Architetti d’Italia. Pier Luigi Nervi, il maestro del cemento
Pesantemente criticato dai colleghi, Pier Luigi Nervi ha dato nuovo impulso all’architettura recente grazie all’uso del ferro cemento. Tutta la storia raccontata da Luigi Prestinenza Puglisi.
Pier Luigi Nervi morì nel 1979, l’anno in cui mi sono laureato. Di lui era tempo che non si parlava più, tanto che, nei cinque anni che sono stato in facoltà, non ricordo una lezione su una sua opera. Eppure a Roma era stato incaricato dal 1946 al 1961 della cattedra di Tecnologia e Tecnica delle Costruzioni e vantava opere quali le aerorimesse di Orbetello o la sede permanente dell’Unesco a Parigi realizzata con Marcel Breuer e Bernard Zehrfuss. Inoltre, con gli impianti sportivi per le Olimpiadi di Roma del 1960, era unanimemente considerato uno dei più importanti progettisti di grandi strutture a livello internazionale, tanto che Le Corbusier aveva fatto un viaggio a Roma solo al fine di poterle ben studiare.
LE CRITICHE A PIER LUIGI NERVI
Aveva accumulato otto lauree honoris causa: dalle università di Buenos Aires, Monaco, Varsavia, Harvard, Hanover (USA), Praga, Londra. La critica però era tiepida se non schierata quasi concordemente contro di lui. Bruno Zevi, che nel dopoguerra aveva condiviso con Nervi le esperienze dell’APAO, l’associazione per l’architettura organica, l’avventura della rivista Metron e la più che meritoria iniziativa del Manuale dell’architetto del CNR, era diventato sempre più polemico e addirittura ostile quando Nervi aveva collaborato con Marcello Piacentini alla progettazione del palazzetto dello sport all’EUR. Gli rinfacciava di avere una concezione strutturale che lo portava a scegliere conformazioni simmetriche se non classiciste. Per il piacere della battuta aggiungeva che di opere ne aveva realizzata una sola: le aviorimesse di Orbetello. Una battuta particolarmente cattiva se si considera che oltretutto non era la più importante nella sterminata produzione di Nervi. Simile critica gli muoveva Leonardo Benevolo, che non riusciva a vedere nel suo approccio attenzione ai fenomeni sociali e urbanistici dell’epoca. Manfredo Tafuri, infine, lo disprezzava con Luigi Moretti e Gio Ponti. Era la triade dei reazionari. Nervi, infatti, era stato mitizzato dal fascismo. Era poi diventato il grande artefice dei prodigi del capitalismo industriale, strumento inconsapevole (?) della speculazione edilizia. Il fatto che, oltre a essere progettista e ingegnere, fosse anche imprenditore, con una propria ditta di costruzioni, rendeva la colpa più grave agli occhi del marxista.
LE TRACCE DI PIER LUIGI NERVI
Eppure, nonostante questa damnatio memoriae di Nervi, in facoltà c’era ancora qualche traccia della sua presenza. I due migliori professori di materie scientifiche (credo anche loro solo incaricati) erano suoi collaboratori: l’ingegner Mario Desideri (padre di Paolo Desideri di ABDR, uno studio di progettazione di cui dovremo prima o poi parlare), che faceva meravigliose e limpide lezioni di Statica, e l’indimenticabile ingegnere Antonio Maria Michetti di Tecnica. Nessuno dei due parlava di architettura così come noi la intendevamo: e cioè dei linguaggi che in quegli anni andavano di moda. Entrambi ci trasmisero dei principi. Il primo è che, se si vogliono avere buoni risultati, occorre progettare per forma. E quindi nelle strutture il principio di simmetria aiuta e non poco. Non vuol dire essere classicisti, ma che bisogna fare i conti con la natura e le sue leggi (Sergio Musmeci, che ebbe rapporti di collaborazione con Nervi, mostrerà che le simmetrie della natura sono molto più complesse e intriganti della bilaterale e della centrale, conquistandosi l’amore che Zevi aveva negato a Nervi, ma questa è un’altra storia). Il secondo principio è la passione per il cemento, un materiale superiore al ferro. Il motivo è che ha ottime prestazioni e tuttavia lo conosciamo poco e quindi ci comportiamo con prudenza nei suoi confronti. Ed è, grazie a questo paradosso, sicuro e affidabile. Più volte, d’altra parte, Nervi aveva dichiarato che “il cemento è il più bel materiale da costruzione che l’uomo abbia mai inventato”.
Gli storici delle tecnologie edilizie hanno sottolineato che il cemento in Italia fu per molti versi una scelta forzata. Per la relativa abbondanza delle materie prime che servono per produrlo e per la scarsità di ferro, un materiale che invece deve essere importato. Fatto reso drammatico dalla autarchia che nel 1936 fu la scelta obbligata per rispondere all’embargo nei confronti dell’Italia fascista. Preferenza rinnovata nel dopoguerra per rispondere alle crescenti esigenze di infrastrutture industriali e stradali. Il cemento, infatti, costava poco e poteva essere lavorato in mille modi, a volte anche prodigiosi, da una manodopera abile e anch’essa a basso costo.
LA STORIA DI PIER LUIGI NERVI
Pier Luigi Nervi nasce a Sondrio nel 1891 e si laurea a Bologna nel 1913. Lavora con il professor Attilio Muggia che è direttore della Società per Costruzioni Cementizie. Vive quindi il periodo eroico dell’introduzione del cemento armato in Italia. Realizza per la SCC numerose opere fino a che decide di mettersi in proprio, fondando una società con l’ingegner Nebbiosi. Nel 1932 lascia e fonda una nuova società con l’ingegner Bartoli. Nervi è uno spirito sperimentale e creativo e registra a suo nome diversi brevetti. La grande invenzione risale al 1943: il ferro cemento. È ottenuto utilizzando reti metalliche di modesta consistenza sovrapposte e sulle quali viene colato il cemento. Si possono ottenere così lastre di spessori molto contenuti ‒ anche un paio di centimetri ‒ facilmente sagomabili con quelle curvature o conformazioni geometriche che permettono alla lastra di resistere per forma. Lastre che pesano estremamente poco e possono essere prefabbricate. Si possono utilizzare per gli scopi più svariati: anche, come dimostrerà stupendo tutti, per costruire barche di grandi dimensioni. A questo punto è possibile pensare a strutture edilizie del diametro di un centinaio e oltre di metri composte dal montaggio di questi moduli prefabbricati che, una volta posti in esercizio, possono fungere da cassaforme a perdere per il getto che svolgerà il ruolo di collante. Il risultato è un enorme risparmio di tempi e di costi, soprattutto di casseforme in legno che, a questo punto, possono essere ridotte al minimo o addirittura eliminate del tutto.
Il metodo di Nervi ricorda i sistemi costruttivi a volta dell’antica Roma, dove il modulo base era il mattone. Qui, invece del mattone, che è eccessivamente piccolo di dimensione e richiede cassaforme, abbiamo i moduli in ferro cemento. Nervi è abilissimo a organizzare il montaggio e con la propria ditta riesce a ottenere risultati strabilianti in termini di tempi e di costi perché il cantiere è diviso in due: una parte che costruisce e un’altra che prepara i pezzi a piè d’opera. Inventa anche sistemi ingegnosi, quali il metodo nonna-mamma-figlia, per riuscire a disegnare con strumenti semplici le decine di componenti diverse che gli servono per costruire le volte.
Da questa prefabbricazione per elementi di dimensioni contenute nasce la peculiare forma interna delle strutture che sembrano merletti e incantano e stupiscono per la loro leggerezza. Progettare e basta non ha senso: il disegno deve concretizzarsi in un processo costruttivo efficace e razionale.
La sua grande passione è il Medioevo delle grandi cattedrali, quando la immaginazione e la competenza costruttiva lavoravano insieme per produrre meccanismi perfetti. Senza, ci saremmo sognate le grandi strutture nervate o la magia chiaroscurale dei rosoni. Il problema non è infatti il calcolo ma la forma, la tecnica che è in grado di organizzare la materia anche senza ricorrere al calcolo numerico. Del resto, gli uccelli, quando scelgono il sottile ramo su cui posarsi, non risolvono prima un’equazione matematica.
L’ATTIVITÀ TEORICA DI NERVI
Nervi non si limita a disegnare, sperimentare e costruire. Ama scrivere e teorizzare. Dal 1959 collabora con la Casabella di Ernesto Nathan Rogers con una rubrica dal titolo Critica delle Strutture. Nel 1955 aveva pubblicato il libro Costruire correttamente, che per diversi anni costituirà un importante riferimento teorico e che riprendeva alcuni argomenti introdotti in Scienza o arte del Costruire apparso nel 1945.
L’idea è che una buona struttura nasce da una forma corretta e quindi è sicuramente bella. Dirà: “In tutta la mia opera progettistica ho constatato che i suggerimenti statici interpretati e definiti con paziente opera di ricerca e di proporzionamento sono le più efficaci fonti di ispirazione architettonica. Per me questa è una regola assoluta e senza eccezioni”.
Una idea diversa da quella del collega e rivale Riccardo Morandi il quale, invece, era meno portato a credere sia all’esistenza di una unica forma corretta sia alla sua necessaria efficacia estetica. La struttura, infatti, per Morandi va costruita, stimolata, modellata dal gioco di forze e controforze sino a quando non si arrivi a una forma esteticamente soddisfacente. La differenza è sottile ma perentoria e, insieme, estremamente fertile. Perché è nell’oscillazione tra queste due modalità di approccio ‒ la struttura come rivelazione della natura o come rivelazione della cultura ‒ che si forma la grande tradizione dell’ingegneria italiana. Quella che ci ha dato un primato indiscusso che oramai abbiamo perso. E difatti provate oggi a chiedere a uno studente di architettura il nome di cinque opere di Nervi e vi accorgerete del disastro culturale che abbiamo provocato.
‒ Luigi Prestinenza Puglisi
LE PUNTATE PRECEDENTI
Architetti d’Italia #1 – Renzo Piano
Architetti d’Italia #2 – Massimiliano Fuksas
Architetti d’Italia #3 – Stefano Boeri
Architetti d’Italia #4 – Marco Casamonti
Architetti d’Italia #5 – Cino Zucchi
Architetti d’Italia#6 – Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Architetti d’Italia#7 – Adolfo Natalini
Architetti d’Italia#8 – Benedetta Tagliabue
Architetti d’Italia#9 – Michele De Lucchi
Architetti d’Italia#10 – Vittorio Gregotti
Architetti d’Italia#11 – Paolo Portoghesi
Architetti d’Italia#12 – Mario Cucinella
Architetti d’Italia #13 ‒ Mario Bellini
Architetti d’Italia #14 ‒ Franco Purini
Architetti d’Italia #15 ‒ Italo Rota
Architetti d’Italia #16 ‒ Franco Zagari
Architetti d’Italia #17 ‒ Guendalina Salimei
Architetti d’Italia #18 ‒ Guido Canali
Architetti d’Italia #19 ‒ Teresa Sapey
Architetti d’Italia #20 ‒ Gianluca Peluffo
Architetti d’Italia #21 ‒ Alessandro Mendini
Architetti d’Italia #22 ‒ Carlo Ratti
Architetti d’Italia #23 ‒ Umberto Riva
Architetti d’Italia #24 ‒ Massimo Pica Ciamarra
Architetti d’Italia #25 ‒ Francesco Venezia
Architetti d’Italia #26 ‒ Dante Benini
Architetti d’Italia #27 ‒ Sergio Bianchi
Architetti d’Italia #28 ‒ Bruno Zevi
Architetti d’Italia #29 ‒ Stefano Pujatti
Architetti d’Italia #30 ‒ Aldo Rossi
Architetti d’Italia #31 ‒ Renato Nicolini
Architetti d’Italia #32 ‒ Luigi Pellegrin
Architetti d’Italia #33 ‒ Studio Nemesi
Architetti d’Italia #34 ‒ Francesco Dal Co
Architetti d’Italia #35 ‒ Marcello Guido
Architetti d’Italia #36 ‒ Manfredo Tafuri
Architetti d’Italia #37 ‒ Aldo Loris Rossi
Architetti d’Italia #38 ‒ Giacomo Leone
Architetti d’Italia #39 ‒ Gae Aulenti
Architetti d’Italia #40 ‒ Andrea Bartoli
Architetti d’Italia#41 ‒ Giancarlo De Carlo
Architetti d’Italia #42 ‒ Leonardo Ricci
Architetti d’Italia #43 ‒ Sergio Musmeci
Architetti d’Italia #44 ‒ Carlo Scarpa
Architetti d’Italia #45 ‒ Alessandro Anselmi
Architetti d’Italia #46 ‒ Orazio La Monaca
Architetti d’Italia #47 ‒ Luigi Moretti
Architetti d’Italia #48 ‒ Ignazio Gardella
Architetti d’Italia #49 ‒ Maurizio Carta
Architetti d’Italia #50 ‒ Gio Ponti
Architetti d’Italia #51 ‒ Vittorio Sgarbi
Architetti d’Italia #52 ‒ Fabrizio Carola
Architetti d’Italia #53 ‒ Edoardo Persico
Architetti d’Italia #54 ‒ Alberto Cecchetto
Architetti d’Italia #55 ‒ Fratelli Castiglioni
Architetti d’Italia #56 ‒ Marcello Piacentini
Architetti d’Italia #57 ‒ Massimo Mariani
Architetti d’Italia #58 – Giuseppe Terragni
Architetti d’Italia #59 – Vittorio Giorgini
Architetti d’Italia #60 – Massimo Cacciari
Architetti d’Italia #61 – Carlo Mollino
Architetti d’Italia #62 – Maurizio Sacripanti
Architetti d’Italia #63 – Ettore Sottsass
Architetti d’Italia #64 – Franco Albini
Architetti d’Italia #65 – Armando Brasini
Architetti d’Italia #66 – Camillo Botticini
Architetti d’Italia #67 – Antonio Citterio
Architetti d’Italia # 68 – Oreste Martelli Castaldi
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Architetti d’Italia #71 – Lucio Passarelli
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Architetti d’Italia #73 – Venturino Ventura
Architetti d’Italia #74 ‒ Ugo e Amedeo Luccichenti
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