Graffiti e passione. Intervista a Psiko
Cresciuto fra graffiti e writing, Psiko affronta la realtà decostruendola e scomponendone le immagini. Per dare una nuova interpretazione a ciò che lo circonda.
Psiko è nato a Torino nel 1982 e dal 2008 vive e lavora a Ferrara. Artista autodidatta, specializzato in dipinti e opere murali, negli ultimi anni ha affinato la tecnica con particolare interesse per la pixel art, la glitch art e l’idea artistica di “scissione” delle immagini. Fa parte del collettivo artistico VidaKrei (VKB), della sco crew e mcdl crew.
Cresciuto in un paesino di montagna, comincia a dipingere in prima superiore e scopre il mondo dei graffiti notando i murales e le tag che comparivano sui muri di Torino quando si spostava con gli amici in città. Negli anni Psiko ha attivato collaborazioni con diversi artisti, attratto dalla capacità del mondo dei graffiti di mettere in connessione lo stile e il linguaggio di persone di posti diversi, ma che hanno la stessa passione: “C’è una profonda umanità in questo mondo, e il confronto, anche fatto di critiche costruttive, è sempre motivo di crescita personale”, afferma.
Da circa sette anni la sua ricerca è orientata alla decostruzione delle immagini, con l’obiettivo di mettere in rilievo il dinamismo e lo sfaso della vita contemporanea. Per realizzare questo tipo di opere l’artista parte dall’analisi di una fotografia, sovrapponendo diversi frame. Al centro dell’esecuzione c’è la ricerca dei dettagli, veri protagonisti della narrazione visiva.
INTERVISTA A PSIKO
Di cosa ti sei occupato ultimamente?
Gli ultimi lavori sono stati eseguiti principalmente su tela, ho deciso di trattare tematiche che mi interessano, come l’abuso di plastica, i migranti, la condizione di schiavitù e di libertà, la rappresentazione di antiche dee in chiave contemporanea, paesaggi sezionati, glitching di texture naturali, e così via.
Ho scelto il glitching perché nella mia visione è la modalità di rappresentazione che meglio racconta la complessità della realtà contemporanea: che siano graffiti, tele o murales, sto lavorando su altre tipologie di glitching rispetto al passato, non solo digitali ma, appunto, relative all’elemento naturale. Per fare un esempio concreto, ecco come funziona: se noi stessimo guardando il profilo di una cannuccia all’interno di un bicchiere pieno di liquido, la nostra percezione, il nostro punto di vista, risulterebbe frazionato, plurimo.
Qual è la tua fonte di ispirazione?
Inserendo nei miei lavori elementi relativi alla società in cui viviamo, riesco a essere attuale e cerco di parlare tramite un linguaggio contemporaneo, motivo per cui non penso di avere una vera e propria direzione artistica, ma piuttosto mi faccio influenzare dalla ricerca quotidiana “sul campo”. Lo trovo molto appagante, per me è uno sfogo espressivo, fisico, diretto, che comunica con chi guarda senza barriere, rendendosi accessibile a chiunque, gratuitamente: glitchpainting.
Come hai vissuto questo periodo di pandemia?
Durante il lockdown ho continuato a lavorare, non mi sono mai fermato davvero; in quella fase, la cosa che più mi è mancata, è stata la partecipazione alle varie jam organizzate in giro per l’Italia, nelle quali si incontrano “pezzi di famiglia”. Ora penso che, con cautela ma senza paura, sia necessario trovare il modo per andare avanti, continuando a progettare.
Quali stile e tecniche utilizzi?
Utilizzo colori acrilici, spray, pennarelli e matite.
Come scegli cosa scrivere e rappresentare?
Spesso, in maniera egocentrica, scrivo il mio nome. Invece, l’oggetto di una rappresentazione è, piuttosto, legato al luogo in cui dove viene eseguito, a eccezione dei quadri, dove ciò che parla per prima è sempre l’emozione del momento.
PSIKO E LA STREET ART
Qualche ricordo di quando hai iniziato?
Mi affascinavano le firme, ma non sapevo esattamente quando e come venivano realizzate. Avevo una grande passione per il disegno e il writing, soprattutto agli inizi; nessuno ti insegna a usare gli spray. Quando ho cominciato la firma era qualcosa che percepivo come non accademico, che mi permetteva di esprimermi al di fuori della scuola. Abitavo in campagna e questo tipo di attività non aveva connotazione di protesta; disegnavamo in luoghi abbandonati, era un modo diverso e interessante di passare il nostro tempo.
Perché ti sei avvicinato alla Street Art?
Il mio lavoro arriva dal mondo dei graffiti: quando ho iniziato non si parlava ancora di Street Art, si trattava di un qualcosa di concepito più per divertimento che altro, fare ciò non era permesso, infrangere barriere, disegnare senza che nessuno giudicasse il lavoro con un voto, uno sfogo per la propria creatività. Ecco il motivo per il quale ho cominciato a dipingere.
La tua definizione di Street Art.
Non penso di avere abbastanza conoscenze per dare una definizione di Street Art: oggi il termine viene usato per definire i disegni per strada, che siano graffiti, murales o Street Art vera e propria. Per me è molto importante il background dell’artista: se il tuo percorso non è stato propriamente lineare o legale, in questo mondo, è come se ci fosse una sorta di valore aggiunto, perché da quella concezione di “arte di strada” è iniziato tutto.
Personalmente, mi piace pensare che non sia indispensabile identificarsi all’interno del termine Street Art, ciò che conta davvero è la passione per l’arte: supporto, motivazione e tecniche possono essere molto differenti, ma la passione è imprescindibile.
‒ Alessia Tommasini
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