Rito, memoria, materia. Eleonora Ghezzi e Alberte Agerskov a Benevento

Oggetti come piccole sculture in negativo rappresentano momenti di condivisione o di intimità. Custodire un segreto o riunirsi attorno a un tavolo o a un braciere. Atti abitudinari o rituali al centro della prima mostra personale dello studio Ghezzi Agerskov presso la Swing Design Gallery, a Benevento.

Rituals of gathering è la nuova mostra proposta dalla Swing Design Gallery. Titolo evocatore di una condizione su cui il momento di pandemia ha invitato tutti a riflettere: il riunirsi attorno a degli oggetti che fungono da innescatori di processi di condivisione e socializzazione.
Eleonora Ghezzi e Alberte Agerskov non amano definirsi designer, si muovono tra arte e architettura, esprimendosi al meglio attraverso i materiali lapidei che studiano ed esaltano nei loro strati più interni.
Riportano negli oggetti in mostra tutta la loro attenzione nei confronti della Land Art del grande maestro Michael Heizer, dell’architettura del paesaggio e della tradizione scultorea.
Come sculture in negativo si configurano le opere esposte, in cui la materia viene scavata per enfatizzarne la complessità e la ricchezza. Rappresentano un invito a non fermarsi alla superficie, esplorando gli strati più profondi per conoscere le differenze di temperatura e di consistenza della materia nelle parti più interne, in una sorta di dialogo continuo tra arte e scienza.

LE OPERE DI GHEZZI E AGERSKOV

Gli oggetti e le forme scavate si pongono come intermediari tra uomo e natura, a volte esprimendosi in griglie ordinatrici, buchi disposti secondo precisi allineamenti come negli emblematici posacenere presentati recentemente alla fiera di design Edit o in forme organiche pronte ad accogliere gli elementi che danno poi nome all’opera esposta.
E così Fire rappresenta un braciere, Water una sorta di acquasantiera che utilizza la pietra verde dell’Isola di Ischia, materiale dalla forte valenza identitaria, Candle riceve la cera che cola dalla candela, Fruit è una fruttiera destinata a ospitare nella sua forma incavata un unico frutto. I buchi e i tagli di Lucio Fontana vengono riletti per includere altra materia.
I solchi possono essere geometricamente perfetti o riproporre forme organiche, ambigue richiamando a volte estetiche surrealiste.
Gli oggetti sembrano conservare traccia dei nostri gesti, che appaiono come impressi in una materia imperitura, innalzando la comune azione abitudinaria e quotidiana a rito consapevole e spirituale. L’abitudine si fa consapevolezza dei materiali, degli oggetti, delle azioni, dei momenti che ci legano gli uni agli altri.

Antonella Palladino

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Antonella Palladino

Antonella Palladino

Ha studiato Storia dell’arte presso le Università di Napoli e Colonia, laureandosi in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi dal titolo “Identità e alterità dalla Body Art al Post-Human”. Ha proseguito la propria formazione alla Fondazione Morra e poi…

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