L’Alligatore. Il cantante blues raccontato da Massimo Carlotto sbarca sul piccolo schermo
Intervista a Matteo Martari, interprete di Marco Buratti detto l’Alligatore, il cantante blues condannato al carcere, nato dalla penna di Massimo Carlotto.
Marco Buratti detto l’Alligatore, cantante di blues, ingiustamente condannato a sette anni di carcere, è un personaggio nato dalla penna di Massimo Carlotto che nella serie omonima, andata in onda su Rai 2, una delle più seguite su RaiPlay, diretta da Daniele Vicari ed Emanuele Scaringi, ha la bella faccia di Matteo Martari. 36 anni, interprete di pellicole come La dea fortuna, Medici, Non uccidere, indossa con grande intensità la fragilità dell’ex detenuto e l’ossessione per la giustizia dell’amatissimo personaggio di Carlotto, il quale d’ora in poi avrà, per molti lettori, il volto dell’attore veneto.
“Conoscevo bene la storia drammatica di Carlotto [lo scrittore, a 19 anni, nel 1983, fu accusato ingiustamente di omicidio; condannato a 16 anni di reclusione, ottenne la grazia nel ’93, N.d.R.], ma non avevo letto i suoi romanzi. Così quando mi hanno comunicato che sarei stato io l’Alligatore, sono andato in libreria, ho preso tutta la sua bibliografia e mi ci sono immerso” – ci racconta Matteo Martari da Torino sul set di Cuori, serie Anni Sessanta in cui interpreta un cardiochirurgo. “Per la gioia di tutti quelli che non mi hanno visto studiare nella vita”, aggiunge ridendo.
L’ALLIGATORE E MASSIMO CARLOTTO
L’Alligatore è un personaggio tormentato e complesso. “L’unica comfort zone per me è stato l’accento veneto, perché sono di Verona. Ma i personaggi sono molto sfaccettati. Andavano compresi bene e serviva tempo. Per questo abbiamo provato in teatro tutti i giorni come se dovessimo andare in scena. Con Thomas Trabacchi, che interpreta (straordinariamente) Rossini, abbiamo lavorato in profondità per costruire la forza e il linguaggio della loro amicizia”.
Martari sembra una persona schiva e malinconica come l’Alligatore. “Sono per la solitudine sana, quella che si raggiunge quando si sta bene da soli, perché il rischio di cercare in altre persone quello che ci manca è sempre in agguato. Sto bene con me stesso, anche se sono consapevole che l’essere umano non è fatto per stare da solo”.
IL CINEMA E LA PANDEMIA
È nel cast de Il giorno e la notte diretto da Daniele Vicari, il primo film in smart working girato durante la seconda fase del lockdown. “È stata un’esperienza evolutiva, sia perché ci ha dato la possibilità di distrarci da quello che stava accadendo, sia perché tutti noi (Vinicio Marchioni, Isabella Ragonese, Milena Miconi, Dario Aita, Francesco Acquaroli) abbiamo potuto partecipare attivamente alla realizzazione del film. Dalla collaborazione alla sceneggiatura, alla calibratura del suono, alle luci. Abbiamo fatto anche una prova costume via streaming. Davvero un’esperienza unica che spero il pubblico possa vedere presto”.
Ma la pandemia ha cambiato il modo di vivere il set? “Decisamente sì. Siamo super controllati e testati continuamente. In più ho notato un grande spirito partecipativo da parte di tutti, rispettoso nei confronti del lavoro e degli sforzi della produzione. Per questo ognuno di noi, quando finisce di lavorare, torna immediatamente a casa e resta lì fino al giorno dopo. Siamo anche in zona rossa! Spero che la situazione migliori, perché saremo qui fino a marzo e… bisogna inventarsi qualcosa”.
‒ Antonella Matranga
http://alligatoreofficial.com/
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