Tamed Archive, memorie perdute per le persone del futuro
Un progetto di remix di filmini analogici che vanno dagli Anni Cinquanta agli Ottanta del secolo scorso, montati da Danilo Torre, e di suoni preesistenti riadattati da Alessandro Linzitto.
“Tamed archive” letteralmente significa “archivio addomesticato” o “archivio domestico”, ma la parola “tamed” ha anche assonanza con la parola “time”, infatti, è anche un “archivio temporale”. Filmati amatoriali analogici, comprati nei mercatini delle pulci di mezza Europa, vengono riadattati per i social perché qualcuno li veda, perché tornino in circolo. Del resto, anche i nostri attuali archivi di famiglia, i filmati amatoriali che produciamo, le foto che scattiamo prolifici ogni giorno sono destinati ad archivi smaterializzati dove li conserviamo (vedi Google Drive o l’ultima offerta di Amazon Prime che propone una memoria esterna infinita compresa nell’abbonamento) e, soprattutto, ai social network. Le foto e i momenti di cui ci ricordiamo sono prevalentemente quelli che abbiamo donato a Facebook o Instagram, quelli per cui abbiamo ricevuto più like, visto che ormai quasi non si stampa più. Proprio quell’effetto vintage per ritoccare le nostre foto su Instagram, che piace tanto anche a chi è nato in questo secolo e non può saperne troppo di rullini, polaroid e super8, viene da quelle vecchie pellicole. Per questo Danilo Torre ce le ripropone: persone trasfigurate, immagini sbiadite, sfarfallii poetici da un luogo sconosciuto e da un tempo sospeso ritornano dentro un montaggio in verticale e di un minuto ciascuno, adatto alla visione su telefonino e alle tempistiche dei social. Ogni video, frutto di una scansione ampia della pellicola tale da evidenziare perforazioni e supporto, privilegiando spesso le aberrazioni visive date dalla chimica, sarà pubblicato sui canali social, a cadenza settimanale, per un anno e convergerà poi in una installazione più grande. Anche la musica lavora per amplificare riverbero e atmosfere d’epoca. Ci si sofferma volutamente sui momenti più strani, sugli errori di sviluppo e sulle immagini deteriorate (elemento su cui Danilo Torre ha a lungo lavorato anche nelle sue precedenti opere).
IL FOUND FOOTAGE, L’OBJET TROUVÈ, IL TEMPO
Il “found footage“, il “video ritrovato”, è una pratica di recupero di film per realizzarne altri, parzialmente o interamente, con un metraggio preesistente, successivamente riassemblato in un nuovo contesto. Torre lo scopre studiando il cinema sperimentale degli Anni Sessanta e comincia a praticarlo negli Anni Novanta, quando il cinema utilizza molto film di famiglia per favorire il sorgere dei ricordi, flashback, ed evocare il lavoro e la potenza della memoria soggettiva a partire dalle identità personali o sociali.
Torre, nel suo ultimo libro autoprodotto in tiratura limitata, French film, spiega che anche il film amatoriale si comporta – come Deleuze affermava per il metacinema – come “un’immagine cristallo”: dato che il passato non si forma dopo il presente, ma si forma contemporaneamente a esso, il tempo in ogni istante si sdoppia in presente e passato. Mentre scorre, il tempo mantiene sempre queste due anime: di qualcosa che sta scivolando verso qualcosa che non c’è più e si sta incarnando in qualcosa di nuovo che è il nostro presente. È come se vedessimo, in quei frammenti di filmini utilizzati, un piccolo “cristallo di tempo”, ovvero un momento in cui c’è uno sdoppiamento, come se ci fosse il presente e contemporaneamente il passato che si conserva. Il cinema amatoriale si comporta, dunque, come un macchina del tempo.
Il cinema, come la musica, ha alla base il tempo. Il suono viene talvolta costruito sulle immagini, talvolta le immagini vengono scelte seguendo la linea del suono. Sia video che audio vengono costruiti con il principio dell’objet trouvè (“oggetti” recuperati dagli artisti ed esposti, senza o con minime alterazioni, come opera d’arte).
LO SPECCHIO, LA MEMORIA E IL FUTURO
Viviamo una sovrapproduzione di immagini e il loro riutilizzo è uno dei grandi temi del futuro (lo avevano capito Warhol, Schifano, Godard per dirne tre) e anche Bourriaud, che in Postproduction sostiene che: l’arte contemporanea è un montaggio, l’artista deprogramma al fine di riprogrammare. Lo aveva predetto Benjamin: “Nella rappresentazione dell’uomo attraverso l’apparecchiatura la sua autoalienazione ha esperito una valorizzazione altamente produttiva. (…) L’immagine speculare può essere staccata da lui, è diventata trasportabile. E dove viene trasportata? Davanti alla massa“. Lo strumento, l’apparato tecnologico, diventa co-autore delle nostre immagini, di milioni di matrimoni, baci, primi passi, tuffi, viaggi, sorrisi, feste, partite a pallone, monumenti… Il fascino dei filmati amatoriali per Torre parte proprio dalla loro autenticità, dal loro essere l’occhio non ufficiale del secondo Novecento, dalla loro sostanza chimica e analogica, dalla possibilità di salvare questi “cristalli di tempo” dall’oblio, facendo rivivere “finestre sul passato” ai contemporanei, trasportandoli nel futuro.
‒ Mercedes Auteri
https://danilotorre.com
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