Si intitola Giorgio Morandi: The Poetics of Stillness la mostra in corso al museo M WOODS di Pechino. Ne abbiamo parlato con Victor Wang, curatore e direttore artistico della sede museale, già fondatore dell’Institute of Asian Performance Art.
Quali sono stati i criteri di scelta per esporre Giorgio Morandi a Pechino?
Nel 2020, per poter organizzare la prima mostra in Cina delle opere del celebre artista italiano Giorgio Morandi, è stato necessario ripensare ai confini visivi; che cosa significa comprendere il reale, e, come Morandi, progettare tutto per una migliore fruizione ed esperienza dello spettatore nel suo mondo. Oggi Giorgio Morandi ci offre una nuova percezione: come lo scrittore francese Marcel Proust ha accuratamente osservato, il viaggio verso la scoperta consiste non nel cercare nuove terre ma nel guardare con nuovi occhi. E in questo 2020 appena trascorso, il paradigma visivo di osservare il mondo di Giorgio Morandi, e il nostro posto in esso, continua a rimanere rilevante. Soprattutto perché il mondo si è spostato nella realtà digitale, c’è il bisogno di un ritorno a un modo di percepire più analogico, o intimo, per fornire un bilanciamento.
Ho potuto osservare la coda di persone in fila all’ingresso del museo M WOODS, come è stato l’approccio del pubblico cinese alle opere di Morandi?
Abbiamo avuto un’incredibile risposta da parte di tutta la comunità. C’è stato un particolare interesse alla mostra da parte degli studenti delle università della capitale cinese, come anche la partecipazione dei professori di arte e degli artisti locali, che raramente hanno il privilegio di vedere a Pechino così tante opere d’arte tutte insieme.
Mi ha fatto inoltre molto piacere vedere le scuole e le università partecipare, oltre che con le visite guidate al museo, anche con conferenze e discussioni nelle nostre sale e utilizzare la mostra come base per l’educazione e la formazione artistica.
Perché hai scelto come titolo della mostra The Poetics of Stillness?
Morandi è nato a Bologna il 20 luglio 1890, ha passato la maggior parte della sua vita nella sua città natale e ha sempre lavorato in un modesto laboratorio e vissuto in un piccolo appartamento diviso con le tre sorelle. Io trovo perciò che i suoi paesaggi contemplativi, su piccola scala, e le rappresentazioni delle nature morte formate da oggetti di comune utilizzo creino uno spazio poetico che può essere paragonato a ciò che il poeta T.S. Eliot ha descritto come “the intersection of the timeless with time“.
Il titolo della mostra, The Poetics of Stillness, racconta di una quiete che è stata raggiunta lottando con il tempo, la luce, gli oggetti e i colori ‒ allontanandosi dalle classiche categorie temporali per creare spazi profondi di contemplazione, in un periodo storico caratterizzato dal culmine della guerra e del conflitto del primo Novecento. Natura morta, del 1960, un dipinto degli ultimi anni di Giorgio Morandi, è un ottimo esempio di quando combina due approcci, di cui parlo anche nel catalogo della mostra, ovvero: l’assenza e la presenza del tempo attraverso luci e ombre, in un’unica opera esemplare.
GIORGIO MORANDI IN CINA
Che cosa intendi quando, in riferimento alle opere in mostra, parli di “compositions in parallel with concepts of timelessness in both European and traditional Chinese thought and philosophy”?
Per la prima personale delle opere di Giorgio Morandi in Cina, è stato importante considerare lo studio sulla forma alla quale lui dà estrema importanza e la quasi meditativa ripetizione di nature morte e composizioni introspettive in parallelo con la ricerca dell’atemporalità che troviamo nel pensiero e nella filosofia sia europea sia tradizionale cinese. Tuttavia, piuttosto che forzare una congiunzione tra i due, come soggetti a sé stanti, ho voluto tentare di aprire quello che Homi Bhabha potrebbe chiamare “third space of inquiry”, cioè la possibilità di creare nuovi dialoghi e relazioni al di fuori di qualsiasi interpretazione culturale. Ad esempio, la traduzione delle opere di Morandi in un contesto culturale cinese può essere uno strumento per costruire una nuova comprensione di ciò che è stato precedentemente evidenziato del suo lavoro. Ad esempio, la teoria del ‘dúhuà’ nella pittura cinese e il concetto dello ‘xiěyì’ della Dinastia Song (dal 960 al 1279) sono due chiavi di lettura per interpretare un dipinto, ed entrambi i punti di vista possono dare nuovi significati alle opere di Giorgio Morandi, invece che mettere tutto semplicemente in relazione con il contesto storico italiano del dopoguerra.
Ci fai qualche altro esempio?
Si potrebbe anche confrontare Six Persimmons, del pittore Muxi della Dinastia Song (attivo tra il 1250 e il 1270 circa), forse uno dei primi esempi in Cina di una natura morta, con la rappresentazione della frutta fluttuante nell’aria in varie sfumature, con Natura morta con pere e uva di Giorgio Morandi (1927). In entrambe le opere si nota un profondo desiderio contemplativo, sebbene in due tempi e luoghi molto differenti, di andare oltre una mera rappresentazione formale della realtà ‒ attraverso luci, ombre e composizioni, offrendo una diversa, più sfumata prospettiva su come le cose esistono e occupano spazio nel mondo.
Sebbene non ci siano prove dirette che Giorgio Morandi sia stato influenzato dalla cultura cinese, durante la nostra ricerca per la mostra ci siamo resi conto che era sempre aggiornato su quello che accadeva nel mondo attraverso libri e riviste, nella sua biblioteca personale aveva diverse pubblicazioni sulle decorazioni cinesi. E con l’aiuto del Museo Morandi di Bologna abbiamo individuato i titoli dei libri legati all’arte cinese.
Il numero otto è sinonimo di fortuna e prosperità nella cultura cinese, per questo motivo sono state scelte otto opere del pittore italiano?
La numerologia di questa mostra in particolare non è stata una chiave di ricerca per la curatela, ma sono contento che abbiamo raggiunto il numero fortunato otto.
LE OPERE DI MORANDI IN MOSTRA
Quali sono stati i criteri di selezione delle otto opere in mostra?
Quando ho studiato per organizzare la mostra, ho voluto evidenziare e ri-tradurre elementi chiave delle opere di Giorgio Morandi, cioè, capire prima il contesto in cui le opere sarebbero state esposte, per meglio presentare l’artista in Cina. Tradurre una carriera di cinquant’anni per ottanta opere d’arte, – dai primi anni di vita di Morandi, attraverso la prima mostra a Bologna nel 1914, quando era fortemente influenzato da movimenti artistici d’avanguardia come il Cubismo e il Futurismo, al periodo tra il 1930 e il 1956, quando era professore di incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna, fino agli Anni Sessanta – a un pubblico che non ha mai visto prima i lavori di
Morandi, era importante per fornire una panoramica al pubblico cinese. Alcune tecniche di Giorgio Morandi, come il paesaggio, lo sfondo e la disposizione delle bottiglie e dei vasi di ceramica, risaltano in quanto hanno un’immediata risonanza con una storia culturale cinese, motivo per cui la mostra ha seguito determinati temi piuttosto che un approccio cronologico.
Quali sono?
I temi della mostra sono suddivisi in quattro sezioni principali: Transitions, Recurrence, Landscapes e Late Works on Paper. Cioè nello stesso modo in cui l’artista ha disposto una serie di oggetti diversi per creare un’unica immagine visiva. Le gallerie del museo sono state suddivise in base ai quattro temi che approfondiscono elementi specifici della tecnica artistica di Morandi, come il suo interesse per la ripetizione degli elementi e il suo studio sempre presente dell’ambiente naturale di Grizzana Morandi, per costruire un ritratto fedele della carriera dell’artista attraverso le sue pratiche nello scorrere della vita.
Il fattore tempo, il tempo della vita artistica di Morandi e la sua evoluzione, che ruolo gioca nell’installazione della mostra?
Come accennato in precedenza, Morandi ha trascorso quasi tutta la sua vita in Italia, ha viaggiato all’estero forse un paio di volte, e ha sempre lavorato in un modesto studio e appartamento che condivideva con le sue tre sorelle. È interessante notare che, in una lettera scritta nel 1953, Morandi affermò che c’erano “diverse varianti dello stesso lavoro e gli stessi oggetti compaiono anche in altre immagini“. Infatti è in queste varianti che osserviamo Giorgio Morandi sviluppare il concetto di percezione del tempo, quello che alcuni hanno chiamato l’esame visivo di tutti i percorsi possibili. Questo ci dà un’idea di come il tempo è stato svelato attraverso le sue variazioni. Un’opera chiave in tal senso e la Natura morta del 1949. Questo dipinto mette in luce un elemento centrale della tecnica di Giorgio Morandi: la fusione degli oggetti in un’unica forma condivisa. In questo lavoro, il graduale congiungimento degli oggetti può essere visto osservando la sezione più alta delle due bottiglie nel dipinto. È qui, in questo punto focale, dove avviene l’unione tra le due bottiglie, le cui sommità si fondono come i colori, e la separazione originale dello spazio tra le due cessa di esistere e di conseguenza viene introdotta una nuova forma visiva. Nello stile di Giorgio Morandi, c’è un “trucco” visivo meno noto che può essere visto solo esaminando attentamente il dipinto, e non è visibile nelle immagini fotografiche dell’opera.
Ovvero?
Queste sono le famose “ghost shadows” di Giorgio Morandi, come le chiamo io: resti, forse, dell’affiliazione di Giorgio Morandi con la pittura metafisica. Ma è nelle ombre e nella luce che vediamo come il tempo è deformato. Alla sinistra della bottiglia bianca centrale principale si vede una leggera sagoma scura appartenente a un’altra bottiglia – una bottiglia che non è fisicamente presente ed è visibile solo attraverso la luce e l’ombra. Qui Giorgio Morandi ci mostra la sua percezione della realtà e del tempo. Questa ombra controintuitiva diventa ancora più strana, in quanto si trova sul lato opposto delle altre ombre del dipinto, che sono direzionate verso l’angolo in basso a destra dell’opera, e così va contro la naturale direzione delle ombre. Sappiamo che le ombre erano usate nella preistoria per leggere il tempo attraverso i movimenti del sole. Giorgio Morandi una volta ha detto che “i sentimenti e le immagini che il mondo visibile suscita in noi sono molto difficili da esprimere, o forse sono inesprimibili con le parole, perché sono determinati da forme, colori, spazio e luce“.
‒ Ambra Patarini
Beijing // fino al 5 aprile 2021
Giorgio Morandi: The Poetics of Stillness
M WOODS MUSEUM
798 Art Zone D-06
No.2 Jiuxianqiao Rd, Chaoyang
www.mwoods.org/Giorgio-Morandi
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