30 anni di KW Institute of Contemporary art. Berlino celebra l’istituzione con un anno di eventi
L’istituzione che ha fondato la Biennale di Berlino nel 1998 spegne quest’anno 30 candeline. E nonostante la pandemia, lancia un ricco programma di iniziative. L’intervista con il direttore Krist Gruijthuijsen
Correva l’anno 1998, in piena epoca di “biennalizzazione”, quando Berlino, che al tempo si posizionava come mecca dell’arte contemporanea del mondo attraendo artisti, curatori, creativi, aspiranti e (anche) svitati da tutto il mondo, in un fermento realmente invidiabile, lanciava la prima edizione della sua biennale guidata da un pool col botto formato da Hans Ulrich Obrist, Nancy Spector e Klaus Biesenbach – questi ultimi due allora le teste di serie della museologia americana. A promuovere il progetto era KW Institute of Contemporary Art, (dove KW sta per Kunst-Werke, opere d’arte), fondata nel 1991. 30 anni sono trascorsi da allora, festeggiati nel 2021, in piena pandemia, con un programma di mostre ed eventi fruibili anche online, supportati da un potente parterre di sponsor e collaborazioni (tra i quali la Quadriennale di Roma) e addirittura dall’artista Olafur Eliasson e la collezionista Julia Stoschek. Tra gli appuntamenti previsti in calendario le mostre degli artisti Renée Green, Leonilson, Michael Stevenson, e Amelie von Wulffen, le collettive curate dagli artisti Iman Issa e Ghislaine Leung; inoltre una performance di Michele Rizzo. Ma anche una serie di nuove commissioni: un’opera sonora di Susan Philipsz in omaggio a Rosa Luxemburg, la reinstallazione di una stampa monumentale di Katharina Sieverding nello spazio pubblico, mentre l’artista Sissi Tolaas creerà una serie limitata di saponi che richiamano la precedente vocazione dell’edificio che ospita il KW, una ex fabbrica di margarina. Infine, tra giugno e dicembre 2021, sarà organizzata una grande asta con lavori di 60 artisti che hanno contribuito a costruire la storia di KW. Dal 2 al 4 luglio ci sarà un week end di celebrazioni con un ricco programma di eventi, performance e la presentazione di una pubblicazione che traccia la storia di KW. Abbiamo parlato di tutto questo con il curatore Krist Gruijthuijsen, direttore dell’istituzione dal 2016.
Puoi tracciare un bilancio di questi 30 anni?
Sono molti i momenti che nel corso di questi 30 anni sono stati fondamentali nello sviluppo dell’istituzione così come del milieu artistico culturale locale e internazionale: la sua produzione, la sua creazione, la sua diffusione. Tra gli esempi più rimarchevoli la mostra 37 Raüme nel 1992, che ha mappato il paesaggio attorno Auguststrasse; un altro è stata la fondazione della Biennale di Berlino che ha sempre esaminato criticamente la società, la politica e le questioni economiche; ancora il recente cambiamento dell’istituzione stessa, con l’obiettivo di professionalizzare sia il KW Institute of Contemporary art che la Biennale di Berlino. Negli ultimi 30 anni KW ha consistentemente nutrito la produzione dell’arte contemporanea spesso presentando mostre di rottura sia dal punto di vista curatoriale che artistico.
Quali sono stati i risultati più rilevanti che avete raggiunto?
In tre decadi di programmi di mostre ed eventi, KW si è posizionata velocemente come un laboratorio per l’arte contemporanea, uno spazio pioneristico per pratiche d’avanguardia, un santuario per artisti per esplorare e andare oltre i confini e gli orizzonti creativi. KW ha quindi avuto un ruolo fondamentale nella produzione, la presentazione e la comunicazione dell’arte contemporanea nella scena berlinese come internazionale, contribuendo simultaneamente allo sviluppo di Berlino come uno dei più importanti centri per l’arte contemporanea nel mondo.
Come state lavorando per fronteggiare le conseguenze della pandemia?
Guardando avanti, ad un anno pieno di incertezze, è molto difficile rispondere su come l’emergenza sanitaria influenzerà e modificherà il lavoro nei mesi a venire. Come tutti i players culturali, stiamo cercando di padroneggiare la situazione in cui ci troviamo e restare motivati alla produzione che speriamo di condividere con il nostro pubblico. Il nostro impegno critico con la sfera digitale ha portato nuove prospettive e potenzialità. Tuttavia, siamo e sempre saremo un luogo da visitare e nel quale generare riflessioni.
Come pensate però che cambierà il format Biennale nel futuro?
La bellezza e la forza della Biennale di Berlino stanno nella sua capacità a cambiare pelle e indossare nuovi abiti se necessario. Siamo quindi sempre in grado di rispondere alle sfide che ci impone il presente. Al di là della pandemia, una biennale può essere intrinsecamente un potente strumento politico, nel quale l’arte funziona come arma per lo sviluppo del pensiero, sia a livello locale che internazionale: questo dovrebbe essere – e lo è nel caso della Biennale di Berlino – sempre più rilevante.
– Santa Nastro
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