Architetti d’Italia. Sandro Lazier, la sentinella

Scomparso pochi giorni fa, Sandro Lazier viene descritto da Luigi Prestinenza Puglisi come un architetto e un artista capace di unire etica ed estetica. E di tenere il chiacchiericcio lontano dalla vera architettura.

Sapevo da tempo che Sandro fosse malato di tumore, ma non mi immaginavo una fine così prematura. A sessantasette anni non si può morire di una malattia che oramai in molti casi si cura. E, invece, lunedì 15 febbraio 2021 è scomparso. Che Sandro stesse in condizioni disperate l’ho capito solo un paio di giorni prima, quando Paolo Ferrara mi aveva avvertito con un WhatsApp. Gli avevo chiesto se fosse il caso da parte mia di fargli una telefonata. Paolo mi aveva risposto che si era già addormentato e che il risveglio era giudicato dai medici improbabile. Troppo tardi. La notizia mi ha scioccato, come raramente mi è accaduto. Eppure con Sandro Lazier ci saremo visti in tutta la vita solo una decina di volte. Anche se due in circostanze particolari, intendo: particolarmente intense. Nel 2016 ad Architects meet in Selinunte e nel 2017 nella galleria Interno 14 a Roma dove lo avevo invitato a organizzare una mostra del proprio lavoro, da lui provocatoriamente intitolata Se vuoi un posto migliore, inventalo.

Sandro Lazier

Sandro Lazier

SANDRO LAZIER E LA COERENZA

Pur avendolo frequentato di persona così poco, Sandro era da molti anni, per me e per molti altri, una presenza, un interlocutore fisso, qualcuno che se scrivevi qualcosa ti avrebbe letto e dal quale ti saresti aspettato un giudizio. Un riferimento non solo estetico ma etico, perché le due cose, come per poche persone, erano in lui strettamente collegate. In un mondo, come quello dell’architettura, sovrappopolato da personaggi vanitosi e di scarso spessore, sempre pronti ad auto-giustificarsi, Sandro Lazier praticava la difficile virtù della coerenza, dell’autocritica e dell’intransigenza. E, quando prendeva posizioni nelle quali facevi fatica a riconoscerti, perché troppo integraliste, trovavi in lui un riferimento, un punto di vista con il quale fare i conti. Era un eccellente architetto, che mescolava impeccabilmente la leggerezza dei piani e la concretezza dei materiali, un buon artista autore di astrazioni spaziali, un importante teorico, ma, se non peccassi di eccessiva retorica, mi verrebbe da dire: era soprattutto la coscienza critica, una sentinella. Impediva che la fuffa e il bla-bla ci sommergessero per riportare il discorso sull’architettura alla sua essenzialità e verità umana.
Lo strumento attraverso il quale Sandro Lazier ha maggiormente esercitato il suo impegno è stata la rivista elettronica meno canonica che sia mai stata immaginata: AntiTHesi, fondata nel marzo del 2000 insieme con Paolo Ferrara. Osservate la data: è qualche mese dopo la morte del professor Bruno Zevi, avvenuta il 22 gennaio dello stesso anno. Zevi era stato, negli Anni Novanta, un punto di riferimento per la nostra generazione. Grazie a iniziative quali l’Universale di Architettura edita dalla Testo&Immagine da lui diretta, era riuscito a svecchiare il clima culturale italiano. Basta con il postmodernismo, il classicismo e gli storicismi, era giunto il momento di avvicinarci all’Europa e alle sperimentazioni che venivano praticate con successo nei Paesi più avanzati. Erano gli anni in cui si inauguravano il museo Guggenheim di Bilbao di Frank O. Gehry, il museo ebraico di Berlino di Daniel Libeskind, la stazione dei pompieri al campus Vitra progettata da una Zaha Hadid alle prime armi. Erano gli anni in cui, come diceva Peter Cook, l’architettura tornava a volare di nuovo sulle sue ali.

SANDRO LAZIER E L’ARCHITETTURA

La morte di Zevi e la reazione dell’accademia segnano un momento di arresto. Lo stesso successo dello star system, che sembra preferire la facile strada degli effetti speciali alla serietà della sperimentazione, costituisce un motivo di preoccupazione. Occorrono riviste che sappiano sfruttare la versatilità del digitale e, nello stesso tempo, siano in grado di sottrarsi alle derive dell’elettronica stessa, fatte più di chiacchiericcio che di seria riflessione.
In quegli stessi anni, con Anna Baldini mandavo settimanalmente una newsletter, la presSTletter, che contribuiva a risvegliare il clima architettonico. C’erano anche altri siti che cercavano di tenere acceso il dibattito, tra questi spiccavano quelli di Marco Brizzi, Gianluigi D’Angelo, Emanuele Piccardo e Furio Barzon. AntiTHesi di tutti era il più duro e puro. Potevi, contrariamente alle prescrizioni dei teorici dei nuovi media, pubblicarvi saggi lunghissimi o brevi; scatenare il dibattito o semplicemente zittirlo; muoverti incurante del fatto che ti potessero leggere in venti, in mille o in diecimila; riscoprire e riproporre personaggi ingiustamente dimenticati quali Mario Galvagni. Ed è su AntiTHesi che Sandro Lazier postava i suoi scritti più importanti. Senza peli sulla lingua: incurante di quanto fossero intoccabili, per i ben pensanti, i suoi bersagli. Si chiamassero Vittorio Gregotti o Renzo Piano. E sempre su AntiTHesi sono apparse le sue ultime lezioni sull’architettura. Venticinque ragionamenti sulla nostra disciplina che meritano di essere letti con la massima attenzione.

Sandro Lazier, 13 Haus, Roddi (CN) 2015. Progetto vincitore del Premio Architects meet in Selinunte 2016

Sandro Lazier, 13 Haus, Roddi (CN) 2015. Progetto vincitore del Premio Architects meet in Selinunte 2016

I 3 POSTULATI DI LAZIER

La visione estetica e teorica di Sandro è articolata e non facilmente riassumibile. Mi sembra però che tre siano i postulati più importanti. Il primo è la centralità della vita nelle sue differenze. È nel vivere che l’uomo si manifesta attraverso la sua unicità che va, per questo, privilegiata rispetto alle prescrizioni che invece puntano ad appiattirlo, a omologarlo, a renderlo gregge. In questo senso la buona arte e la buona architettura sono strumenti di libertà. Danno le regole e non le subiscono, salvo essere subito dopo rimesse in discussione da nuovi aneliti di libertà. “La diversità” ‒ afferma Lazier ‒ “educa alla convivenza e alla fratellanza tra le persone, indipendentemente da etnie, religioni e classi sociali. L’omologazione stilistica, l’identità e lo storicismo accademico educano al razzismo, al fascismo e alla discriminazione in genere, poiché tendono a disprezzare chi e cosa non appartiene al gruppo dominante”.

Sandro Lazier, Casa di Enzo e Cinzia Marcarino, San Rocco Seno d’Elvio Alba (CN), 2003

Sandro Lazier, Casa di Enzo e Cinzia Marcarino, San Rocco Seno d’Elvio Alba (CN), 2003

Il secondo postulato è che l’arte e l’architettura sono dei linguaggi. Ma nel linguaggio, come possiamo facilmente accorgerci, è fondamentale il modo in cui le parti vengono organizzate in un insieme. Ciò vuol dire che non ha senso perdersi nella ricerca sulla singola parola quando sfugge il senso complessivo delle relazioni. Nel caso dell’architettura, è lo spazio che deve prevalere sugli stilemi, sui colori, sugli stessi ritmi. Come ci raccontano opere quali piazza del Campo a Siena, che è composta da edifici tutto sommato poco rilevanti. Edifici che, se fossero disposti secondo altre relazioni, non ci darebbero certo la sensazione unica e indimenticabile di questa piazza senese. Ne deriva che “si possono costruire case neoclassiche col vetro e modernissime in mattoni. Non è importante, infatti, il materiale che si usa ma piuttosto il come. Non sono importanti le parole ma le frasi. Nessuna parola è volgare in sé; sono volgari le frasi che anche parole nobili possono esprimere”.
Il terzo postulato è che la bellezza è un falso problema. Affermazione coraggiosa in un periodo estetizzante quale l’attuale. Occorre, invece sbarazzarsi “dei concetti di armonia e bellezza, portando sul palcoscenico il dolore del mondo e le sue contraddizioni e ingiustizie, creando nuovi paradigmi estetici”. Meglio a questo punto puntare sulla seduzione “senza regole e protocolli, che non rispetta i contesti sociali e non tollera gerarchie di classe. Larte, infatti, consente allo stalliere di fare sesso con Lady Chatterley e alle signorine di Avignon di coglionare la bellezza femminile”. Con il risultato che si possono trasformare le bestemmie in preghiere, le parolacce in poesie, e, come sosteneva Baudrillard, la crisi in valore.

Luigi Prestinenza Puglisi

www.studiolazier.com

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Architetti d’Italia #2 – Massimiliano Fuksas
Architetti d’Italia #3 – Stefano Boeri
Architetti d’Italia #4 – Marco Casamonti
Architetti d’Italia #5 – Cino Zucchi
Architetti d’Italia#6 – Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Architetti d’Italia#7 – Adolfo Natalini
Architetti d’Italia#8 – Benedetta Tagliabue
Architetti d’Italia#9 – Michele De Lucchi
Architetti d’Italia#10 – Vittorio Gregotti
Architetti d’Italia#11 – Paolo Portoghesi
Architetti d’Italia#12 – Mario Cucinella
Architetti d’Italia #13 ‒ Mario Bellini
Architetti d’Italia #14 ‒ Franco Purini
Architetti d’Italia #15 ‒ Italo Rota
Architetti d’Italia #16 ‒ Franco Zagari
Architetti d’Italia #17 ‒ Guendalina Salimei
Architetti d’Italia #18 ‒ Guido Canali
Architetti d’Italia #19 ‒ Teresa Sapey
Architetti d’Italia #20 ‒ Gianluca Peluffo
Architetti d’Italia #21 ‒ Alessandro Mendini
Architetti d’Italia #22 ‒ Carlo Ratti
Architetti d’Italia #23 ‒ Umberto Riva
Architetti d’Italia #24 ‒ Massimo Pica Ciamarra
Architetti d’Italia #25 ‒ Francesco Venezia
Architetti d’Italia #26 ‒ Dante Benini
Architetti d’Italia #27 ‒ Sergio Bianchi
Architetti d’Italia #28 ‒ Bruno Zevi
Architetti d’Italia #29 ‒ Stefano Pujatti
Architetti d’Italia #30 ‒ Aldo Rossi
Architetti d’Italia #31 ‒ Renato Nicolini
Architetti d’Italia #32 ‒ Luigi Pellegrin
Architetti d’Italia #33 ‒ Studio Nemesi
Architetti d’Italia #34 ‒ Francesco Dal Co
Architetti d’Italia #35 ‒ Marcello Guido
Architetti d’Italia #36 ‒ Manfredo Tafuri
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Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi (Catania 1956). Critico di architettura. Collabora abitualmente con Edilizia e territorio, The Plan, A10. E’ il direttore scientifico della rivista Compasses (www.compasses.ae) e della rivista on line presS/Tletter. E’ presidente dell’ Associazione Italiana di Architettura e Critica…

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