Il Museo del narcotraffico a Città del Messico: ancora chiuso già racconta la tragedia di un Paese
Chiamato ufficialmente Museo del Enervante - un nome tecnico-burocratico traducibile come Museo dello stupefacente, ma è da tutti conosciuto come il Museo Narco. Al suo interno, nessun capolavoro artistico, bensì la vasta collezione di attrezzature utilizzate dai trafficanti di droga per il confezionamento e il trasporto della “merce”.
Occultato all’interno del vasto complesso del Ministero della Difesa Nazionale, quartier generale dell’esercito messicano, il museo non è aperto al pubblico. Sarebbe infatti considerato un gesto di cattivo gusto, con il Paese ancora dilaniato dalla piaga del narcotraffico. Il Messico è infatti uno dei Paesi del mondo in cui la droga fa più vittime: sia fra i consumatori, sia fra chi gestisce il business. È infatti altissimo il tasso di violenza che ruota attorno alle varie guerre scatenatesi fra le varie bande criminali per il controllo delle zone di spaccio (300.000 morti dal 2006), come racconta anche la serie tv Narcos ispirata a questi fatti. Ma con la ricchezza accumulata, i vari cartelli hanno ampliato il loro raggio d’azione, specializzandosi anche nelle estorsioni, nell’estrazione abusiva del petrolio che, oltretutto, distrugge l’ambiente, nel controllo dell’immigrazione. Tutto questo, ovviamente anche grazie alla complicità di alti funzionari governativi: fra loro, l’ex ministro alla Pubblica Sicurezza Genaro Garcia Luna, attualmente in carcere negli USA con l’accusa di traffico di droga.
IL NARCO MUSEO
Accessibile, almeno per adesso, soltanto ai giornalisti, al suo interno il museo racchiude una varietà di oggetti che aiutano a capire il vasto e perverso mondo che ruota attorno al traffico degli stupefacenti. Fiale di metanfetamina, eroina, cocaina, sono esposte accanto a parti di “trap cars”, gli speciali veicoli con scompartimenti segreti nei serbatoi e nei sedili, che vengono utilizzati per trasportare la “merce” verso gli Stati Uniti. Fra le armi in mostra, anche i famigerati mitragliatori Kalashnikov, che i narcos chiamano “affettuosamente” cuernos de chivo (corna di capra) a causa della forma ricurva dell’impugnatura; prodotti principalmente nell’Europa Orientale, sono esportati negli Stati Uniti da dove, ironia della sorte, sono contrabbandati in Messico.
NARCO CULTURE: LA COLLEZIONE
I reperti esposti sono il frutto dei numerosi sequestri effettuati dai militari impegnati nella campagna di contrasto al narcotraffico, che va avanti dal 2006. La parte forse più caratteristica del museo, è una sezione intitolata “Narco Culture”, che contiene tutti quegli oggetti che accompagnano la vita quotidiana dei narcotrafficanti: telefoni cellulari e armi placcati in oro, mobilia con intagliati i simboli della Santa Muerte, tigri e leoni impagliati.
– Niccolò Lucarelli
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