Trash: il riciclo dei rifiuti in un film d’animazione made in Italy
Quando la luna sale in cielo i rifiuti prendono vita e vanno incontro a una seconda possibilità. L’esigenza e la necessità del riciclo passa attraverso Trash, film d’animazione dal duplice assetto stilistico: da un lato la realtà, l’immagine reale, dall’altro personaggi animati, oggetti-spazzatura in cerca della Piramide Magica.
Con le nostre azioni possiamo fare la differenza. In Trash, che verrà presentato il 16 ottobre a Roma in occasione dell’apertura della 18esima edizione del Alice nella Città (anche giorno di uscita al cinema), i primi a farlo sono gli stessi rifiuti – scatole, bottiglie, latte – che si animano di notte quando tutto si ferma. Gli stessi che, tra un’avventura e l’altra per le strade di Roma, cercano una seconda possibilità. Trash è un film d’animazione italiana che arriva in sala con Notorious Pictures e ha alla regia Francesco Dafano e Luca Della Grotta. Trash mette al centro i rifiuti che tutti noi calpestiamo quotidianamente, che gettiamo a terra, che ignoriamo e ne fa delle “piccole marmotte” in cerca del tesoro. Tra i rifiuti di Trash,infatti, gira una leggenda, quella della Piramide Magica, luogo leggendario in cui potrebbero avere una seconda chance e diventare Portatori, ovvero oggetti utili ancora una volta.
Come e quando si sono incrociate le vostre strade lavorative?
Luca Della Grotta: Ci siamo incontrati la prima volta grazie ad un lavoro di cui Francesco era regista ed io supervisore agli effetti visivi. Un corto sperimentale in stereoscopia, quando ancora in Italia se ne sapeva poco e niente. Un corto utile ad un festival interno di una grandissima e nota software house mondiale. Da quel momento, abbiamo iniziato a passare le prime nottate insieme…
Francesco Dafano: In realtà abbiamo cominciato a fare nottate da quel lavoro. E non abbiamo più smesso! Forse proprio tutte quelle notti passate a lavorare e sonnecchiare sdraiati in terra (avessimo riposato su un divano sarebbe stato impossibile svegliarsi) ha trasformato la stima e fiducia incredibile che avevamo l’uno per l’altro in una grande amicizia.
In Trash quando la luna sale in cielo i rifiuti prendono vita. Come nasce questa storia?
LDG: Nasce dal mio personale feticismo nei confronti della luna. La notte di solito si dorme, ma non io. È da una vita, credo dai tempi del liceo, che non dormo di notte. La luna mi ha accompagnato in questi anni regalandomi ore di magia, calma, riflessione e creazione. La notte è la seconda faccia della mia medaglia. Quella che esiste anche se è nascosta. Quella che non puoi rinnegare.
FD: La prima intuizione l’ha avuta Luca e ne ha parlato a me e all’altro sceneggiatore del film Andrea Nobile. Come prima cosa abbiamo aggiunto altre due parti fondanti del mondo che stavamo per raccontare: la presenza di un personaggio bambino e il tema del riciclo. La nostra storia ha avuto un’ulteriore evoluzione grazie al nostro produttore Alan Vele che ci ha fatto comprendere come le idee che avevamo avuto potessero essere applicate all’intero mondo dei rifiuti.
I rifiuti sono i protagonisti insoliti di questo film d’animazione. Sono veri oggetti animati che si muovono tra le strade di Roma. Come mai questa doppia scelta tra realtà e animazione? E come mai la scelta di Roma?
LDG: Rispondendo alla prima domanda: una scelta stilistica. Utilizzare la realtà ci ha permesso di essere meno didascalici sul mondo dei rifiuti. Dovevamo raccontare qualcosa di magico in un mondo che fosse molto riconoscibile ai bambini. Trasportarli in un mondo di fantasia non ci avrebbe portato alla “sensibilizzazione” che stavamo cercando. Volevamo arrivare dritti al nocciolo del problema, ma dovevamo alleggerire i toni. Per questo i character sono cosi “avvicinabili”. Sono sporchi e vivono in un mondo sporco, ma ti viene da subito la tremenda voglia di abbracciarli e dirgli che tutto andrà bene. Per quanto riguarda la seconda domanda: Roma è stata per noi uno splendido set. Ma abbiamo raccontato un “non luogo”. La città è riconoscibile per un paio di location, e quasi esclusivamente da chi è di Roma. Dovevamo raccontare gli anfratti di una città, i luoghi dimenticati dagli uomini, o i luoghi non frequentati di notte. Sicuramente il fatto che abbia poi un sapore europeo è una cosa voluta fortemente da tutti noi.
FD: L’utilizzo di questa tecnica mista è stata una sfida molto complessa da un punto di vista registico, ma era in assoluto la migliore tecnica per poter raccontare questa storia. Allo stesso tempo ci permette di addolcire i nostri personaggi e aumentarne l’espressività proprio andando in contrasto con la vivida durezza dei fondali. Era poi importantissimo proporre uno stile nuovo, qualcosa che ancora non si era visto rappresentato in questo modo. Per quanto riguarda Roma, la scelta delle location ha puntato proprio a mostrarla il meno possibile, cercare di renderla una città europea non definita.
Quali tecnologie entrano in campo per questo tipo di animazione che non si avvale del solo disegno?
LDG: Le tecnologie sono un mero strumento. Quello che cambia è il modo in cui le utilizzi. Devi trovare il tuo modo, quello che si allinea produttivamente e creativamente alle tue possibilità ed esigenze. Una volta trovato puoi riuscire a creare qualcosa di unico, che non sia un’imitazione di nessun altro. Se avessimo provato ad imitare “qualcuno” più grande di noi, avremmo perso in partenza. Diciamo che Trash, nasce proprio da questo pensiero. Dopo aver parlato in maniera poetica, posso affermare con sincerità che abbiamo passato quattro anni davanti allo schermo di computer. Più schermi a dir la verità, e tanti, tanti computer. E tanti altri schermi. Ma la cosa bella è che dietro a queste macchine demoniache c’erano delle persone fantastiche, che hanno fatto gruppo ed dato il meglio. I computer, da soli, non sono ancora in grado di fare nulla per fortuna.
FD: Sicuramente le tecnologie usate sono all’avanguardia, ma credo che il punto forte sia stato il lavoro umano. Chi quella tecnologia la sfruttava al meglio. Quelle persone che con enorme dedizione gioiosa hanno realizzato la meraviglia del possibile.
“La spazzatura di qualcuno è il tesoro di qualcun altro”. Un film che parla ai piccoli e ai grandi, come fa l’animazione americana. Quali sono i vostri riferimenti in termini di immagine e di stile?
LDG: Se devo pensare all’estero, potrei facilmente dirti: l’animazione americana. Ma non è assolutamente vero. Mi ha “iniziato” dal punto di vista digitale, ma in realtà sono figlio degli anni ‘80, cresciuto con l’animazione nipponica. Ma sicuramente posso dirti che nel mio lavoro mi ispira molto di più la scuola di animazione dell’est Europa. Da quella disegnata, alla stop motion, fino a quella digitale. Adoro il modo in cui la magia e la fantasia si uniscono con la realtà senza celarla mai, anzi ti insegnano spesso a viverci dentro e a trarne qualcosa di buono. Questo concetto mi riporta ovviamente anche al buon cinema italiano. E alle nostre alte tradizioni culturali. Come potrei trarre spunti dal cinema straniero senza essere passato per il nostro cinema? Ma non ti parlerò di film neorealisti. Troppo facile. Preferisco parlarti del cinema italiano action / poliziesco anni 70. Della commedia. Della semplicità della narrazione visiva. Dei piccoli dettagli che compongono un fotogramma. Degli sporchi zoom in e out del frame.
FD: È chiaro che trattandosi di un film di animazione ci siamo ispirati ai capolavori di Pete Docter. Ma amo alla follia anche l’animazione giapponese, da Otomo a Miyazaki e credo che questo sia lampante in alcuni momenti del film. Ma la vera cifra stilistica, complice anche le riprese dal vivo, credo vada ricercata nei film di genere degli anni ottanta e primi novanta. Per esempio, un film di assoluto riferimento fin dalla scrittura è stato I Guerrieri della Notte del 1979. E nel film sono presenti almeno tre omaggi ad altrettanti film di quegli anni. Era anche un modo per far felice la mia parte fanciullesca, quella che rimaneva per ore a guardare in VHS un film dietro l’altro.
Secondo voi perché il cinema italiano investe poco nell’animazione?
LDG: Perché, nonostante siamo grandi fruitori dell’animazione, non la conosciamo affatto. Abbiamo paura di non essere in grado, dimenticandoci invece dei grandi del passato italiano. Si pensi a Bruno Bozzetto ad esempio. Basti pensare che tutti gli animatori italiani sono costretti a lavorare all’estero. Per non parlare degli artisti del digitale in tutte le loro forme di espressione. Oppure alla quantità di aziende italiane di animazione che continuano ancora con il loro fantastico lavoro, ma che sono sconosciute ai più. In questo settore ti senti sempre dire: noi italiani non siamo in grado. Ma non è assolutamente vero. Trashè Italiano al 100%. Nessuna animazione o altro è stato fatto all’estero. Pur desiderando lavorare in futuro con altri paesi ed altre culture (sfida sempre meravigliosa), dovevamo prima cercare di dimostrare che anche qui si possono creare opere che funzionino. Anche da un punto di vista commerciale ed internazionale.
FD: Il cinema italiano negli ultimi decenni investe poco in tutto quello che viene definito “di genere”. Ed è incredibile perché fino a quarant’anni fa eravamo invece proprio noi gli alfieri di quel cinema. Pensiamo non solo a Leone, ma anche agli action o agli horror. Da un lato credo ci sia la paura e una certa ignoranza del genere e delle possibilità che offre, dall’altro un po’ di supponenza e presunzione nel giudizio aprioristico. Considerando anche che l’Italia con le sue incredibili professionalità potrebbe eccellere nel settore, è davvero un peccato.
– Margherita Bordino
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