Percezione e materia. Una mostra collettiva a Verona
Si intitola “Rosso e Grigio” la mostra curata da Marco Meneguzzo negli spazi di Studio La Città a Verona. Una riflessione sulla materia e sul suo potenziale percettivo.
La mostra collettiva Rosso e Grigio, alla Galleria Studio La Città di Verona, a cura dello storico e critico d’arte Marco Meneguzzo, accoglie e abbraccia il visitatore, quasi volutamente rispondendo al bisogno di bellezza, di stimoli visivi e intellettivi, che sembrava essere stato tagliato di netto, ma non messo a tacere, dall’attuale pandemia.
Si presta a ciò perfettamente lo spazio espositivo, i cui ambienti ampi e luminosi donano grande respiro ai pezzi esposti. Così valorizzando l’allestimento, curato nei minimi dettagli e misure, nello stile improntato alla purezza formale e alle suggestioni materiche e concettuali, come proprio del target minimalista e analitico perseguito dalla galleria.
LA MOSTRA ALLA GALLERIA STUDIO LA CITTÀ
L’idea cardine della collettiva – allo stesso modo che nella precedente mostra dedicata alle opere in vetro ‒ nel proposito della gallerista e fondatrice della galleria, Hélène De Franchis, è mettere a confronto artisti di diversa provenienza geografica, cultura, età ed esperienza con l’uso dei materiali: in questo caso l’argilla, il “rosso” appunto, il fuoco, e il cemento, ovvero il “grigio”, l’acqua. Diciotto gli artisti esposti, che adoperano la terracotta o il materiale refrattario per tutto il corso della loro carriera, oppure ne fanno oggetto di temporanea sperimentazione: Luca Caccioni, Luigi Carboni, Sonia Delaunay, Lucio Fontana, Alberto Garutti, Dave Hardy, Antonio Ievolella, Claudia Losi, Emil Lukas, Imi Knoebel, Riyas Komu, Fausto Melotti, Daniela Monaci, Lucio Pozzi, Emilio Scanavino, Alberto Scodro, Francesco Simeti, Jessica Stockholder.
GLI ARTISTI E LE OPERE
All’ingresso della mostra ci accoglie – in perfetta collocazione d’apertura – l’opera di Alberto Garutti, una lastra in cemento colorato con su incisa la scritta: “Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora”, sintesi ideale della potenzialità e complessità del vissuto, di ciascuno e della collettività, che dischiude all’immaginazione una serie di arditi e godibili collegamenti. Questo si connette al “climax” finale di Water Study, opera di Emil Lukas: trittico composto da tre blocchi di calcestruzzo con inserite all’interno tazze in vetro e ceramica: una sorta di “impluvium” contemporaneo dove l’azione dell’ambiente e dell’acqua che ristagna o evapora dai recipienti è essenziale al completamento dell’opera.
Tali concetti di base innescano una reazione a catena, che coinvolge lo spettatore in un gioco intimistico di richiami e rimandi visivi, intellettuali e in ultima istanza spirituali. Un gioco silenzioso e gratificante di sottile comunicazione fra il luogo e le opere, e fra entrambi questi e il fruitore.
‒ Maria Palladino
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