Martelletti italiani: parla Bonhams
Quarta puntata della serie di interviste dedicate al mondo delle case d’asta con base in Italia. Dopo Mariolina Bassetti di Christie’s, Raphaelle Blanga di Sotheby’s e Laura Garbarino di Phillips de Pury, concludiamo con Camilla Prini, responsabile di Bonhams per Milano e il Nord Italia.
In che modo si è avvicinata all’arte?
Appena laureata, un caro amico collezionista di arte moderna e contemporanea mi ha chiesto di seguire le iniziative di “artist in residence” nel suo albergo, il Capri Palace Hotel & Spa. Durante il periodo in cui ho lavorato con Tonino Cacace, seguendo le mostre nel suo hotel, già ricco di capolavori di de Chirico, Schifano, Haring (solo per citarne alcuni), abbiamo arricchito la collezione di opere di artisti emergenti, come Michele Chiossi. Dopo il periodo a Capri, ho capito che non avrei mai più potuto abbandonare il mondo dell’arte!
Per quanto riguarda le sue precedenti esperienze professionali, come hanno influenzato il suo attuale ruolo di specialista?
Tornata a Milano ho iniziato la mia collaborazione con Giulio Tega, della omonima e storica galleria. Toccare tutti i giorni, letteralmente con mano, opere di Picasso, Miró, Fontana ecc., e organizzare mostre in galleria e fiere come Art Basel, mi ha permesso di imparare moltissimo ed è lì che ho sviluppato la mia specializzazione nell’arte moderna e contemporanea.
Qual è il suo artista preferito?
È una domanda difficilissima! Sicuramente Picasso è uno dei “preferiti”, perché ha fatto tutto. Amo moltissimo anche Magritte, Pollock, Schnabel (che ho avuto l’onore di conoscere)… Tutti artisti che dal punto di vista stilistico si differenziano molto, ma che hanno in comune il fatto di farmi emozionare ogni volta che guardo i loro lavori.
Secondo lei quali sono tre artisti su cui investire in questo momento?
A Miami Basel ho visto un’opera di un giovane italiano che mi ha profondamente colpita, è di Giuseppe Stampone. Ne ho sentito parlare molto e credo sia una promessa. Altri due artisti che amo molto e di cui si può ancora comprare relativamente bene sono Banksy e Fairey, entrambi street artist.
Qual è stata l’opera che ha portato in asta che le ha dato maggiore soddisfazione?
Fontana è quasi sempre una soddisfazione. L’opera più cara che abbia mai trattato è stata proprio un tre tagli bianco, a Basilea, venduta dopo una trattativa durata un’intera giornata.
Quali sono le caratteristiche del collezionista italiano?
Direi che in generale il collezionista vero, indipendentemente dalla nazionalità, ha una smania di possesso delle opere di cui si innamora, è quasi una malattia! Un aspetto interessante degli ultimi anni è che tantissime coppie giovani, magari appena sposate, cominciano a collezionare con un gusto già ben definito. L’entusiasmo di noi giovani è un bel motore.
Pensa che il collezionismo in Italia stia cambiando? Se sì, in che modo?
Il cambiamento più significativo sta proprio nell’avvicinarsi al mercato dell’arte di giovani collezionisti che sono molto, molto informati.
L’Italia, rispetto ad altri mercati, è un buon bacino di consignors e buyers?
Dalla crisi del 2008, sicuramente più un bacino di consignors. La mancanza di liquidità e le perdite finanziarie hanno portato persone, che prima non avrebbero mai venduto, a essere obbligate a farlo. Inoltre, per quanto riguarda l’antico, tante collezioni vanno sul mercato perché passano dalla vecchia alla nuova generazione, e il gusto è totalmente cambiato.
Cosa significa per lei rivestire in Italia il ruolo di responsabile di Bonhams in Italia?
È stata una bella sfida, perché Bonhams nel Nord Italia era completamente assente, non eravamo mai stati presenti su questo mercato. Aprire la sede milanese dopo un solo anno di attività svolta da sola, con pochi strumenti (bisognava capire se c’era abbastanza business per noi) e reclutare successivamente le altre due persone del nostro staff, composto da Serena Marchi (che si occupa dell’amministrazione) e da Teresa Scarlata (specialista in gioielli), è stato entusiasmante e ha dimostrato quanto spazio ci sia a Milano e nel Nord Italia per una casa d’aste antica come la nostra, che copre ben 57 dipartimenti, dall’arte moderna e contemporanea ai dipinti antichi, all’arte cinese ecc. Il business per noi si è rivelato da subito, in quanto i venditori comprendono il vantaggio di consegnare qui, ma che le nostre aste si svolgono principalmente a Londra, dove il mercato è molto più internazionale.
Mercato dell’arte: quali sono le sue previsioni per la seconda metà del 2012? Quali tendenze si renderanno più evidenti?
L’arte contemporanea, per opere di qualità, costituisce un’ampia parte del mercato. L’arte cinese è anche molto forte. Le giade antiche, gli avori, le ceramiche di questo popolo di straordinari manufattori sono presenti in moltissime collezioni italiane, anche miste, e ottengono prezzi di aggiudicazione molto elevati. Il mercato dell’antico, per quanto non abbia di sovente quotazioni stellari come il contemporaneo, è un’altra fetta rilevante del nostro business. È superfluo dire quanto dipinti antichi incredibili l’Italia e i suoi artisti abbiano prodotto negli ultimi secoli.
In questo momento di crisi economica, Bonhams come vive e affronta la situazione?
Le case d’aste vivono del fattore “D”: debt, decease, divorce… È triste, ma è così.
Le private sales sono aumentate esponenzialmente negli ultimi due anni. Quali sono le vostre strategie?
Personalmente cerco sempre di consigliare ai venditori di affidarci le opere per l’asta perché il potenzialmente è più facile raggiungere un prezzo di aggiudicazione maggiore per un’opera, grazie al meccanismo di competizione che questa innesca. Capitano però dei casi in cui i venditori non vogliano rendere pubblica la vendita di un’opera e in quel caso la nostra strategia è di offrire l’opera a un collezionista che pensiamo possa essere interessato. Ci diamo un limite massimo di giorni per la trattativa, passato il quale lo proponiamo al successivo potenziale compratore.
Parlando di nuovi collezionisti, qual è il Paese più stimolante?
Cina.
In Italia avete scelto di mantenere due uffici senza fare aste. Per quale motivo?
Perché il mercato è sempre più spostato sulle piazze internazionali. Ormai in asta si compra anche online, chiaramente avendo un rapporto di fiducia con gli specialisti, e non serve più come una volta avere tante aste locali.
Un suo suggerimento ai collezionisti interessati a vendere le proprie opere: è il momento giusto?
Dipende dai settori. Non è il momento di vendere opere di media qualità perché il mercato è forte sui lavori eccellenti, mentre la cosiddetta fascia media non sempre trova facilmente dei compratori. In generale prima di vendere e comprare è utile affidarsi al parere degli specialisti, con cui si ha un rapporto di fiducia naturalmente, ed eventualmente anche verificare gli ultimi risultati in asta di opere analoghe per leggere le tendenze.
Martina Gambillara
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