Il MACTE dal Molise al mondo. Intervista alla direttrice Caterina Riva
Parola alla neodirettrice del MACTE – Museo d’Arte Contemporanea di Termoli, che è tornato ad accogliere il pubblico dopo la chiusura con una serie di novità.
Anche in Molise i musei hanno riaperto i battenti. Il MACTE ‒ Museo d’Arte Contemporanea di Termoli propone un riallestimento delle opere della collezione permanente e numerose iniziative e progetti. Lo storico Premio Termoli si rinnova e fervono i preparativi per la prima biblioteca d’arte della Regione. Ne abbiamo parlato con la nuova direttrice artistica Caterina Riva.
Da settembre è la direttrice artistica del MACTE. Una nuova storia da scrivere che parte dagli spazi del museo, oggi un vero e proprio cantiere a cielo aperto. Il MACTE si arricchisce e si ingrandisce, cosa ospiterà la nuova ala in costruzione?
La nuova ala è stata progettata per ospitare una biblioteca d’arte, la prima in Molise, e per dare spazio alle attività didattiche e presentazioni. Ragioneremo a lavori finiti sulla destinazione più opportuna, tenendo conto della difficoltà di programmare eventi in questo lungo periodo emergenziale e di ragionare su come stare insieme in un futuro prossimo.
Quanto ha desiderato la riapertura dei musei in zona gialla? E in che modo ha affrontato questi mesi senza pubblico?
Questi primi giorni di riapertura sono stati un’iniezione di energia per tutti noi, visitatori e lavoratori del museo, e ringrazio tutti i colleghi/e che da altre regioni ci inviavano auguri e pensieri, aspettando pazientemente il proprio turno di ripresa. Durante la chiusura del museo, abbiamo messo a punto una nuova presentazione e selezione di opere del Premio Termoli. Con la responsabile della didattica del MACTE, invece, abbiamo realizzato dei video tour del museo che abbiamo messo a disposizione di insegnanti e studenti. Poi ci sono stati incontri pubblici online e stiamo lavorando a un nuovo sito per il museo che si presterà molto di più alle attività digitali.
Ha scelto di confrontarsi con la collezione del Premio Termoli, riaprendo con un innovativo allestimento delle opere privilegiando punti di vista diversi. A volte, ad esempio, nomi storici dialogano con giovani artisti come i vincitori delle ultime edizioni, Benni Bosetto e Riccardo Baruzzi. Quale idea ha seguito?
Volevo introdurre nuovi linguaggi artistici contemporanei, come l’installazione, nel repertorio storico di pittura e scultura, ma anche mostrare come tematiche del passato posso essere reinterpretate nel presente e viceversa. Ho cercato anche di dare più spazio alle artiste e a opere scultoree che non sono state esposte con molta frequenza.
In questo intreccio tra percorsi storici e ricerca contemporanea sul linguaggio artistico, ad aprire il percorso espositivo è un’opera di Getulio Alviani che purtroppo non è stata conservata nel modo corretto. A proposito della conservazione e del restauro di opere d’arte contemporanea, aspetto fondamentale per la valorizzazione della collezione, in che modo verrà coinvolta la scuola di restauro dell’Accademia di Brera?
La scelta di aprire il percorso con Alviani fa da monito alla responsabilità di un nuovo museo di occuparsi della corretta conservazione e valorizzazione delle opere che custodisce. La convenzione con la scuola di restauro dell’Accademia di Brera è una collaborazione che vorremmo sempre più attiva e visibile al pubblico, per far intravedere parte del lavoro che avviene dietro le quinte in un museo di arte contemporanea con una collezione permanente.
IL FUTURO DEL MACTE
Tra i progetti che ha annunciato c’è anche il coinvolgimento di critici e curatori per conoscere meglio e rendere più fruibili le opere esposte, spesso di difficile lettura. Cosa verrà loro richiesto?
La redazione di testi sta avvenendo gradualmente con l’invito a critici, curatrici, artisti e artiste che, per età ed esperienza, o per affinità, hanno una vicinanza con le opere. Questi testi saranno firmati dagli autori e autrici e vorrebbero portare una pluralità di voci e prospettive nella collezione, sia per dare un’impronta scientifica alla storia del Premio Termoli ma anche per avvicinare un pubblico curioso che vuole saperne di più.
Pensa che in futuro potrebbe essere dedicato uno spazio allo studio critico del percorso artistico e non solo di Achille Pace, una delle figure più importanti legate al Premio Termoli?
Spero che il MACTE possa diventare un catalizzatore di ricerca e dobbiamo senza dubbio partire dal conoscere meglio cosa abbiamo in casa. Stiamo cercando di raccogliere materiale e informazioni direttamente da artisti, da persone vicine ai fatti e di digitalizzare l’archivio.
I grandi nomi della collezione sono i protagonisti della scena artistica romana negli Anni Sessanta, dal Gruppo Uno alla Scuola di Piazza del Popolo. Le mostre temporanee che verranno ospitate al MACTE manterranno uno sguardo privilegiato sul territorio italiano o coinvolgeranno anche nomi internazionali?
La prima mostra che curerò al museo, Le 3 ecologie, coinvolgerà sia opere storiche che contemporanee di area italiana, ma includerà anche opere di artisti internazionali che ho incontrato quando lavoravo all’estero e che vorrei portare a Termoli.
Anche la prossima edizione del Premio Termoli presenta delle novità, ospitando per la prima volta una sezione di architettura e design. Come mai questa scelta?
Il MACTE vuole legarsi a un territorio e operare anche al di fuori delle mura del museo, e quale occasione migliore che pensare a un progetto specifico per lo spazio pubblico come una pensilina del bus? Il Premio Termoli non esiste senza la città che lo ha ospitato dal 1955, ma dobbiamo ricordare alla città, e al mondo, del Premio Termoli. L’open call internazionale della sezione Architettura e Design ha raccolto quasi 200 progetti di architetti, designer e artisti, e ci auguriamo che la mostra dei progetti finalisti contribuirà al dibattito estetico di Termoli e oltre.
CULTURA E ARTE IN MOLISE
Quali sono le sfide che sente di dover affrontare in un momento particolarmente difficile e in un territorio solitamente considerato fuori dagli eventi e dai giri dell’arte, in generale poco conosciuto e frequentato se non in estate?
Vorremmo che il MACTE diventasse una destinazione durante tutto l’anno. La programmazione, a partire dal Premio Termoli, ci aiuterà in questo intento. Il Covid sta alterando queste percezioni di centro e periferia e l’interesse crescente su questa regione è testimoniato dall’attenzione di guide, riviste che si occupano di turismo, cultura, cibo e molto altro.
Anche Pescara sta vedendo nascere un nuovo museo che raccoglie un’importante collezione di opere di Mario Schifano. Tutto ciò fa ben sperare per le città adriatiche. Cosa ne pensa?
Ogni iniziativa culturale è la benvenuta e spero di approfondire, appena si potrà, la conoscenza delle realtà vicine. Già ci sono contatti e inizi di riflessioni comuni con associazioni e musei del versante adriatico, nel frattempo il MACTE è diventato parte di AMACI ‒Associazione dei Musei di Arte Contemporanea Italiani.
La grande solidarietà tra gli artisti negli Anni Sessanta, che si espresse anche nell’operare attraverso gruppi, può essere un importante spunto di riflessione per riuscire a superare questo momento di crisi dell’arte dovuto anche alla situazione di pandemia? Può diventare un invito a reagire all’isolamento cui siamo indotti?
Me lo auguro, ma dobbiamo imparare ad abbandonare considerazioni prettamente utilitaristiche e individualistiche a favore di modelli di condivisione.
‒ Antonella Palladino
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