Netflix della cultura sì o no? Un’indagine della Luiss sul pubblico italiano
Secondo una ricerca promossa dall’Università Luiss di Roma, quasi la metà degli italiani si dimostra propenso (ancorché non del tutto convinto) all’avvento della nuova piattaforma ItsArt. Numerose sono le sfide che si pongono per questo progetto.
Netflix della cultura sì o no? È la domanda da cui muove i suoi passi una ricerca condotta da Lucia Ritrovato nell’ambito del Master in Comunicazione e Marketing politico e istituzionale della Luiss in collaborazione con l’Istituto Piepoli. È ormai passato un anno da quando la pandemia ci rinchiudeva tra le mura domestiche e il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini lanciava la proposta di “dare vita a una Netflix della cultura”, una piattaforma che potesse essere sostituiva dello spettacolo dal vivo e raggiungere un bacino di utenti nazionale e internazionale, rimanendo come strumento di supporto anche dopo la fine dell’emergenza. Il progetto si è poi concretizzato nella realizzazione di ItsArt – nato da un accordo tra Cassa Depositi e Prestiti e la piattaforma Chili, azienda con sede a Milano che opera nella distribuzione via internet di film e serie tv – il cui palinsesto sarà attivato a breve. Fin dal suo esordio, tuttavia, l’idea della piattaforma ha perlopiù suscitato perplessità, nonché scetticismo e diffidenza, a giudicare dalle reazioni dei social. La ricerca, dal titolo Le nuove sfide della cultura in un anno ancora segnato dalla pandemia ci ha restituito una fotografia più chiara della percezione attuale in merito a un servizio di cultura in streaming.
ITSART: COSA NE PENSANO GLI ITALIANI
L’indagine è stata condotta su un campione eterogeneo di 500 persone, diviso tra uomini (48%) e donne (52%) di diverse fasce d’età (dai 18 anni agli over 65) provenienti dal nord, dal centro e dal sud dell’Italia e da città e comuni di diversa intensità abitativa. Quello che è emerso è che sulla questione della piattaforma culturale gli italiani si dividono quasi a metà: per l’esattezza, il 49% si è detto favorevole ad una piattaforma OTT (over the top) dedicata interamente alla cultura. Il 23% degli intervistati ha risposto con un “certamente sì” e il 49% ha risposto con un “probabilmente sì”; solo il 5% degli intervistati ha dichiarato di non avere alcun interesse nel progetto. Un dato decisamente molto basso, che dimostra come ci sia effettiva curiosità per l’iniziativa, anche se la totale fiducia degli italiani andrà conquistata con un prodotto di alto livello.
ITSART: LE PREFERENZE DEL PUBBLICO
Per quanto riguarda le diverse fasce d’età, invece, l’interesse per la piattaforma si è rivelato alto tra i più giovani tra i 18 e i 34 anni (70%), un valore che diventa ancora più elevato tra gli over 55 anni (76%). L’indagine ha riguardato anche la modalità di acquisto per l’eventuale accesso alla piattaforma d’utilizzo: comprare il biglietto di un singolo spettacolo o fare un abbonamento che permetta di navigare e fruire liberamente di tutti i contenuti a disposizione (come succede già per Netflix, Amazon Prime, Sky, e tutte le altre piattaforme)? Il 62% ha dichiarato di preferire la modalità del singolo biglietto, il 28% invece l’abbonamento. Infine, una sezione è dedicata al device preferito dai consumatori. Il 46% dei 500 intervistati utilizzerebbe maggiormente la smart tv, il 24% il pc, il 20% entrambi. Solo il 10% del pubblico intervistato dice di non guardare eventi digitali.
ITSART: UNA FILIERA SOSTENIBILE PER LA CULTURA
Secondo questa ricerca targata Luiss, “il 2021 si confermerà come l’anno delle sfide, delle visioni e del coraggio, prima dell’agognato ritorno al contatto diretto con l’arte e i live”. I bisogni a cui ItsArt si trova a far fronte sono molteplici: se da una parte sarà necessario proporre un prodotto di qualità capace di avvicinare qualsiasi tipo di pubblico valorizzando il patrimonio italiano, dall’altra bisognerà fare i conti con un cambio nella fruizione (da live a digitale), confrontandosi con temi come tecnologia, 5G, realtà aumentata, intelligenza artificiale. “La sfida risiede e risiederà nel progettare una differente programmazione dettata non più dalle ‘solite’ stagioni ma dai tempi di una pandemia che ha costretto a ripensare totalmente le mission aziendali”, leggiamo nel documento. Infine, l’ultima questione è legata alla sostenibilità dell’intero progetto. ItsArt riuscirà ad essere una risorsa per teatri, musei e istituzioni culturali, in grado di riparare – almeno parzialmente – ai danni causati dalla pandemia a livello economico? “Sul piatto ci sono due domande evidenti: riuscirà una piattaforma OTT a rappresentare il sostentamento di intere filiere produttive legate al mercato culturale? Riuscirà a farlo mettendo insieme produzione, distribuzione, monetizzazione?”, riporta ancora la ricerca. “Si tratta di una questione tanto più importante quanto più grave è stata finora la crisi dell’intero settore delle produzioni live con la perdita stimata da Federculture di oltre il 40% sui bilanci degli enti culturali. Pesantissime le conseguenze sui livelli occupazionali di un mondo già contrassegnato dalla precarietà di diverse figure professionali. Dalla frase ‘con la cultura non si mangia’ a quella ‘con il web non si mangia’ è un attimo. Tutti gli sforzi devono perseguire l’evidente scopo di creare sostentamento alla filiera e non solo quello di colmare un vuoto dettato dall’assenza di live”.
-Giulia Ronchi
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