Giovanni Gastel, il fotografo “tutto casa e lavoro”. Un ricordo
Aldo Premoli, alcuni anni fa direttore de L’Uomo Vogue, ricorda Giovanni Gastel, il noto fotografo di moda recentemente scomparso a causa del Covid. Ripercorrendone aneddoti biografici e professionali
Era il nipote di Luchino Visconti e questo di certo ha condizionato la sua psiche e in qualche modo anche la sua produzione artistica. Non so se quel che racconto qui piacerà. Perché di certo non fa parte di quello che si racconta di fronte a un decesso causato dal mostruoso virus che sta schiantando le nostre menti, oltre che le vite dei meno fortunati. Giovanni Gastel era un uomo “bello” e sapeva di esserlo. Bello di presenza, elegante nei modi e nell’eloquio. E raccontava volentieri – in questo un po’ civettuolo – di quel suo famoso zio Luchino che ricordava favoloso dittatore dei set cinematografici – che insieme a lui aveva frequentato da ragazzino. Del resto anche Giovanni non come cineasta, ma come fotografo divenne presto famoso nella “Milano da bere” dei rutilanti Anni Ottanta. Non so se quel che racconto qui di seguito piacerà. Ma l’ho vissuto in presa diretta ed è quel che ricordo.
GIOVANNI GASTEL E L’EDITORIA DI MODA
Nella seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, un (avveduto) avventuriere dell’editoria di nome Franco Sartori già editore di un giornalucolo di nome Novità si reca a New York per chiedere ai Newhouse proprietari di Condè Nast ed editori di Vogue (America) di editare la testata anche in Italia. Detto fatto, nasce Vogue (Italia), con Sartori direttore responsabile e Fabio Lucchini direttore artistico. La partenza è in salita, ma quando di lì a poco – contro ogni pronostico – il Made in Italy della moda esplode e con lui si ingrossa a dismisura il fiume di denaro degli introiti pubblicitari, qualcosa nella pattuglia editoriale d’origine si incrina. Non so se quel sto raccontando può sembrare opportuno di fronte al lutto odierno ma sono convinto che la cronaca per quanto cruda possa sembrare sia il migliore degli omaggi. Senza queste premesse infatti di Gastel si può solo raccontare acqua fresca. Quando Lucchini rompe il sodalizio con Sartori, decide di dare vita a una sua testata di moda. Nel 1980 nascono così Donna e subito dopo Mondo Uomo, in diretta concorrenza con la testate più lucrose di Condè Nast Italia. Oggi di loro si ha un ricordo appenato o proprio nessun ricordo. Ma allora e per almeno un decennio diedero filo da torcere all’interno di business editoriale in straordinaria crescita.
LA FOTOGRAFIA DI GIOVANNI GASTEL
E questo imprevedibile successo lo si deve anche al lavoro di Giovanni Gastel. Lucchini chiama Gastel insieme ad un manipolo di altri maestri dell’obbiettivo a “fare” il giornale. Ma è soprattutto lui – il Gastel – che occupa decine e decine di pagine in un solo numero e fotografa in still life quasi interamente la sezione redazionale oltre a fornire numerose immagini per i publiredazionali a pagamento. Più tardi diverrà ricercato anche per le “pubblicità istituzionali” direttamente commissionate da case di moda per lo più italiane.
Giovanni è instancabile e inventava – anno dopo anno – centinaia di still life sempre diversi e freschissimi che ricava da scatti effettuati con una Hasselblad soffietto su lastra polaroid. Un procedimento assai costoso per l’epoca, che lui affronta non solo con grande creatività, ma con una non chalance che gli deriva da possibilità economiche che ad altri in quel momento non sono consentite. Non è il caso di fare moralismi idioti: ha lavorato duro, poteva farlo, lo ha fatto egregiamente. Da quel momento Giovanni Gastel è diventato un nome imprescindibile della fotografia di moda anche internazionale.
ALDO PREMOLI RICORDA GIOVANNI GASTEL
Questi sono i fatti. La “critica” ufficiale a posteriori su Giovanni Gastel ha spesso equivocato. Ha cercato di “innalzarlo” in nome di non si sa quale accademia al ruolo che davvero si addice all’“artista”. Alla ricerca di questa nobile “aura” che appare oggi un po’ ridicola forse anche lui – l’instancabile inventore di animatissime “nature morte” – si è fatto ultimamente irretire. Ma un’impresa del genere, raggiunta attraverso l’obbiettivo di una Hasselblad è stata riconosciuta solo a Paolo Roversi per il ritratto e a Gabriele Basilico con il paesaggio industriale. Che importa. Gastel era sì il nipote del raffinatissimo Luchino Visconti, ma al tempo stesso – e per niente in contraddizione – un lombardo tutto casa e lavoro. Ciao Giovanni.
– Aldo Premoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati