Capture, il progetto di Paolo Cirio contro il riconoscimento facciale
Paolo Cirio, artista e hacktivista torinese, ha dato forma a Capture, un database contenente i volti di quattromila agenti di polizia francesi. Un progetto che mette in evidenza rischi e pericolose conseguenze dell’utilizzo di software di riconoscimento facciale.
Il 1° ottobre l’artista e hacktivista torinese Paolo Cirio ha annunciato Capture con un breve comunicato stampa diffuso in rete. Il progetto consiste nella realizzazione di un database contenente i volti di quattromila agenti di polizia francesi. Cirio ha raccolto mille immagini che ritraggono gli agenti in servizio durante le manifestazioni recentemente tenutesi in Francia. Le fotografie, scattate in luoghi pubblici, sono state acquisite dall’artista via web o dagli organi di stampa. Le immagini selezionate sono state processate con un software di riconoscimento facciale per identificare gli agenti coinvolti. L’artista ha successivamente utilizzato i primi piani degli agenti per realizzare dei poster disseminati per le strade di Parigi. Un breve video in collaborazione con l’agenzia giornalistica “Labo 148” documenta la concretizzazione del progetto, argomentandone le ragioni con interviste a esperti e attivisti.
Cirio ha evidenziato come l’opera rifletta sui potenziali usi e abusi derivanti dal riconoscimento facciale e dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, interrogandosi sull’asimmetria dei rapporti di forza. L’intento di Capture è quello di soffermarsi sull’effettiva autonomia dei cittadini, agenti inclusi, palesando provocatoriamente le criticità insite in un modello sociale alle prese con i continui cambiamenti generati dal processo di digitalizzazione ancora in atto. Le carenze regolamentari mostrano quanto certi mezzi possano ledere anche le stesse autorità che ne fanno uso.
RICONOSCIMENTO FACCIALE, RISCHI E LEGGE
L’opera introduce Ban Facial Recognition Europe, la petizione lanciata sull’omonima pagina web dall’artista, in collaborazione con l’EDRI (European Digital Rights), per richiedere ai membri del parlamento europeo e ai membri della commissione l’interdizione delle tecnologie di riconoscimento facciale in tutta l’Unione.
La campagna, il cui obiettivo è fissato alla raccolta di cinquantamila firme, pone l’accento sulla natura fortemente invasiva dei software di identificazione. In particolar modo, l’artista torinese evidenzia quanto pesi l’assenza di coordinate specifiche e univoche nel trattamento dei dati biometrici dei cittadini europei. Potrebbe sembrare una banalità, ma il nostro viso è soggetto a un’esposizione ben più alta rispetto, ad esempio, alle impronte digitali. In tal senso il consenso del cittadino per il trattamento dei propri dati biometrici non è più necessario e può venir meno. Il volto, sineddoche identitaria dell’individuo, diviene un dispositivo di localizzazione funzionale a un generale processo di normalizzazione del controllo. Le previsioni comportamentali, così come gli automatismi algoritmici, danno adito a discriminazioni di varia natura, minando il diritto inalienabile alla dignità e all’uguaglianza.
Cirio sottolinea quanto anche un’attenta regolamentazione del riconoscimento facciale potrebbe non essere abbastanza, affermando la necessità di un provvedimento giuridico da parte dell’UE e delle Nazioni Unite che ne impedisca l’utilizzo. Il vuoto normativo in cui agiscono questi software rischia di incrementarne la potenziale pericolosità sociale. La convenzione europea dei diritti umani e il GDPR (regolamento generale sulla protezione dei dati) in realtà hanno tentato di impedire la sorveglianza biometrica di massa nei luoghi pubblici, ma gli Stati membri hanno ridotto il raggio di azione delle autorità garanti al punto da impedire l’effettiva attuazione dei provvedimenti proposti. In seguito all’emergenza Covid-19, la Herta e la Dermalog hanno persino iniziato a sviluppare un software, sulla scia della cinese Hanwang Technology Ltd, in grado di identificare un volto anche se coperto dalla mascherina. Tuttavia l’intento della campagna non è affatto quello di demonizzare in toto il progresso tecnologico, riaffermando piuttosto la necessità di un dibattito pubblico in merito alle possibili conseguenze sociali derivanti dall’utilizzo delle più recenti innovazioni.
LA POSIZIONE DELLA FRANCIA
Pertanto la decisione di realizzare Capture a Parigi non è affatto casuale. La Francia è stato il primo Paese europeo a promuovere lo sviluppo di un software come Alicem, un’applicazione per smartphone Android in cui il riconoscimento facciale diviene un passaggio necessario per accedere ai servizi pubblici e iscriversi al servizio di previdenza e assistenza nazionale. Nonostante i ricorsi della CNIL (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés) sull’inadempienza alle normative europee sulle privacy, la semplificazione e la sicurezza informatica sono state le motivazioni indicate dal governo francese per avvalorare tale proposta. L’utilizzo del software infatti non è obbligatorio, ma dà la possibilità di accedere a servizi fruibili esclusivamente online. Alicem non offre un’alternativa valida all’utente. Qualora un cittadino rifiutasse il trattamento dei propri dati biometrici, non riuscirebbe ad accedere ai servizi forniti dall’applicazione.
Ogni utente otterrebbe inoltre un documento d’identità telematico che gli permetterebbe di identificarsi con il cellulare anche in caso di un fermo da parte delle forze dell’ordine.
L’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale da parte dei corpi di polizia europei è al centro del report pubblicato l’11 dicembre 2019 dall’ong “Algorithm Watch”, un’organizzazione intenta ad analizzare gli effetti sociali dei processi decisionali algoritmici. L’ong ha inviato un questionario incentrato sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e sulla rilevazione dei dati biometrici agli agenti di venticinque Stati membri dell’Unione Europea. Dalle risposte si evince come i corpi di polizia di undici Stati già facciano uso del riconoscimento facciale, mentre altri otto Paesi ne stanno pianificando l’introduzione. In Italia Sari è il software utilizzato dalle forze dell’ordine per il riconoscimento facciale, a cui fa seguito la comparazione fisionomica effettuata dal personale specializzato della polizia scientifica. La Spagna e il Belgio sono invece le due uniche nazioni coinvolte in cui non è ancora consentito o è stato sospeso il trattamento dei dati biometrici. Ciononostante la stessa Algorithm Watch, data l’assenza in Europa di un vero e proprio obbligo di trasparenza, sottolinea quanto il report non possa ritenersi del tutto esaustivo.
DALL’EUROPA AGLI STATI UNITI NEL SEGNO DEI DATI BIOMETRICI
I dati diffusi dal comunicato stilato da Cirio e la “Quadrature du Net” per Ban Facial Recognition aggiornano i risultati dell’anno precedente, facendo eco al research paper contro la sorveglianza biometrica recentemente pubblicato dall’EDRI. A maggio 2020 almeno quindici Stati europei hanno sperimentato l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale in luoghi pubblici. Spirit è invece un progetto finanziato dai corpi di polizia di più Paesi dell’UE per lo sviluppo di un database analitico contenente immagini prese sui social media. Questo progetto mostra numerose assonanze con Clearview Al, il software utilizzato dalle forze dell’ordine statunitensi per il riconoscimento facciale. La piattaforma, ideata nel 2017 dall’ingegnere di origine vietnamita Hoan Ton-Tat, è infatti in grado di confrontare e identificare un volto all’interno di un database con oltre tre miliardi di immagini provenienti dal web. Le forze dell’ordine statunitensi utilizzano tuttora Clearview Al per lo svolgimento delle indagini, ma una recente inchiesta di Kashmir Hill sulle pagine del New York Times ha evidenziato quanto poco si sappia sull’azienda di Ton-That e sull’effettivo funzionamento della piattaforma, probabilmente in possesso delle immagini senza alcun permesso o consenso.
L’INSTALLAZIONE “CENSURATA” DI CIRIO
Capture prevede inoltre la realizzazione di un’imponente installazione di quindici metri con i volti di 150 agenti, sui quali verranno apposte sette stampe glicée con sette agenti, non identificati, intenti ad aprire il fuoco sui manifestanti. Tuttavia il 15 ottobre l’opera è stata censurata per l’inaugurazione della ventiduesima edizione di Panorama, presso Le Fresnoy-Studio National des Arts Contemporains, nei pressi di Lille. Come riportato dallo stesso Cirio nella lettera aperta indirizzata alla ministra della cultura francese Rosleyne Bachelot, datata 6 ottobre, il ministro degli interni Gerald Darmanin ha definito via Twitter l’installazione come “un’insopportabile gogna di donne e uomini che rischiano la propria vita per proteggerci”.
Il ministro ha richiesto la cancellazione dell’esposizione e la rimozione delle foto degli agenti. L’artista ha risposto a Darmanin, affermando che il proprio lavoro, in quanto cittadino europeo, non è nient’altro che un commento alla brutalità della sorveglianza di massa in Francia.
Secondo l’artista, la rimozione dell’opera è un atto di censura perpetrato direttamente dal governo francese che mette a repentaglio la libertà d’espressione, rimettendo in discussione l’implicita funzione sociale dell’arte stessa. Da un punto di vista giuridico, Cirio riporta le parole dell’avvocato Raphaël Kempf per evidenziare come l’esposizione di foto scattate in luoghi pubblici sia consentito ai mass media quanto alle opere d’arte. Le immagini non riportano né il luogo né la data degli scatti, così come i volti sono esposti senza specificare le generalità degli agenti.
“[…] La richiesta del ministro Gerald Demanin di rimuovere l’opera da un’istituzione francese non è solo un atto di censura, ma anche una dimostrazione di incompetenza, di ingenuità e di incapacità di partecipare a un dibattito, comprendendo i principi alla base della democrazia e della libertà d’espressione. L’aggressiva reazione del ministro non includeva alcun riferimento alla brutalità della polizia francese, ai numerosi tentativi degli agenti di coprire il proprio volto per usare violenza contro i cittadini nell’anonimato […] né rispondeva alla vera ragione del progetto, affrontando l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale in Francia per mettere in atto una sorveglianza di massa senza controllo pubblico […]”.
Cirio conclude la lettera invitando il ministro, nominato vice presidente di Le Fresnoy nel 2016, a rispondere ai quesiti posti dall’opera. L’artista inoltre sottolinea quanto i fondi pubblici per la produzione e la promozione culturale siano fondamentali in un paese come la Francia, o come l’Italia, manifestando la necessità di una reazione delle istituzioni artistiche nei confronti di un’evidente ingerenza governativa.
‒ Jacopo De Blasio
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