A Milano nasce Teatro Delivery che porta il teatro nei cortili dei condomini e nelle case
Si tratta di un progetto di resistenza culturale per tenere vivo il teatro e tentare nuove modalità di contatto tra artisti e spettatori. Si cerca di correre ai ripari, dato che non si sa ancora con certezza quando riapriranno teatri e musei. Qui l’intervista alle fondatrici di Teatro Delivery.
Si possono ordinare alcune cantiche dell’Inferno dantesco oppure il “Pacchetto famose ‘na risata”; si può scegliere tra il riadattamento de La Locandiera di Goldoni e il “Rodari Remix”, incluso nel Menù Speciale, oppure proporre un testo a proprio piacimento. Sono solo alcune delle opzioni contenute nel menu di Teatro Delivery, iniziativa nata a Milano lo scorso dicembre per portare il teatro a domicilio. Per contrastare l’incertezza totale che grava sui teatri –chiusi dal 26 ottobre 2020 e non ancora riaperti – l’USCA – Unità Speciali di Continuità Artistica ha deciso di costituire un servizio alternativo che porta il teatro e la recitazione nei cortili dei condomini, negli atri, nei giardini pubblici, negli spazi aperti o in qualsiasi luogo in cui sia possibile la realizzazione della performance in completa sicurezza per attori e loro committenti. Come nel caso di un normale delivery, basta scegliere ciò che pare più “appetibile” (per un ordine minimo di 20 euro), contattare gli organizzatori e accordarsi sulle modalità di fruizione. A raccontarci della genesi di Teatro Delivery e di questo gesto di resistenza culturale, sono state in questa intervista le responsabili del progetto Marica Mastromarino diplomata al Piccolo Teatro nel 2017, con un vissuto legato al teatro di prosa e alla performance, e Roberta Paolini, attrice comica e di prosa.
Come è partita la vostra collaborazione per Teatro Delivery – Milano?
Ci siamo conosciute all’interno della Brigata Franca Rame durante il primo lockdown dove, come volontarie, abbiamo portato pacchi alimentari alle famiglie meno abbienti. Lì abbiamo incominciato con una prima bozza di Teatro delivery portando pillole di teatro a domicilio negli stessi cortili in cui operava la brigata insieme ai colleghi e compagni Eugenio Fea, Emanuele Turetta e Rossella Guidotti. Siamo entrambe attiviste nel movimento dei lavoratori e lavoratrici dello spettacolo nato in questa fase emergenziale, il Coordinamento Spettacolo Lombardia; Roberta, inoltre, è attiva nella Associazione di attrici Amleta, recentemente costituitasi, impegnata sulle tematiche della parità di genere e lotta contro la violenza sulla donna.
Da chi è nata l’idea di portare il teatro a domicilio?
L’idea nasce dall’attore leccese Ippolito Chiarello, da dieci anni attivo in Italia e non solo con il suo progetto Barbonaggio Teatrale, con il quale si propone nelle piazze con il suo banchetto e un menù per fare teatro in strada. A novembre 2020, in seguito alla chiusura dei teatri, Ippolito sente la necessità di dover correre ai ripari, di dover creare una resistenza culturale, trasformando il progetto in un Teatro a domicilio: chiama colleghi attori conoscenti in giro per l’Italia e gli propone di entrare creare altre USCA – Unità Speciali di Continuità Artistica. Siamo state tra i primi a rispondere alla chiamata, fondando a Milano il Teatro Delivery e sposando totalmente le USCA e le idee di Chiarello.
Com’è stata la vostra esperienza fino ad ora?
Il pubblico che ci ha chiamati e ha assistito ai nostri spettacoli è stato sempre entusiasta e tutto ciò ci ha sorpreso non poco. Da mesi con i teatri, i cinema e i musei chiusi, e migliaia di addetti al settore disoccupati, non assistendo a nessuna protesta dalla comunità, abbiamo veramente pensato di essere in fondo superflui e pertanto sacrificabili, così come le istituzioni ci stanno facendo credere e invece i messaggi che riceviamo sono completamente diversi e le richieste continuano ad aumentare.
Cosa vi hanno insegnato questi primi mesi di Teatro Delivery, quindi?
Ne abbiamo dedotto che un pubblico c’è, ed è affamato di quel patto teatrale che è comunità in primis, persone che parlano e si ascoltano. Forse, il teatro istituzionale dovrebbe farsi qualche domanda sul suo passato e cambiare rotta per il futuro. I bambini, insieme ai nonni e ai genitori, con la signora che stende il lenzuolo e sbircia, ecco il nostro pubblico: la nostra percezione, finalmente, è quella di essere necessari: resistiamo perché esistiamo. Con questo progetto, diciamo a gran voce che la Cultura è indispensabile tanto quanto il cibo.
Quali sono i pezzi più richiesti del “menù”?
Il nostro menù è composto da monologhi di repertorio, o comunque tratti da nostri spettacoli: si va da Dante a Benni, incluse proposte scritte di nostro pugno. Il pezzo più richiesto è senz’altro la Fame dello Zanni, riadattato da uno dei lazzi del Mistero Buffo di Dario Fo, e non è un caso. In generale, dopo lo Zanni, i pezzi più richiesti sono quelli comici ma anche il V canto dell’Inferno.
Come commentereste la chiusura prolungata dei teatri e l’attuale situazione della cultura in Italia?
Siamo spiazzate e sbigottite dalle inesistenti o ridicole iniziative prese dalle Istituzioni in questi mesi di totale o quasi assenza di Cultura, Arte, Spettacolo dal Vivo. Si è parlato solo di un discutibile Netflix della cultura, escludendo quindi la possibilità che il Teatro possa svolgersi dal vivo, tacciandolo quale luogo di contagio. Sappiamo bene in realtà che i Teatri sono spazi che ben si prestano al mantenimento delle distanze e quindi ad un monitoraggio sicuramente maggiore dei centri commerciali che invece sono aperti e super affollati. Ci auguriamo che questa iniziativa possa radicarsi anche in altre città, e che possa riportare la gente a teatro quando questi ultimi saranno finalmente riaperti.
– Giulia Ronchi
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per info: [email protected]
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