Alexis Peskine – A Piantare un Chiodo
La mostra è parte di Black History Month Florence. VI Edition. OSTINATO.
Comunicato stampa
Nel linguaggio, l’espressione “piantare un chiodo” è associata all’idea di chiusura o conclusione e può riferirsi a varie attività, dal sigillare una bara al finire un lavoro. L’impegno che l’espressione richiama può essere utile a comprendere e valorizzare il senso di decisione e risolutezza, soprattutto se presa in merito alle storie collettive e alle intricate analogie diasporiche degli afrodiscendenti. In questo contesto, la “chiusura” è affine alla finzione propagandistica del progresso; una finzione concepita con quel senso di irreversibilità che è volto a soffocare le scintille del pensiero rivoluzionario e le forme di risveglio sociale che la mancanza di chiusura invece produce. A Piantare un Chiodo è il risultato del lavoro di Alexis Peskine, in cui i ritratti di persone afrodiscendenti sono imbastiti di chiodi come forma di dichiarazione, provocazione e risarcimento. Si tratta di ritratti carichi di violenza, in cui l’applicazione di chiodi e foglia d’oro su superfici fradicie di legno, costituisce un atto al tempo stesso meticoloso e rituale. Usando materiali locali, come la terra locale e i pigmenti usati per gli affreschi sugli edifici della città, le opere raccolgono i ritratti fiorentini di afrodiscendenti, per riflettere sulla diaspora e sul processo di guarigione transnazionale. In italiano, “piantare un chiodo” significa fare un debito. In un momento in cui le insicurezze sociali e spirituali vengono percepite con maggiore consapevolezza, i chiodi piantati da Peskine, richiamano la messa a dimora di semi che portano in sé il peso dell’eredità. Un retaggio che segna la vita individuale e al contempo si estende a formare una coscienza collettiva, e la cui rigidità è prezzo e prodotto del tentativo eurocentrico di eludere un debito.
Alexis Peskine è nato a Parigi nel 1979. Nel 2004 è stato borsista Fulbright, ha conseguito una laurea alla Howard University e si è laureato al Maryland Institute College of Art (MICA). Partendo dalla sua eredità e storia personale, il suo lavoro artistico - che si tratti di rilievi di chiodi su larga scala o di fotografie - è particolarmente interessato all'esperienza nera e alle dinamiche del colonialismo e della migrazione. Il suo lavoro è stato presentato in numerose mostre internazionali presso, tra gli altri ELA - Espaço Luanda Arte, Luanda; FLUP - Festa Literária das Periferias, Rio de Janeiro, Brasile; Somerset House, Londra (2019); Museum of Contemporary Photography, Chicago, USA; Cantieri Culturali alla Zisa, Palermo, Italia (2018); Dak'Art Biennale, Dakar (2016); The Devon House Mansion, Kingston (2015) e la SLP Gallery dell'Università di San Diego, USA (2014). Vive e lavora a Parigi, Francia.