Riapre l’American Academy in Rome. Intervista al nuovo direttore Avinoam Shalem
L’istituzione americana a Roma riapre le porte con un nuovo gruppo di borsisti, un nuovo direttore e un programma di appuntamenti per raccontare l’etica, il classico, la città e il mediterraneo. Nonostante il Covid
Nuovo corso per L’American Academy in Rome che per l’anno 2021 presenta un nuovo programma, un nuovo gruppo di borsisti e un nuovo direttore, Avinoam Shalem. Dopo i rallentamenti dovuti all’emergenza sanitaria che hanno posticipato l’inaugurazione dell’anno accademico a gennaio 2021, invece che come di consueto a settembre, l’istituzione privata sul Gianicolo che intreccia la cultura americana con quella italiana, ma anche europea e non solo, e con un amore spassionato per Roma, apre le danze con una conversazione sulla configurazione storica del medioevo e in rapporto con il presente, anche in ossequio alla specializzazione del nuovo direttore, Professore per le Arti dell’Islam nel Dipartimento di Storia dell’Arte e Archeologia presso la Columbia University. Il lavoro di Shalem sarà affiancato dalla direttrice artistica Elizabeth Rodini e dal team dell’AAR. In questa intervista racconta cosa accadrà quest’anno e cosa faranno i borsisti, tra i quali figurano anche quattro italiane (Francesca Berni, per l’architettura; Giuliana Mosca nel campo degli studi del Rinascimento e della prima età moderna; Sara Enrico e Corinna Gosmaro per le arti visive).
Riapre l’American Academy in Rome, con un nuovo direttore e un nuovo gruppo di fellows: quali sono le vostre aspettative?
Una risposta breve ma dritta al punto: Alte! Lasciami spiegare: vedo l’American Academy come un Forum intellettuale, una agorà di pensiero, scambi e stimoli. Siamo molto fortunati ad avere qui menti creative d’eccellenza e tanti artisti pieni di talento. I nostri borsisti sono artisti, storici, storici dell’arte, architetti, designers, musicisti, scrittori e artisti visivi. L’American Academy in Rome è una piccola eterotopia; in questo senso racchiude idee contradditorie e atti sperimentali che solitamente per loro natura sono incompleti. Tuttavia, esiste sempre un vettore collettivo che mira al cambiamento …Ho lasciato NY per venire a Roma, tendo quindi a pensare a questo spazio come all’East Village a Manhattan nel suo momento di gloria, ma anche ad altri centri bohémien e intellettuali come Soho a Londra, Beirut o Berlino. Ciò che spero è di creare uno spazio dinamico, che cambia costantemente e ridisegna i propri confini e orizzonti, con l’obiettivo di produrre ed affinare pensiero.
Diventi direttore dell’American Academy in un momento molto complesso della storia delle istituzioni culturali, ma anche degli scambi internazionali. Le Accademie Straniere assumono un ruolo particolarmente importante perché avvicinano luoghi e dimensioni culturali prima facilmente raggiungibili, oggi allontanati dal virus. Come state reinterpretando il vostro ruolo in tal senso?
È sicuramente un momento molto difficile e la distanza sociale non è la cornice ideale per rafforzare l’interazione. Ma si, noi siamo qui sul Gianicolo, le nostre porte sono controllate ma aperte, i nostri borsisti sono arrivati e la biblioteca dell’AAR accoglie gli studiosi italiani. Siamo pronti a mescolarci con la città di Roma e a contribuire ad essa. Nell’era del Covid, Zoom è diventato un luogo privilegiato e nonostante sia stato molto criticato da attivisti e manifestanti per i diritti civili e il libero pensiero, ha aperto nuove rotte per la nostra comunicazione globale. Oggi una lecture nel nostro programma di conversazioni può raggiungere dai 500 agli 800 uditori. Il nostro ruolo di ambasciata culturale va oltre i perimetri della città di Roma, possiamo raggiungere pubblici in tutta Italia, in Europea e persino oltremare.
E come reinterpretate il senso e l’organizzazione delle fellowship?
Il programma delle borse di studio si intitola back to the normal, back to B.C dove B.C sta per Before Covid era, dal momento che stiamo provando a recuperare, tornando indietro al passato pre Covid, una sorta di Rinascimento? O meglio potremmo dire che stiamo provando a mantenere il pre-Covid concept di un centro di ricerca? Certo, tentiamo di creare per quanto possiamo uno spazio di pensiero con l’utopia di sconfiggere la pandemia aderendo a valori umanistici di libertà di pensiero ed uguaglianza. Tuttavia la pandemia domina i nostri movimenti, ma risparmio ai vostri lettori ulteriori descrizioni inerenti le nostre revisioni quotidiane dei manuali relativi al Covid, che dettano il nostro comportamento negli spazi pubblici.
Che tipo di legacy ti hanno lasciato i tuoi predecessori? Come è la Accademia che hai ereditato?
Come tutti i direttori dell’AAR, me compreso, sospetto che l’eredità che lasciamo racconti la storia di come le società accademiche Nordamericane abbiano trattato e trattino tutt’ora l’idea del “Classico” – il passato, il canone, il gusto, etc. -. In effetti il Classico è una traiettoria, un percorso di narrazione, un insieme di linee temporali che ci viene chiesto di rivisitare criticamente e che non possiamo ignorare o ignorare così facilmente; allo stesso modo non possiamo aggirare una riflessione sul Colonialismo, o l’Orientalismo e altri momenti nelle storie della nostra civiltà e le conquiste senza fine del nostro mondo, fatto di guerre e imperi trionfali.
Sei autore di ricerche sull’Arte Araba nel bacino del Mediterraneo e sulle interazioni artistiche tra le diverse culture del Mediterraneo. Come porterai la tua ricerca nell’Accademia Americana?
Tornando alla mia risposta precedente, l’arte araba rappresenta solo un ulteriore sviluppo della cultura visiva tardoclassica dell’Impero Romano. Perciò, in questo senso, sto solo allargando la visione panoramica del termine “Classico”, allungando l’arco temporale della classicità, l’ethos dell’arte Occidentale. L’idea è quella di sfidare il nucleo dello schema occidentale sul Classico. Questo se siamo d’accordo che l’Islam ha prodotto la migliore infrastruttura per la prosecuzione della tradizione Classica a Levante e in Arabia Saudita. O nella Baghdad dell’ VIII secolo – la capitale degli Abbàsidi di Harun Al-Rashid è infatti uno dei maggiori centri medievali della tradizione classica. Vedo il fantasma classico di Roma nella Baghdad medievale -.
E il Mediterraneo?
È anche possibile suggerire uno sguardo correttivo dell’arte del Mediterraneo, uno sguardo ad entrambi i lati del Mare e quando dico entrambi i lati non mi riferisco solo al comune approccio che lo divide in est e ovest, ma anche la divisione tra nord e sud. In aggiunta, vorrei per esempio stabilire l’utilizzo della definizione del termine Mediterraneo Nero in questo spazio, con l’obiettivo di rivisitare ulteriormente e criticamente le storie e le storiografie del Mediterraneo. Vorrei richiamare l’attenzione degli studiosi sull’importante e critico ruolo artistico e culturale svolto dal continente africano nel plasmare l’estetica mediterranea e, paradossalmente, rilevare la sua assenza dalla maggior parte degli studi mediterranei; e dicendo Africa e Mediterraneo, voglio andare oltre i rassicuranti confini accademici che sono stati fissati intorno al Nord Africa (o Africa bianca, direi), uno spazio che è stato accettato per ragioni politiche, nella storia del Mediterraneo, però secondo rigorosi criteri occidentali e norme estetiche.
Quali sono le attività in programma per quest’anno e come ovvierete alle chiusure imposte dall’emergenza sanitaria?
Vogliamo creare una zona di sicurezza per i nostri borsisti e per lo staff dell’AAR. Come molte istituzioni metteremo il nostro programma online. Ad esempio lanceremo in streaming una serie di letture, dibattiti e conversazioni online, tutte aperte al pubblico. La prossima sarà il 2 febbraio. Stiamo inoltre programmando una conferenza di un giorno sulle tracce di memorie urbane nella città, nella quale la “città” sarà analizzata come oggetto: dalla sua superficie si possono raccogliere tracce di vita umana, aspirazioni e anche attività distruttive.
Emergenza sanitaria a parte, gli Stati Uniti sono stati nel corso dell’ultimo anno un laboratorio di impulsi, movimenti, malcontenti, nevrosi che hanno generato riflessioni positive, cambiamenti, ma anche episodi negativi come l’assalto a Capitol Hill. L’AAR è sempre stato un luogo d’eccellenza per il pensiero critico. Nel vostro programma è prevista la riflessione su questi aspetti? Se sì come?
Il tema del nostro programma accademico 2021 /2022 è dedicato all’Etica. Penso che questo dica e riveli il nostro desiderio di rivisitare e comprendere il nostro vicino e traumatico passato mettendo il dito nella piaga della nostra società democratica.
Il 2 febbraio si apre con un incontro online con David Nirenberg intitolato On ghettoes, medieval, modern and metaphorical. Cosa ci insegna il medioevo oggi?
Ve lo diciamo il 2 febbraio. Registratevi al link sottostante per partecipare.
– Santa Nastro
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