra gli esseri umani e le cose è la ragione per la quale nonostante l’evoluzione dei linguaggi in area virtuale/digitale lei non si è mai allontanato da un approccio analogico con l’opera d’arte?
I DONT KNOW IF THAT IS PARTICULARLY TRUE
IF IT WAS NECESSARY TO MOVE WE WILL MOVE
IF ITS NOT WE WONT
Ha sempre privilegiato la forza del messaggio artistico prima della sua forma estetica o visiva in quanto per lei c’è un’emergenza nell’opera d’arte, lei la chiama “necessità”. Quale è stata la necessità del suo messaggio ai suoi esordi come artista? È lo stesso messaggio anche oggi?
I SHOULD HOPE NOT
IT DEVELOPED TO WHAT IT HAD TO BE TO ACCOMODATE WHAT IT BECAME
In un mondo in cui si spettacolarizza anche una pastasciutta nel piatto attraverso i social media cosa significa farlo in un modo “speciale”?
I DONT KNOW WHAT IS MEANT BY SPECIAL
EVERY WAY ONE CHOOSES TO PORTRAY WHAT THEY ARE TRYING TO PORTRAY IS SPECIAL
La necessità dell’artista di esprimere prima che gli altri ne abbiano alcuna idea, come la definirebbe? È una premonizione, una visione o un rapporto privilegiato che l’artista ha con il futuro?
NOTHING IS PRIVILEGED
THE KNOWLEDGE AND USE OF SOMETHING THAT NOBODY HAS DECIDED TO USE IS NOT PRIVILEGED
IT MAKES IT NECESSARY
Nell’arte pubblica, diffusa, stampata su palazzi o su libri o come per il MACRO sulla scia di un aereo da turismo come individua il successo o l’insuccesso di una sua operazione artistica?
I DIDNT KNOW THAT IT WAS IN A COMPETITION
Ha detto che fare opere d’arte è potenzialmente un’attività molto aggressiva. Mi può parlare di questa potenziale aggressività dell’arte? Quando e se l’ha sperimentata, come spettatore e/o come autore?
I HAVE EXPERIENCED IT AS A SPECTATOR AND AS A MAKER
Con quali artisti ha avuto il dialogo più stimolante, dove, in quali anni? Ci sono artisti delle nuove generazioni che hanno attirato con la loro opera la sua attenzione?
HOW CAN IT BE A NEW GENERATION IF IM AWARE OF IT
Sono passati molti anni da quando partecipando a “Do It” di Hans Ulrich Obrist ha spiegato in video che un artista non ha nulla da insegnare perché semplicemente non lo sa. In una vita intera nell’arte contemporanea, può dire di aver imparato qualcosa? Vuole condividerla con noi?
I DO THINK I SHARE EVERY TIME I SHOW A WORK PUBLICLY
–Alessandra Galletta
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