Che fine hanno fatto gli artisti?
Massimiliano Tonelli riflette sul ruolo degli artisti in questa fase storica dominata dalla pandemia? Che cosa stanno facendo? E quando torneranno a farsi sentire?
Sono stati mesi densi di tante cose nell’ecosistema della cultura. Tra queste anche lamentele, lagne talvolta. Molte e forse troppe, ancorché giustificate dalla gravità della situazione. E i musei chiusi, e i teatri, e riaprite i cinema, e i lavoratori del mondo dello spettacolo. Certo, tutto verissimo. Tutto smisuratamente drammatico. Però è un peccato che questa narrativa abbia tolto quasi tutto lo spazio all’analisi dei risvolti positivi di una terribile crisi.
Quali? La grande sfida creativa lanciata a tutti noi dall’emergenza. La sbalorditiva capacità delle istituzioni culturali di ogni dimensione e tipologia di produrre contenuti alternativi alla visita fisica e a farlo per mesi, insistendo per mantenere una connessione con il pubblico. Il commovente boom di visitatori nei musei non appena questi hanno avuto modo, sebbene a intermittenza, di riaprire, e nonostante l’assenza di turismo. Infine, la strabiliante alfabetizzazione digitale che la cittadinanza ha subìto e della quale ha beneficiato in questi durissimi mesi. Insomma, un patrimonio di competenze, elasticità mentale ed educazione (anche civica) che ci porteremo dietro per anni e che resterà con noi anche quando la pandemia del 2020-2021 sarà uno sbiadito ricordo.
Di elementi da leggere in chiave positiva ce n’erano dunque a dismisura, ciononostante non molti si sono concentrati su questo, focalizzandosi più semplicisticamente, in maniera quasi esclusiva, sulle lamentele.
IL VUOTO LASCIATO DAGLI ARTISTI
Una lamentela però ora voglio farla io: riguarda gli artisti. Tra gallerie impegnate in nuovi format, musei iper-digitalizzati, fiere alla ricerca di una identità, gli artisti sono stati i grandi assenti. Hanno certificato purtroppo la loro marginalità intellettuale e sociale in questa fase e l’incapacità di prendere parola e posizione in un passaggio emergenziale e delicato.
“Tra gallerie impegnate in nuovi format, musei iper-digitalizzati, fiere alla ricerca di una identità, gli artisti sono stati i grandi assenti”
Ovvio che ci sono state eccezioni, però in un anno in cui abbiamo avuto la più grande emergenza planetaria dai tempi delle Guerre Mondiali e il movimento Black Lives Matter, i contenuti per produrre opere d’arte indimenticabili e capaci di interpretare e trasmettere al futuro la temperie dei tempi c’erano in abbondanza. Quanti artisti ci hanno lavorato su? Quanti invece hanno deciso di astenersi? Nessuno si aspetta un interventismo artistico dei vecchi tempi delle avanguardie, intendiamoci. E nessuno vuole artisti che registrino il presente o ancor meno l’attualità, come se fossero reporter di qualche tg o didascalici commentatori del presente.
Tuttavia, a furia di chiamarsi fuori dalle questioni che interessano la collettività, ci si autocondanna alla pochezza politica, civica e ahimé anche culturale. Auguriamoci che, qui come altrove, la ripartenza post-pandemica suoni una utilissima sveglia.
‒ Massimiliano Tonelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #58
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