Nuovi usi delle architetture abbandonate. Il progetto fotografico di Carlo Oriente
Fotografo con una formazione in ambito architettonico, Carlo Oriente racconta il suo progetto “Ab.use”: un reportage dedicato a tre edifici abbandonati nel Sud Italia, nel segno della esplorazione urbana.
Il crescente interesse per il fenomeno dell’urbex, abbreviazione di urban exploration, pone questioni nuove sul racconto del decadimento di beni architettonici secondari e sconosciuti, di valore più o meno rilevante. Se è vero che ogni luogo ha un’anima, come può essa esprimersi attraverso le immagini?
Ab.use (Abnormal use) è un progetto fotografico che offre una risposta a quest’interrogativo e si avvale di un linguaggio artistico che affianca quello documentario tipico dell’urbex. L’atteggiamento nell’interpretazione dei luoghi è meditativo e lento, non turistico e distratto.
Nel vasto scenario degli edifici abbandonati, sono state selezionate tre realtà del Sud Italia, tanto distinte quanto distanti tra loro, attualmente soggette a un utilizzo impensato eppur realizzatosi nel tempo. I siti che costituiscono questo patrimonio combattono quotidianamente le violenze e le drastiche scelte politiche di gestione del territorio. Essi sono trattati come rifiuti, ma non sono stati ancora rifiutati, e la dimostrazione sta nell’essere tutt’ora ancorati fisicamente al suolo.
L’USO ALTERATO DEI LUOGHI
Se l’uso garantisce la durata e l’usura di qualcosa nel tempo, lo stesso vale per l’uso alterato, ab.use appunto, con l’aggravante di snaturarlo rispetto alla sua condizione di partenza. Rifiuti urbani, barriere Jersey e ortaggi disseminati sono espressione della metamorfosi che sta trasformando la colonia estiva in una discarica, i bungalow in un deposito autostradale, lo stadio in un pascolo. Nel silenzio dei tre luoghi riverbera il suono della città in prossimità, segno di una continua lotta per la sopravvivenza con il mondo circostante.
L’involucro traslucido steso sui corpi estranei è espressione del movimento intestinale che ciascun luogo cerca di attivare per trasformare i soprusi in altro, per digerirli e tenersi ancora in vita. È un movimento nascosto ma vivo, introspettivo ma percepibile all’esterno, come una crisalide in azione. È un gesto al contempo di denuncia e redenzione: esso rappresenta un velo pietoso per rivelare gli abusi che continuano a perpetrarsi, è un velo di speranza per la rigenerazione futura di contesti architettonici unici.
‒ Carlo Oriente
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati